#Usa2020. L’abbiccì dello scontro che ha fatto Storia

Negli Stati Unti l’anno (e mezzo) elettorale può essere ricordato - e riassunto - attraverso una serie di parole, da Black Lives Matter a Purple states. Ne abbiamo raccolte cinquantotto.
MARCO MICHIELI
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“A VERY STABLE GENIUS” 

Che Trump non nutrisse dubbi sulla propria sanità mentale non meraviglia. Non stupisce quindi che il presidente a più riprese si sia definito come un “genio” davvero mentalmente stabile. Nel 2018 The Donald in una serie di tweet dichiarò che i suoi grandi asset erano sempre stati l’intelligenza e l’equilibrio mentale e che i traguardi che aveva raggiunto erano espressione di puro genio. La presa di posizione del presidente nasceva dai dubbi sollevati dal giornalista Michael Wolff nel libro Fire and Fury proprio sulla sua sanità mentale. È diventato poi il titolo del libro dei giornalisti del Washington Post Philip Rucker e Carol Leonnig sui conflitti tra Trump e i membri del suo gabinetto.

ABSENTEE BALLOT

È il nome del voto via posta. Alcuni stati lo chiamano “mail vote”, altri, appunto, “absentee vote”. Lo stesso Trump ha fatto confusione tra i termini giudicando negativamente il primo e positivamente il secondo. Il voto via posta ha avuto un enorme successo in queste elezioni presidenziali, complice l’emergenza sanitaria del Covid-19. Secondo il Pew Research il 54 per cento degli elettori ha votato di persona alle scorse elezioni, rispetto al 46 per cento che ha votato via posta (era il 25 per cento nel 2016). Il voto via posta è diventato sopratutto un tema di divisione politica tra gli schieramenti: due terzi degli elettori di Trump ha votato di persona, contro il 42 per cento degli elettori di Biden.

ALL LIVES MATTER

In un’intervista di giugno a Matteo Salvini sul movimento Black Lives Matter (vedi), il leader della Lega rispose con lo slogan “All Lives Matter”, tutte le vite contano. E il caso della destra italiana non è isolato. Lo slogan infatti nasce negli Stati Uniti in contrapposizione al movimento per i diritti degli african-americans. Si tratta soprattutto di una distorsione degli obiettivi delle battaglie del movimento. E una scarsa comprensione di quello che Black Lives Matter punta a realizzare: la fine del “razzismo sistemico” che mette maggiormente in pericolo la vita degli africano-americani.

ALT-RIGHT

Steve Bannon, l’ex consigliere di Trump, è l’esponente più noto di questo gassoso movimento online che utilizza il web, i social media e i meme per diffondere un messaggio molto simile a quello dell’estrema destra. Da un punto di vista demografico la maggior parte dei suoi membri sono giovani uomini bianchi contrari al multiculturalismo, all’immigrazione, al femminismo e, soprattutto, alla politically correct. Breitbart News, il sito di “notizie” in passato guidato da Bannon, è stato il principale mezzo di comunicazione di questi gruppi. Che da Trump hanno ricevuto ampio sostegno: la scelta stessa di Bannon come manager della campagna elettorale del futuro presidente repubblicano nel 2016, ha elevato il movimento a uno status di visibilità mai visto prima. Per l’alt-right, la destra alternativa, la correttezza politica è la più grande minaccia alla loro libertà: il razzismo e l’antisemitismo sono per i sostenitori di questo movimento veri e propri “atti di libertà”. Spesso molto presenti on line sotto forma di troll, detestano la destra repubblicana, che reputano una minaccia per l’isolazionismo del paese. Sono anche sospettosi del libero mercato poiché credono che gli interessi economici siano in conflitto con gli ideali superiori di conservazione e omogeneità culturale.

ALTERNATIVE FACTS

Quando la consigliera del presidente Kellyanne Conway cercò di difendere il portavoce di Trump sul numero delle persone che avevano partecipato all’inaugurazione della nuova amministrazione, usò il termine “fatti alternativi”. In sostanza sono affermazioni false, spacciate per vere. Un marchio di fabbrica dei quattro anni di presidenza di The Donald.

AMTRAK JOE

Sono cento e ottanta i chilometri che l’allora senatore Joe Biden percorse via treno per raggiungere Washington Dc, dove fu senatore dal 1973 al 2009, con partenza da Wilmington in Delaware, dove viveva con i figli. Dopo la morte della moglie e della figlia in un incidente stradale, il neoeletto senatore del Delaware pensò di “poter partire la mattina per Washington e rientrare la sera per augurare la buonanotte agli altri due figli”. Una “passione” personale per i treni che è diventata anche politica: Biden è stato uno dei maggiori sostenitori dei progetti ferroviari per l’alta velocità e gode di molto sostegno tra i sindacati dei lavoratori del settore.

ANTIFA

All’epoca delle manifestazioni per la morte di George Floyd, il ministro della giustizia di Trump, William Barr, attribuì le violenze ai “gruppi estremisti di sinistra” legati al “movimento antifa”, etichettandoli come “terroristi domestici”. Si tratta in realtà di un “movimento” di estrema sinistra così decentrato da far dubitare a molti che vi sia un coordinamento tra i vari gruppi. Ciò nonostante il termine è stato utilizzato da Trump durante la campagna elettorale per descrivere i sostenitori di sinistra del Partito democratico. L’obiettivo infatti era quello di descrivere la coalizione a sostegno di Joe Biden come estremista, con l’obiettivo di fargli perdere i voti moderati. Una strategia che sembra aver pagato in alcuni stati come la la Florida.

