Servono persone, non nuove leggi per utilizzare i Fondi europei

Il rischio di perdere le risorse aggiuntive è molto alto.
VITO VACCA
Condividi
PDF

I prossimi tre anni saranno cruciali per il futuro dell’Italia. Non soltanto perché bisognerà uscire dalla pandemia, ma soprattutto perché bisognerà usare bene l’ingente ammontare di Fondi europei che sono destinati al nostro paese. Per la prima volta il bilancio europeo si articola in due parti: 1) il Quadro finanziario pluriennale, finanziato come sempre con risorse degli Stati membri; 2) il Next Generation EU, spesso definito dai media “Recovery Fund”, che costituisce una novità nella storia dell’Unione Europea in quanto le risorse saranno reperite prendendo denaro in prestito sui mercati finanziari internazionali, ossia contraendo un debito europeo comune.

La dotazione del Next Generation Italia sarà di 208,6 miliardi di euro fra sovvenzioni da non restituire e prestiti da rimborsare; ma attenzione, siamo di fronte a una sfida epocale perché ai miliardi del Next Generation vanno sommate le risorse del Quadro finanziario pluriennale 2021-27, ossia dello strumento ordinario del bilancio europeo, che ammontano a ulteriori cento miliardi. In tutto per l’Italia siamo a oltre trecento miliardi di euro.

ytali è una rivista indipendente. Vive del lavoro volontario e gratuito di giornalisti e collaboratori che quotidianamente s’impegnano per dare voce a un’informazione approfondita, plurale e libera da vincoli. Il sostegno dei lettori è il nostro unico strumento di autofinanziamento. Se anche tu vuoi contribuire con una donazione clicca QUI

Attualmente siamo impegnati a utilizzare con affanno le risorse della Programmazione 2014-20, che si chiude a dicembre 2023; i prossimi tre anni saranno veramente impegnativi, soprattutto per superare i colli di bottiglia, i blocchi e le strozzature del sistema.

In queste ultime settimane si è infiammato il dibattito pubblico su come utilizzare le risorse europee, e come spesso accade nel nostro paese si sta disquisendo su riforme strutturali, che peraltro non si è riusciti a fare negli ultimi trent’anni; quindi nuove leggi e nuove norme in una nazione che ha dieci volte il numero di leggi della Francia.

Vediamo tutto quello che si può fare in Italia a bocce ferme, senza ipotetiche riforme strutturali (che entrerebbero eventualmente a regime quando i fondi europei sarebbero già persi), ma facendo funzionare meglio quello che già c’è (innovare partendo dall’esistente).

Per prima cosa servono persone e formazione: 1) il blocco del “turn-over” negli ultimi vent’anni ha portato a un forte ridimensionamento del personale nella pubblica amministrazione e a elevare fortemente l’età media degli attuali occupati; 2) l’Italia è il paese in Europa con il minor numero di giornate di formazione annuali sia nel settore pubblico sia in quello privato nell’attuale società dei servizi, che genera valore partendo dalla conoscenza.

Finalmente negli ultimi due anni è venuta maturando una consapevolezza sulla necessità di un piano complessivo di reclutamento per la pubblica amministrazione, che la metta in condizione di poter essere comparata con quella dei principali paesi europei con cui dobbiamo confrontarci. Ricordo che le risorse europee vanno utilizzate per progetti: questi richiedono capacità progettuale, capacità di effettuare le gare, capacità di gestione dell’implementazione e della rendicontazione dei fondi.

Nel corso degli anni è emerso nei rapporti della Commissione che i principali problemi nella gestione dei Fondi strutturali sono costituiti dal fatto che l’Italia ha un basso numero di persone che si occupano di risorse europee. In pratica, abbiamo bisogno di più persone, e soprattutto di più esperti in una materia complessa. Ma, come ha ben dimostrato la pandemia per i medici (e anche per i paramedici), gli specialisti vanno formati pianificando per tempo e investendo le risorse necessarie: basta con l’improvvisazione e il lavorare nell’emergenza quotidiana (quando poi arriva una vera emergenza da fronteggiare come la pandemia sono problemi seri).

Recentemente, il caso dell’ultima riforma dei centri per l’impiego e del reclutamento dei “navigator” ha reso chiaro che, nonostante lo sforzo di velocizzare i concorsi pubblici (essendo questa una direzione corretta e necessaria nell’attuale situazione), i tempi di espletamento delle procedure concorsuali non sono compatibili con le scadenze europee del prossimo triennio (2021-22-23) per l’utilizzo di una mole ingente di risorse in tempi brevi. 

Bisognerà pensare a una seconda strada, alternativa e più rapida rispetto all’effettuazione dei concorsi pubblici (che vanno portati avanti con sistematicità e una vera e propria programmazione), che prenda come modello di intervento il meccanismo dell’assistenza tecnica previsto dagli stessi fondi europei per il supporto alle autorità che si occupano dei programmi operativi, ma anche per supportare gli uffici dei ministeri, delle regioni, degli enti pubblici e dei comuni che saranno coinvolti nell’attuazione delle azioni, delle misure, dei progetti da realizzare concretamente. 

Pertanto, vediamo di uscire da un paradosso, in un paese con un alto tasso di disoccupazione servono migliaia e migliaia di persone (e centinaia e centinaia di esperti) per implementare i progetti, che bisognerà attivare con la risorse europee per innovare il Sistema Italia, che ha bisogno di meno norme e più organizzazione.

Gli staff di supporto dovranno essere strutture focalizzate su efficacia ed efficienza; l’organizzazione dovrà privilegiare procedure lineari, e non ridondanti come spesso accade a causa della normativa nazionale, che sovraccarica le regole europee (è il fenomeno del “gold plating”). La selezione delle persone da utilizzare rapidamente dovrà avvenire sui curriculum, parallelamente al percorso di svolgimento dei nuovi concorsi pubblici (per i quali come abbiamo visto sono necessari tempi tecnici più lunghi).

Altri accorgimenti tecnici: per utilizzare in tempi brevi ingenti risorse è necessario concentrare gli interventi, definendo priorità chiare e realizzabili, ma l’Italia tradizionalmente ha utilizzato le risorse europee frastagliandole in una moltitudine di interventi. Negli anni questo modo di procedere ci ha creato non pochi problemi di rispetto dei tempi della programmazione, e ha richiesto un maggior impegno e un maggior numero di persone nelle attività di rendicontazione. 

Meccanismi di intervento ampi e comprensivi (non parcellizzati, meno frastagliati), procedure di assegnazione delle risorse il più possibile automatiche (meno discrezionali e “ad hoc”) e continuative nel tempo (a sportello aperto), possono aiutare nell’affrontare la sfida epocale che ci troviamo davanti di utilizzare una mole di risorse che possono cambiare il volto dell’Italia che verrà.

Non è il momento per nuovi “patti territoriali”, di procedure che si aggiungono ad altre procedure: questa volta il tempo di utilizzo delle risorse europee è davvero ridotto, il rischio di mancato assorbimento dei fondi è reale (come insegnano le esperienze passate). Bisogna mettere il Sistema Italia nelle condizioni di lavorare presto e bene: servono più persone non nuove leggi.

Servono persone, non nuove leggi per utilizzare i Fondi europei ultima modifica: 2020-12-23T19:57:43+01:00 da VITO VACCA
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

Lascia un commento