Dopo Covid come dopo la caduta del Muro

Come uscire politicamente dalla pandemia? Per Achille Occhetto non ci sono dubbi: a sinistra, da sinistra, con la sinistra, nuova, rinnovata, inedita magari, ma sempre sinistra. L’ultimo libro dell’autore della svolta, “Una forma di futuro”.
NINO BERTOLONI MELI
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Come uscire politicamente dalla pandemia? Per Achille Occhetto non ci sono dubbi: a sinistra, da sinistra, con la sinistra, nuova, rinnovata, inedita magari, ma sempre sinistra. Se l’autore della svolta che chiuse il Pci per dar vita al Pds ha continuato a ripetere in questi anni che “dal comunismo si deve uscire da sinistra”, lo stesso vale adesso per il Covid-19: se ne esce “a sinistra”. A Occhetto viene l’orticaria a sentire dire che “ne usciremo migliori”:

È una giaculatoria, un buonismo d’accatto, come se fosse già tutto scritto che ne usciremo migliori; e invece no, dipende da come la sinistra si attrezzerà, dalle idee che riuscirà a mettere in campo, dalle contaminazioni che sarà in grado di sperimentare, se e come riuscirà a sconfiggere l’avversario, la destra,

riflette il fondatore del Pds. La pandemia come la caduta del Muro: un avvenimento eccezionale come occasione per riflettere, mettere tutto in discussione, cambiare in profondità, rompere con categorie ossificate, metterne in campo di nuove.

Occhetto ha scelto di utilizzare il lungo periodo di lockdown per riflettere a tutto campo sia sugli esiti della pandemia, sia su come le varie forze in campo hanno affrontato il Covid, sia sui risvolti politici che ne sono conseguiti. Ne è scaturito un agile volumetto dal titolo Una forma di futuro, sottotitolo: Tesi e malintesi sul mondo che verrà, Marsilio editore (#3 nella classifica #top10 dei più venduti nelle ultime 24 ore)

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Fin dal prologo Occhetto squaderna il tema:

Il virus mi ha indotto a pensare che la nostra visione del mondo deve essere radicalmente cambiata, [al punto che] mi venivano i brividi al solo pensiero che non appena l’incubo fosse finito avremmo ripreso ad accapigliarci sulle medesime questioni, con la nostra vita pubblica calcata dagli stessi signori della guerra intenti a menare fendenti e sciabolate.

Una riflessione che ha portato Occhetto a mettere in discussione alcune categorie da lui stesso già sperimentate e frequentate, o che gli sono state appioppate. “No al leaderismo, non al nuovismo”, arriva a enunciare l’ultimo segretario del Pci, e molti salteranno sulla sedia. Leaderismo e nuovismo sono stati i due capi d’accusa che Occhetto si è portati dietro dall’89, uno studioso marxista che Lenin avrebbe etichettato come “marxista volgare”, Michele Prospero, arrivò a dare alle stampe un libro dal titolo significativo Il nuovismo realizzato. L’antipolitica dalla Bolognina alla Leopolda, dove tutti gli aspetti positivi discendenti dalla svolta venivano trasmutati alla stregua di attentati alla tradizione e alla dottrina di sinistra, “basterebbe mettere il segno più dove l’autore mette meno, e diventa una grande esaltazione dell’occhettismo”, si davano di gomito gli occhettiani, all’epoca.

Gli è che per leaderismo e nuovismo Occhetto intende fatti e personaggi ben precisi, contro i quali ingaggiare la battaglia politica e delle idee. A Salvini e Grillo saranno fischiate le orecchie, mentre al nuovismo che si presenta con le sembianze del web e della rete, nessuno sconto ma critica feroce: “No ai padroni del potere di calcolo e degli algoritmi”. Scontro radicale, ancora, con chi si presenta sulla scena contrapponendo casta e popolo, di più, “quanti nel passato hanno agitato queste parole d’ordine hanno poi dato vita a suggestioni e movimenti fascisti”. Ecco dunque il nucleo d’attacco del libro: la lotta su due fronti al populismo, “sia quello di destra, sia quello sedicente di sinistra”, un populismo che si presenta con parole d’ordine a base di “casta e radical chic contrapposti a un generico mondo di ‘poveracci’”. A sinistra ogni tanto sembra ci si dimentichi, o non si colga, che “l’avversario principale è il populismo, la deriva populista”. Buona parte del libro occhettiano diventa, di fatto, una sorta di “manuale antipopulista” a uso della battaglia politica. (E pensare che proprio a sinistra c’è chi va teorizzando da tempo che con il populismo “sedicente di sinistra” va stretta una “alleanza strategica”…).

Già, la sinistra. Occhetto punta il dito su quanti hanno teorizzato che lo scontro non è più tra destra e sinistra ma tra “conservazione e innovazione”, e anche qui a sorpresa ribalta l’assunto: “Il conflitto non è tra vecchio e nuovo, il nuovo conflitto matura dentro il moderno, dentro la modernità”. “La rete come risorsa del moderno, per il lavoro a distanza condito da generiche giaculatorie modernizzanti?”, si chiede retoricamente Occhetto. E va giù duro:

Un punto di osservazione privilegiato per individuare i tarli che corrodono le democrazie di tutto il mondo è proprio la rete, [sì proprio quel] lago melmoso abitato da rospi che sputano sentenze e false notizie, seminando i germi delle successive e scomposte proteste contro gli scienziati e le misure di lotta al virus.

Aboubakar Soumahoro

Dunque? Su quali gambe far marciare una sinistra nuova in grado di contrapporsi alla destra? Per Occhetto va abbandonata “l’idolatria del Pil”, alla decrescita (in)felice grillina non si può contrapporre il Pil con i suoi freddi parametri, il tutto accompagnato dalla lotta alle diseguaglianze cresciute a dismisura negli ultimi anni a causa del cosiddetto liberismo selvaggio. C’è poi un appello a contrastare le tendenze illiberali fortemente presenti in Europa e nel mondo, la suggestione delle democrature come carta vincente ai problemi economici, dell’immigrazione, della sovranità nazionale. Le “forze motrici della rivoluzione”, come si sarebbe detto una volta, Occhetto le individua nelle Sardine e negli Invisibili,

una sinistra che non riesca a dare rappresentanza al vasto e inedito mondo degli Invisibili, non è degna di dichiararsi tale.

Il volume era da pochi giorni in libreria, ed ecco che Occhetto sente suonare il campanello di casa: era Aboubakar Soumahoro, leader degli Invisibili. “Grazie per quello che hai scritto, a presto”.


In un’intervista per Quante storie, Giorgio Zanchini, con Marco Frittella, intervista Achille Occhetto sul suo ultimo libro Una forma di futuro. Clicca QUI per vedere l’intervista.

Dopo Covid come dopo la caduta del Muro ultima modifica: 2020-12-21T12:37:55+01:00 da NINO BERTOLONI MELI
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