“ANYWAY”

“Anyway, my time’s up. I’m sorry.”. Biden lo ripete fino alla sfinimento. È un modo per ritornare a parlare del tema principale di un discorso, dopo aver aperto parentesi su altre questioni. È efficace perché ha consentito all’allora candidato democratico di creare un legame con gli elettori attraverso lunghe parentesi personali, per poi rispondere alla questioni che gli erano state poste.

BASEMENT JOE

Molti ricordano i video di Biden dallo “scantinato” durante la prima ondata del Covid-19, alcuni di questi video non erano particolarmente accattivanti e suscitarono molte perplessità tra gli strateghi dem. L’allora candidato presidente aveva fatto infatti installare nel seminterrato di casa uno studio televisivo per poter interagire con gli elettori durante il periodo del confinamento (e oltre). Trump e i suoi ne hanno fatto un ritornello in qualsiasi discorso del presidente per mettere in rilievo l’aspetto “senile” del democratico. Nonostante lo stesso presidente non abbia fatto campagna elettorale pubblicamente tra marzo e giugno.

BATTLEGROUND STATES

Sono chiamati anche Swing States o Purple States (vedi). Sono gli stati dove si combatte la battaglia elettorale e che non hanno una netta tradizione storica di voto per i democratici o per i repubblicani.

BERNIE BRO

A poche ore dalla sua uscita di scena dalle primarie, la senatrice Elizabeth Warren disse in un’intervista a Rachel Maddow che “il bullismo e la cattiveria online sono un problema” nella lotta politica del Partito democratico. La candidata progressista si riferiva agli attacchi subiti dai cosiddetti Bernie Bros, i sostenitori dell’altro campione della sinistra dem Bernie Sanders. Il termine nasce però nel 2015 quando The Atlantic lo utilizzò per etichettare i giovani elettori bianchi e arrabbiati di Sanders accusati di bullismo online nei confronti dei sostenitori di altri candidati o di critici di Sanders. L’accusa è stata rivolta anche ai comportamenti social di alcuni membri dello staff di Sanders. Il termine è stato poi utilizzato dagli avversari interni e esterni ai democratici per attaccare il senatore del Vermont.

BIBLE BELT 

Conservatori e evangelici. Sono gli stati del Sud degli Stati Uniti, caratterizzati, appunto, da una forte presenza di elettori vicini al Partito repubblicano e decisamente conservatori sui temi sociali e dei diritti civili. Poco attenti però alla scarsa conoscenza biblica e ai “peccatucci” del presidente Trump. Base tradizionale repubblicana dagli anni Ottanta, nel 2016 il 77 per cento degli elettori protestanti evangelici bianchi ha sostenuto Trump, contro il 16 per cento che ha votato per Hillary Clinton. Numeri simili per le elezioni di quest’anno, nonostante i tentativi di Biden di strappare qualche elettore a questo gruppo, fondamentale per Trump e i repubblicani.

BIDENISM

Il linguaggio di Biden è così particolare che è stata coniato un termine apposito. Soprattutto è il marchio di fabbrica di un presidente che ricorda costantemente agli elettori di essere cresciuto in una differente generazione. E non solo politica. Tra le espressioni che ricorrono spesso: I’m serious (vedi), folks (vedi), malarkey (vedi), not a joke (vedi), that’s not hyperbole (vedi). Per quanto alcune espressioni siano un po’ datate, sono un esempio della capacità di connessione con le persone che le percepiscono come linguaggio reale e “della strada”.

BLACK LIVES MATTER 

Nonostante abbia ottenuto risonanza mondiale quest’estate, dopo la morte per soffocamento di George Floyd, il movimento nasce in risposta all’uccisione di Trayvon Martin, un diciassettenne ucciso da un poliziotto in Florida nel 2013. Da allora il movimento, che è decentrato e vi partecipano numerose organizzazioni, non ha cessato di manifestare. Nel frattempo però è mutato il sentimento dell’opinione pubblica, inizialmente non molto favorevole: oggi, secondo Pew Research, il 55 per cento degli adulti negli Stati Uniti ha una visione positiva del movimento e delle sue battaglie. Tra le richieste più importanti del Black Lives Matter c’è anche il de-finanziamento della polizia per migliorare le politiche sociali.

BLACK WOMEN 

Circa il 90 per cento delle donne nere ha votato per Joe Biden, diventando così l’elettorato democratico più fedele. Negli ultimi cinque cicli presidenziali, si sono presentate alle urne a tassi più alti rispetto a qualsiasi altro gruppo. I loro sforzi di mobilitazione degli elettori a livello nazionale hanno portato alla storica affluenza alle urne che ha assicurato la vittoria di Biden e quella del primo vicepresidente donna nera nella storia della nazione. Una mobilitazione particolarmente efficace: solo in Georgia c’è stato un aumento del 69 per cento dell’affluenza alle urne tra le donne di colore rispetto al 2016.

BLUE LIVES MATTER

In Louisiana c’è una legge statale che ha reso un crimine d’odio prendere di mira agenti di polizia, vigili del fuoco e personale del servizio medico di emergenza, estendendo le protezioni della legge sui crimini ispirati dall’odio razziale o per l’orientamento sessuale o per identità di genere, per includervi la scelta di carriera. La legge è il risultato di un movimento nato in opposizione al Black Lives Matter (vedi), Blue Lives Matter e che sostiene, appunto, che coloro che uccidono un poliziotto dovrebbero essere accusati anche di reato d’odio. Alcuni hanno fatto notare che alcune di queste proposte comporterebbero la qualificazione della resistenza all’arresto come un crimine d’odio. Fa parte dei molti movimenti anti-Black Lives Matter che mettono sullo stesso piano scelte professionali e identità razziale.

BLUE SHIFT 

È un fenomeno osservato per la prima volta da un ricercatore della Ohio State University nel 2013: i candidati democratici a qualsiasi livello guadagnano voti dopo l’election night. Le circoscrizioni rurali, che favoriscono i repubblicani, infatti, sono più piccole e meno popolate e conducono le operazioni di scrutinio più velocemente rispetto ai centri urbani, che favoriscono i democratici. È l’esatto opposto del Red mirage (vedi): il voto via posta, preferito dai democratici, è scrutinato successivamente. E questo genera un iniziale miraggio “rosso”, il colore dei repubblicani, seguito poi da un spostamento verso il “blu”, il colore dei democratici. Si è verificato esattamente questo nelle ultime elezioni: il grande numero di voti via posta, per lo più democratico, ha fatto cambiare il colore degli stati, inizialmente, rossi a blu.

BLUE WAVE 

È “l’onda blu” che nel 2018, alle elezioni di Midterm, travolse i repubblicani e garantì la vittoria democratica alla Camera dei rappresentanti. Era attesa anche per le elezioni del 2020, presidenziali e per il Congresso. Se il risultato delle presidenziali si è fatto attendere – ma senza la travolgente conquista che molti sondaggisti i aspettavano -, i risultati del Congresso non sono andati esattamente come i dem pensavano: non sono riusciti a riconquistare il Senato, dove potrebbero pareggiare, e hanno perso seggi alla Camera, in circoscrizioni non soltanto ex-repubblicane. 

CANCEL CULTURE 

Durante il discorso nel Giorno dell’Indipendenza al Monte Rushmore di quest’anno Trump ha detto che “la cancel culture è la definizione stessa del totalitarismo”. Ha aggiunto che è utilizzata come “arma politica” dai manifestanti del Black Lives Matter che si battevano per la distruzione delle statue degli schiavisti e dei sostenitori dei Confederati. Il termine è infatti oggi utilizzato in campo conservatore, ma non solo, per criticare non solo le forme più estreme del movimento Black Lives Matter, ma le sue proposte in generale per ridiscutere versioni e narrazioni storiche “partigiane” oppure che non prendono in considerazione il punto di vista di altri protagonisti della storia, spesso dimenticati. Il termine in realtà ha preso piede negli ultimi anni a causa delle conversazioni promosse da #MeToo e altri movimenti che richiedono una maggiore responsabilità da parte dei personaggi pubblici. Pena il boicottaggio dell’attività di questo o quel personaggio famoso.

CENTRIST 

Sarebbe più utile definirla l’ala clintoniana (di Bill) del Partito democratico, anche se si tratta di un’estrema semplificazione. Obama stesso si identificava come un esponente dei cosiddetti “New Democrats”. Joe Biden fa sicuramente parte di quest’area politica molto ampia e molto composita, come lo è l’area in un certo senso opposta, quella dei Progressives (vedi). Alcuni dei politici di riferimento dell’area hanno transitato da posizioni moderate centriste a posizioni più “liberal”. I “confini” sono infatti molto porosi. Di base sono “liberal” sulle questioni culturali e moderati – in qualche caso anche conservatori – sulle politiche economiche. Alle elezioni primarie del 2020 il contrasto tra Progressives e Centrists ha preso le prime pagine dei giornali americani: la vittoria di Biden contro Bernie Sanders è avvenuta grazie al ritiro di numerosi candidati “centristi” a favore dell’ex vice di Obama. 

CONCESSION SPEECH 

Quello che Donald Trump non ha mai fatto: il discorso col quale lo sconfitto delle elezioni presidenziali “concede” la vittoria al presidente eletto. Una tradizione del sistema americano per una pacifica transizione dei poteri, di solito è anticipata da una telefonata al candidato vittorioso. L’attuale presidente ha messo in discussione la vittoria di Biden e a oggi non ha pronunciato alcun discorso di concessione. Non era mai successo.

COUNT EVERY VOTE 

“Ogni voto deve essere contato” ripetevano i sostenitori di Trump in Arizona durante le ultime elezioni presidenziali, in attesa dell’arrivo del voto postale dalle contee repubblicane. L’esatto opposto di ciò che chiedevano altri sostenitori di Trump in Pennsylvania e Georgia dove mancavano moltissimi voti postali da contee democratiche. È uno slogan utilizzato però anche dai democratici per ricordare che il voto postale è altrettanto importante quanto il voto di persona, soprattutto in quest’anno di pandemia.

DEEP STATE 

È un termine con cui Trump e i suoi sostenitori descrivono tutto ciò che non ha consentito al presidente repubblicano di esercitare “i pieni poteri”. In sostanza il sistema delle istituzioni americane. Nel contesto statunitense è stata utilizzato per descrivere il rapporto tra l’esercito e la democrazia…. in Turchia. In maniera simile, è stato usato per descrivere il funzionamento delle istituzioni politiche dell’Egitto. Per quanto oggi diffuso a destra è un concetto usato anche in ambito “liberal” per descrivere il complesso militare-industriale di cui parlò Eisenhower: sono quei politici, i militari e Wall Street che per tutelare i loro interessi portano ripetutamente il paese in guerra. Ma nell’immaginario trumpiano il “deep state” diventa qualsiasi funzionario o istituzione pubblica che osano contraddire i piani del presidente. Secondo un sondaggio The Economist/YouGov dell’ottobre 2019 il 70 per cento dei repubblicani, il 38 per cento degli indipendenti e il 13 per cento dei democratici concordano sul fatto che uno “stato profondo” sta “cercando di rovesciare” Trump.

DEFUND THE POLICE

È uno slogan del movimento Black Lives Matter (vedi) che è balzato alle cronache internazionali a partire dal maggio 2020, dopo le manifestazioni di protesta per la morte di George Floyd. In generale il movimento punta a diminuire i finanziamenti ai dipartimenti di polizia e la loro riallocazione ai servizi sociali, all’istruzione, all’assistenza sanitaria. Esistono tuttavia visioni diverse del de-finanzaimento che per alcuni attivisti significa il completo disinvestimento come passo verso l’abolizione dei servizi di polizia. Sia i democratici sia i repubblicani si sono espressi contro il definanziamento, nella varie sue forme. Durante la campagna elettorale i repubblicani hanno cercato di attribuire ai democratici la paternità dell’idea, che tra il grande pubblico è impopolare. Nelle polemiche post-elettorali tra i dem è diventato il pomo della discordia: i centristi accusano i progressisti di essersi richiamati troppo allo slogan e aver impaurito l’elettorato moderato, che è costato qualche seggio alla Camera. Anche Obama ha recentemente criticato lo slogan (con conseguente polemica con la sinistra del partito).

DEMOCRATIC SOCIALISM 

Bernie Sanders. Il senatore del Vermont è il rappresentante più noto di quest’area politica che solo parzialmente è nel Partito democratico. Anche se molti sostengono sia la versione americana della socialdemocrazia nordica europea, in realtà ha moltissimi punti in comune con la sinistra alternativa europea. Un sondaggio YouGov del 2019 ha rilevato che sette millennial su dieci negli Stati Uniti voterebbero per un candidato presidenziale socialista e il 36 per cento ha una visione favorevole del comunismo (che non ha nulla a che vedere con il democratic socialism). Oltre a Sanders oggi tra i democratici socialista si annoverano Alexandria Ocasio-Cortez e Rashida Tlaib, due membri della cosiddetta Squad. Sostengono l’assistenza sanitaria universale e il Green New Deal (vedi).

“FOLKS”

È in assoluto la parola preferita da Joe Biden. Non c’è discorso o intervento del neo-presidente che non contempli il termine. In italiano potrebbe suonare come un “ehi ragazzi!” oppure un “gente!”. Spesso Biden la ripete anche con la formula “Look folks” (“sentite gente”, “guardate, gente”). È utilizzata anche con altre espressioni tipiche di Biden, come nella frase “guinness” per uso di Bidenisms (vedi): “And folks. Folks. This election. It’s not hyperbole to suggest. This is not hyperbole. This election is literally bigger than politics. And that is not hyperbole”.

FOUR SEASONS TOTAL LANDSCAPING 

Quando il 7 novembre scorso Rudy Giuliani tenne la conferenza stampa di denuncia dei presunti “brogli” elettorali, nessuno si aspettava che quella fosse la sede delle dichiarazioni. Davanti a un garage, vicino a un sex shop e a una camera mortuaria, l’ex sindaco di New York e avvocato di Trump non sembrava nemmeno essersi reso conto di dove si trovava. Il tutto era frutto di un errore della campagna di Trump che, invece di aver prenotato l’esclusivo Four Seasons di Philadelphia, aveva prenotato questa piccola impresa nel quartiere di Holmesburg, a Philadelphia. Uno scenario surreale visto come il simbolo della fine della presidenza di Donald Trump.

FRACKING 

Che cosa c’entra questa tecnologia di estrazione del petrolio – nota anche come fratturazione idraulica con le elezioni americane? Trump e Biden hanno entrambi corteggiato gli elettori delle contee rurali che in alcuni stati chiave sono particolarmente dipendenti in termini occupazionali dal settore del petrolio e del gas. Biden non vuole vietare il fracking ma ha detto che lo impedirebbe nelle territori di proprietà federale. Il tentativo del candidato democratico di mantenere un equilibrio tra strategia elettorale e una parte dell’elettorato liberal tradizionale, sensibile ai temi ambientali (il fracking comporta infatti tutta una serie di rischi ambientali). In particolare la Pennsylvania e l’Ohio sono due stati interessati dalla problematica (e Battleground States, vedi), in cui la corsa tra Trump e Biden era serrata. Trump sosteneva l’espansione del fracking.

GREEN NEW DEAL

È essenzialmente il capolavoro politico della deputata Alexandria Ocasio-Cortez e oggi una parte importante dei dibattiti politici nel paese. L’obiettivo principale del piano, che s’ispira al rooseveltiano New Deal, è la riduzione totale delle emissioni di gas serra degli Stati Uniti e la totale dipendenza energetica da fonti pulite, rinnovabili e a zero emissioni. Il tutto entro il 2030. Il Green New Deal prevederebbe anche la creazione di milioni di posti di lavoro. È stata anche oggetto dei dibattiti presidenziali e dei vicepresidenti quest’anno. Trump ha accusato Biden di voler realizzare un piano che è troppo costoso. Il presidente repubblicano ha avuto sempre una certa difficoltà a riconoscere che l’attività umana contribuisce al cambiamento climatico. Biden ha ricordato all’avversario di non essere un sostenitore del Green New Deal. In effetti il democratico ha un proprio piano, con punti in comune con il Green New Deal, di cui la sua vice Kamala Harris era uno sponsor. La differenza tra i due piani è essenzialmente l’arco di tempo meno ambizioso (il 2050) e con costi inferiori.

“HERE’S THE DEAL”

È un Bidenism (vedi). Significa “Ecco come stanno cose” ma anche “ecco il patto” e il presidente eletto lo usa in contesti politici e di digressioni familiari: “Here’s the deal. Here’s the deal. Daughters always are wonderful. Well, here’s the deal, guys. Here’s the deal”. In entrambi i casi è percepita come un’espressione di sincerità.

“I CAN’T BREATHE ”

Anche se l’espressione è diventata uno slogan planetario dopo la morte di George Floyd, la frase è stata originariamente utilizzata dal movimento Black Lives Matter (vedi) già nel 2014. Furono infatti le ultime parole di Eric Garner, un african-american ucciso dalla polizia di New York con la stessa tecnica di soffocamento che ha causato la morte di George Floyd. Dopo la morte di Floyd, grazie al supporto di celebrità del mondo dello sport e del cinema e dei social è diventato uno slogan mondiale per protestare contro la brutalità della polizia. 

IDENTITY POLITICS

È un termine molto vago e proprio per questo utilizzato costantemente come una clava dai repubblicani nei confronti dei democratici. In breve ogni discussione relativa alle identità è “identity politics”: dai matrimoni omosessuali alle sparatorie della polizia di uomini neri disarmati, dalle persone trans nei bagni alla fluidità di genere, dalle discussioni sulla cultura dello stupro alle battaglie nei campus su spazi sicuri per le donne. Ogni rivendicazione di neri, latini, Lgbtq, donne e musulmani mira infatti a a diminuire le ingiustizie sociali di questi gruppi. I critici però utilizzano il termine per attaccare la ricerca di una libertà politica per una specifica comunità perché, secondo gli avversari, ci si dimentica così del contesto più ampio. Trump ha sfruttato l’identity politics per avvicinare gli elettori non “a proprio agio” con le rivendicazioni delle minoranze. 

“I’M SERIOUS”

È un Bidenism (vedi). Il presidente eletto lo ripete in continuazione. Vuoi per distinguersi da The Donald, vuoi per riaffermare il proprio impegno per risolvere un problema. È una di quelle espressioni che hanno evidenziato il netto contrasto tra i due contendenti, in termini di retorica politica.

IT’S OK TO BE WHITE

È uno slogan dei suprematisti bianchi e dei neonazisti in voga nel 2017 e oggi ritornato in auge contro il movimento del Black Lives Matter (vedi). Significa “va bene essere bianchi” ed è stato difeso da Tucker Carlson, noto conduttore di Fox News, che l’ha ritenuto uno slogan innocuo.

LAME DUCK

Trump in questo momento. Anche se forse non si adatta benissimo a descrivere questa fase della vita politica del presidente repubblicano. Il termine significa “anatra zoppa” ed è utilizzato per indicare qualsiasi politico nella fase di transizione di potere, quando il successore è già stato eletto o lo sarà presto: l’uscente ha meno potere e minore influenza sul proprio partito. Questo secondo elemento non sembra al momento presente. Anche un presidente al secondo mandato è definito “anatra zoppa” poiché non può essere rieletto e quindi il suo partito si sente più libero rispetto al primo mandato. Paradossalmente il fatto di non poter essere rieletto consente ai presidenti di concentrarsi sulla propria eredità di mandato. E di essere meno attenti alla strategia politica.

LATINX 

È una nuova etichetta “panetnica” alternativa, neutrale rispetto al genere e che viene utilizzata da alcune testate giornalistiche e di intrattenimento, aziende, governi locali e università per descrivere la popolazione ispanica del paese. Tuttavia, secondo Pew Research, solo il 23 per cento degli adulti statunitensi che si autoidentificano come ispanici o latini hanno sentito parlare del termine Latinx, e solo il 3 per cento afferma di usarlo per descrivere se stessi. Il termine è entrato a far parte dei dizionari inglesi nel 2018. L’emergere del termine Latinx coincide con un movimento per introdurre nomi e pronomi neutrali rispetto al genere in molte lingue la cui grammatica ha tradizionalmente utilizzato costruzioni maschili o femminili. 

“MALARKEY”

Un Bidenism (vedi). Un’espressione un po’ vetusta che Joe Biden ripete in continuazione, da sempre. Ha anche ribattezzato il tour elettorale “No malarkey tour”. Già nel 2012, all’epoca del dibattito con il candidato vice di Romney Paul Ryan, l’allora vice-presidente aveva suscitato molta ironia definendo le proposte dell’avversario “malarkey”, appunto. È un termine del quale non si conoscono le origini e che è entrato in voga negli anni Venti del secolo scorso. In italiano suona come “balle!” o oppure “sciocchezze!”. Molti pensano sia di origine irlandese (lo stesso Biden lo pensa, che è di origini irlandesi).

“NOT A JOKE”

Altro Bidenism (vedi). “Non è uno scherzo” o “non scherzo” è un’espressione che di solito si accompagna a “I’m serious” (vedi): “This is not hyperbole. It all may come down to Pennsylvania, not a joke. No, no, not a joke. Not a joke.” 

OBAMA-TRUMP VOTERS 

Si stima che tra l’11 e il 15 per cento degli elettori di Trump del 2016 avesse votato per Obama nel 2012. Per lo più concentrati nel Midwest, questi elettori sono soprattutto bianchi, senza un titolo di studio universitario ed ex democratici che volevano un cambiamento dello status quo. Sono stati l’oggetto della strategia elettorale di Biden che puntava a ricostruire il cosiddetto “blue wall”, il muro blu del Midwest vinto da Trump nel 2016. Attualmente non si sa se Biden abbia convinto questi elettori. Tuttavia alcuni quotidiani riportano che Trump abbia rivinto quell’elettorato anche questa volta: il differente risultato a favore di Biden dipenderebbe invece dalla mobilitazione delle minoranze in questi stati.

PROGRESSIVES 

A sinistra dei centristi ma a destra rispetto ai socialisti democratici. Progressives è un’etichetta utilizzata per descrivere l’area politica del Partito democratico che sostiene politiche “keynesiane” in ambito economico ma in misura minore rispetto all’area socialista democratica. A differenza di quest’ultima, i Progressives hanno radici profonde nella storia del Partito democratico, che risalgono alla campagna del candidato presidenziale George McGovern. La senatrice Elizabeth Warren, candidata alle primarie democratiche del 2020, è uno degli esponenti di rilievo di questa “fazione” del Partito democratico. Non sono necessariamente alleati dei socialisti democratici. Come si è visto durante le primarie di quest’anno e del 2016, quando Warren sostenne Clinton. All’inizio del Ventesimo secolo il termine definiva un’area trasversale agli schieramenti politici che auspicava riforme sociali, economiche e politiche. Tra gli esponenti di questo movimento di inizi secolo vi erano tanto il repubblicano Teddy Roosevelt quanto il democratico Woodrow Wilson.

PUNDIT 

Quando è l’ovvio è troppo ovvio entrano in azione i pundit. Ovvero i commentatori politici. Una categoria che annovera tra le proprie fila un ampio spettro di persone. D’altra parte nell’era dello show-business e dei social qualche conoscenza di politica e la capacità di dare la propria opinione è patrimonio ben distribuito. In teoria però il termine dovrebbe riferirsi a quelle persone che appaiono almeno sapere qualcosa di quello di cui parlano. Almeno secondo le lingue d’origine, l’Hindi e il sanscrito. Anche se il fatto di essere esperti non li esime dall’errore di analisi. Molti pundits non compresero ad esempio il sostegno di cui godeva Trump, aspettandosi di volta in volta che l’establishment repubblicano intervenisse per bloccarne l’ascesa. Secondo il premio nobel per l’economia Daniel Kahnemann – che si è occupato di studiare quei processi cognitivi del tutto inconsapevoli che influenzano la maggior parte delle nostre decisioni quotidiane – il vantaggio dei pundit è che non incorrono in alcuna penalità, in caso di previsioni errate (che influenzano però il dibattito pubblico): “puoi fare qualsiasi previsione, tanto le persone un anno dopo se ne saranno dimenticate”.

PURPLE STATE

È l’altro nome con cui sono conosciuti i Swing States o i Battleground States (vedi), gli stati che non hanno una tradizione politica chiaramente repubblicana o democratica e quindi di volta in volta votano per un candidato o l’altro alle elezioni presidenziali. Il colore porpora degli stati è il risultato del mescolamento del rosso, il colore dei repubblicani, e del blu, il colore dei democratici. Attualmente sono considerati stati “porpora” l’Arizona, la Florida, la Georgia, l’Iowa, il Michigan, il North Carolina, l’Ohio, la Pennsylvania e il Wisconsin. Di questi nove, cinque sono stati vinti da Biden.

QANON 

Che cosa c’entrano il sottoscala di una pizzeria, i Clinton e i maggiori vertici del Partito democratico e un traffico pedofilo di esseri umani? Secondo sostenitori della teoria del complotto Qanon fanno tutti parte di un complotto del Deep State (vedi) contro Donald Trump. In realtà la teoria del cosiddetto Pizzagate è solo una delle molte che compongono il variegato mondo di Qanon, ormai diffusissimo anche in Europa, sebbene di origine americana. Negli ultimi tempi Qanon, che è composto da una estesa e informale rete social, ha diffuso moltissime teorie del complotto sul Covid-19, oltre a contenuti tipici dei movimenti di estrema destra, con forti tinte antisemite e razziste. Durante la campagna elettorale del 2020 numerosi sostenitori di Trump si presentavano muniti di t-shirt e cartelli che inneggiavano a Qanon e al complotto contro il presidente repubblicano. Diversi esponenti repubblicani si sono candidati richiamandosi alle teorie di Qanon: l’attuale senatrice della Georgia Kelly Loeffler sostiene alcune delle teorie di Qanon.

RBG 

Ruth Bader Ginsburg. Nominata da Clinton, RBG è stata per quasi trent’anni la voce dei liberal alla Corte Suprema degli Stati Uniti. E un’icona, con i suoi colletti bianchi, della cultura popolare del paese. Ginsburg era anche soprannominata The Notorius RBG, un gioco sul nome di The Notorius B.I.G., un rapper del quale condivideva le origini a Brooklyn (soltanto quelle). Un nomignolo ottenuto nel 2013 proprio per la sua fiera opposizione, dopo che la Corte Suprema aveva invalidato una parte fondamentale del Voting Rights Act: “state gettando via l’ombrello durante un temporale semplicemente perché non vi state bagnando”, disse agli altri giudici. Dissensi che hanno ispirato magliette, tatuaggi, una specie di mantide religiosa soprannominata Ilomantis ginsburgae, un personaggio di “Saturday Night Live”, slogan (“You can’t spell truth without Ruth”), film. Negli ultimi anni la sua salute era diventato oggetto di dibattito pubblico poiché, in caso di dimissioni o morte, Trump avrebbe scelto il nuovo giudice della Corte Suprema. Quando è morta il 18 settembre 2020, all’età di 87 anni, per complicazioni del cancro al pancreas, il presidente Trump ha avviato una delle proceduta di nomina di un sostituto tra le più rapide della storia. Nonostante il desiderio di Ginsburg che la sua sostituzione non avvenisse se non con un nuovo presidente, Trump nominò Amy Coney Barrett, una giudice molto conservatrice, e i senatori repubblicani la confermarono. In precedenza i repubblicani avevano rifiutato votare per il giudice scelto nel 2016 da Barack Obama per sostituire il defunto Antonin Scalia. Perché in un anno elettorale.

RECOUNT

Grazie al riconteggio, Biden ha vinto tre volte lo stato della Georgia. È una pratica definita dalla legge degli stati e che consente in alcuni casi di avviare un nuovo conteggio dei voti. È stata la parola d’ordine di Trump e accoliti nelle settimane successive al voto di novembre. Senza successo.

RED MIRAGE 

Il “miraggio rosso” non è un romanzo “socialista” ma, per l’inversione dei colori tradizionali dello spettro politico europeo, quel “rosso” è il colore dei repubblicani e il miraggio è l’iniziale vantaggio di Trump che gli analisti si attendevano la sera delle elezioni. Un miraggio, appunto, dettato dal mancato conteggio del voto via posta che nelle ore successive avrebbero reso quella vittoria repubblicana solo apparente, con il progressivo spostamento degli stati versi il blu del democratici (Blue Shift, vedi).

RINOS

“Mandatemi la lista di 25 Rinos” che hanno tradito i repubblicani, tuonava qualche giorno fa Trump via Twitter. L’obiettivo sono i cosiddetti “Republicans in name only” (“repubblicani solo di nome”), quei membri del partito del presidente che in questi quattro anni si sono opposti varie volte alle sue decisione politiche (tra questi Mitt Romney). Il termine tuttavia non è un’invenzione di Trump ma è usato comunemente dai repubblicani conservatori per descrivere i repubblicani moderati. Anche se nato agli inizi del Novecento è durante la rivoluzione conservatrice di Newt Gingrich e la presidenza Clinton che divenne termine comune per indicare tutti i politici repubblicani che, per tradizione istituzionale, collaboravano con i democratici. Il termine è ritornato in voga con la crescita del Tea Party per sfidare i “repubblicani dell’establishment”, mettendone in dubbio le credenziali ideologiche.

RUST BELT 

La Rust Belt coincide in parte con il “blue wall” che i democratici hanno perso nel 2016. Si tratta infatti degli stati del Midwest – Pennsylvania, Ohio, West Virginia, Kentucky, Indiana, Michigan, Illinois settentrionale e Wisconsin – che hanno subito la de-industrializzazione negli anni Ottanta, assistendo “impotenti” alla ruggine (“rust”) che si formava sugli stabilimenti industriali tradizionali. In quest’area si trova quell’elettorato “operaio” che in parte ha votato per Trump (vedi Obama-Trump voters) e che Biden ha tentato di riconquistare. Trump aveva vinto nel 2016 in sei di questi otto stati; Biden ha vinto in quattro di questi otto nel 2020.

SILENT MAJORITY 

Trump aveva già citato questo termine, reso popolare da Richard Nixon, durante la campagna presidenziale del 2016, quando sosteneva a che “la maggioranza silenziosa del paese” lo sostenesse. L’ha poi ripetuto più volte nel corso del suo mandato, l’ultima volta durante le proteste per la morte di George Floyd, quando ancora una volta ha invocato la maggioranza silenziosa di fronte ai manifestanti del Black Lives Matter. Il termine è però, come detto, da attribuire a Nixon, che lo utilizzò per descrivere quell’ampio gruppo di cittadini che non esprimeva le proprie opinioni pubblicamente, che non partecipava alle manifestazioni contro la guerra del Vietnam e che, di base, non partecipava al dibattito pubblico. Ma poi votava repubblicano. La frase è stata nel tempo usata anche nelle campagne politiche di altri repubblicani: Ronald Reagan, Netw Gingrich, Rudy Giuliani e Michael Bloomberg (quando era repubblicano).

SOCCER MOM 

Le hanno chiamate “Walmart moms”, “security moms” ma “soccer moms” è il termine più noto per descrivere l’elettorato femminile bianco della periferia. Più recentemente, con la scomparsa degli sport dei figli a causa del Covid-19, sono state definite anche “mamme Zoom”. Il successo elettorale di Biden è dipeso anche da questa categoria di elettrici che hanno sostenuto il presidente Trump nel 2016 e lo avevano già abbandonato nel 2018, durante le elezioni di Midterm vinte dai democratici.

ST. JOHN’S CHURCH

Ricordate quest’estate l’immagine di Trump in posa davanti a una chiesa con la Bibbia in mano, dopo essersi fatto largo tra cordoni di militari e accompagnato dai generali? La chiesa di St. John è il luogo in cui è avvenuta questa photo-opportunity, tra i fumi dei gas lacrimogeni e le cariche antisommossa per allontanare con la forza manifestanti pacifici da Lafayette Square, creando un percorso per Trump per raggiungere la chiesa. Poco prima della “passeggiata” il presidente repubblicano aveva invitato i governatori degli stati ad agire contro le manifestazioni, altrimenti avrebbe “schierato l’esercito e risolto rapidamente il problema”. Si tratta di un momento decisivo della presidenza Trump per la violenza fisica e del messaggio politico che il repubblicano ha trasmesso. Successivamente qualche generale presente al seguito di Trump si è scusato per il ruolo inedito dei militari nella situazione.

“STAND BACK AND STAND BY” 

I Proud Boys sono un gruppo di estrema destra responsabile di violenze e scontri soprattuto a Portland, la città in Oregon dove le manifestazioni del Black Lives Matter (vedi) hanno continuato per mesi. Quando durante il dibattito del 30 settembre con Biden è stata chiesto a Trump di prendere le distanze dal gruppo, il presidente ha risposto con “fate un passo intero e tenervi pronti”. Il gruppo di estrema destra ha interpretato la frase come un sostegno del presidente. Lo staff di Trump ha poi il giorno successivo modificato la dichiarazione della sera prima del repubblicano.

SUN BELT

È un’area geografica che comprende gli stati del sud e del sud-ovest degli Stati Uniti ed è usato per descrivere sia il clima caldo di queste regioni sia la rapida crescita economica e demografica dell’area. Gli stati interessati vanno dalla Virginia, passando per le due Caroline e la Georgia, alla Florida e ad ovest fino alla California, passando per Louisiana, Texas, New Mexico e Arizona. Comprende anche alcuni stati montuosi occidentali, come il Colorado e lo Utah, che hanno registrato una crescita economica simile. Durante le elezioni presidenziali, anche se la strategia di Biden era molto rivolta agli stati della Rust Belt (vedi), notevoli finanziamenti sono stati spesi dai democratici in quest’area, come molte speranze (ad un certo punto i dem pensavano di poter vincere in Texas). Nonostante alcune sconfitte dure da digerire – vedi la Florida e il North Carolina – i democratici hanno vinto in stati repubblicani come Georgia e Arizona e hanno confermato la loro competitività in stati un tempo nettamente repubblicani, come il North Carolina. 

“THAT’S NOT HYPERBOLE”

Altro Bidenism (vedi). Significa “non è un’iperbole”, “non sto esagerando”. È una delle formule ricorrenti nei discorsi di Biden, ripetute allo sfinimento assume ad altri bidenism: “And folks. Folks. This election. It’s not hyperbole to suggest. This is not hyperbole. This election is literally bigger than politics. And that is not hyperbole” oppure “This is not hyperbole. It all may come down to Pennsylvania, not a joke. No, no, not a joke. Not a joke”. talvolta però esagera: come quando raccontò di essere stato arrestato in Sud Africa mentre voleva rendere visita da senatore a Nelson Mandela in carcere.

UNCLE-IN-CHIEF

È uno dei nomignoli di Joe Biden e nasce dalla fantasia della rivista satirica The Onion che ha caratterizzato il politico americano come l’uomo della strada e un colletto blu. Il personaggio è diventato così popolare che ha attirato molte simpatie verso il Joe Biden politico. In effetti esaspera alcune delle caratteristiche del neo-presidente: le gaffe, le imprecazioni sfuggite a microfoni ancora accesi, l’affettuosità nei confronti di uomini e donne (che gli è costata più di qualche critica). Insomma un affabile “zio sciocco”. 

VOTE EARLY AND VOTE OFTEN

Il mantra dei democratici durante le elezioni. La prima parte non sembra creare molti problemi: “votate presto” in tempi di Covid-19 significa votare in anticipo, come è consentito fare negli Stati Uniti, con date diverse a seconda dello stato. La seconda parte della frase si presta invece a più letture: è un invito a “votare spesso”, in tutte le elezioni. Tuttavia sembra abbia un’origine non propriamente “civica”: votare spesso agli inizi del Novecento significava votare quante volte si poteva, commettendo una frode elettorale.

WHITE SUPREMATISTS

Donald Trump ha avuto qualche problema a condannarli pubblicamente. Anzi di volta in volta è sembrato strizzare l’occhio a queste “very fine people”. I suprematisti bianchi sostengono che i bianchi siano superiori a tutte le altre razze e quindi dovrebbero dominarle. Negli Stati Uniti è un’ideologia diffusa tra i neo-confederati, i neo-nazisti e in parte tra i cristiani ultra-tradizionalisti. Nel 2017 sono stati i suprematisti a organizzare l’evento a Charlottesville in Virginia come reazione alla rimozione delle statue dei generali confederati, al grido di “Jews will not replace us!”. Il raduno porterà a degli scontri con dei manifestanti a sostegno dei diritti civili e alla morte di una giovane donna, dopo che un suprematista si è lanciato con la macchina in mezzo alla folla pacifica che manifestava. 

[COMFORT] ZONE

È una condizione psicologica in cui ci si sente a proprio agio in un ambiente familiare, con persone e oggetti conosciuti, una realtà autoprotettiva in cui si evitano spiacevoli esperienze di ansia e stress, nell’idea di poter avere il controllo di quanto accade intorno a noi. Nel gergo politico è l’allergia al nuovo e all’inedito, il guscio della politica as usual.


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#Usa2020. L’abbiccì dello scontro che ha fatto Storia ultima modifica: 2020-12-23T12:29:52+01:00 da MARCO MICHIELI
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