Quarantaquattro volte la parola “fratellanza” è inserita nel discorso che compone i tre capitoli e i 287 punti di Fratelli tutti. Lettera enciclica sulla fratellanza e l’amicizia sociale, la terza scritta da papa Francesco. Siamo tutti della stessa carne. Dialogo su “Fratelli tutti” tra un cattolico e un agnostico (Castelvecchi editore) è il saggio che la commenta tramite un confronto serrato tra Riccardo Cristiano e Rocco D’Ambrosio. Il primo è giornalista, agnostico dichiarato, il secondo sacerdote e teologo.
“Parlo anche con te”: queste le parole di papa Francesco, che è il terzo interlocutore di questo saggio, scritto a brevi capoversi sotto forma di botta e risposta tra i due autori. Un dialogo attuale basato sugli avvenimenti attuali. E di avvenimenti in questo triste 2020 ce ne sono stati tanti, purtroppo scanditi dalla pandemia di Covid-19 che avvolge l’intero mondo. E anche se di queste ore è la somministrazione delle prime dosi di vaccino in tutta Europa e, si spera, anche nei paesi più poveri, apprensione e incertezza percorrono ogni categoria di persone.
Una fratellanza anche nella paura del contagio, dunque, quella fratellanza che papa Bergoglio non si stanca di annunciare, spiegare, ricordare a tutti gli uomini, di qualunque religione essi siano. E infatti la Fratelli tutti, firmata ad Assisi sulla tomba di San Francesco il 3 ottobre scorso, nasce da un viaggio, così come un viaggio compì il santo di Assisi per visitare nel 1219 il Sultano d’Egitto tornando dalla V crociata per proporre la pace.
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Papa Bergoglio ha posto le basi per la sua terza enciclica durante l’incontro avvenuto nel febbraio 2019 con il grande Imam della moschea Al-Azhar, Ahmad al Tayyeb: un viaggio ad Abu Dhabi sulla “Fratellanza umana. Per la pace mondiale e la convivenza comune”.
Temi capitali in anni così difficili e in un momento così difficile. Si parte dal rispetto della libertà di coscienza in un universo nel quale l’umanità intera deve convivere, essendo “della stessa carne”. Semplice il ragionamento, e profondissimo assieme: se Dio è padre di tutti, cristiani, ebrei, musulmani e tutti i credenti di altre religioni, il punto di partenza almeno in questo è comune nell’aggrovigliato gomitolo delle esistenze a ogni latitudine.

Cristiano l’agnostico (in questo caso non vale l’omen nomen) e D’Ambrosio il teologo ripercorrono la genesi dell’enciclica e la commentano, senza dimenticare che la terza lettera del Pontefice è l’ideale continuazione della precedente Laudato sii del 2015, dove l’ambiente e la drammatica azione dell’uomo sono legate da conseguenze estreme. E quali conseguenze saranno ancora più estreme in un mondo senza fratellanza? Certo è che non esiste una formula magica né una legge universale che porti alla felicità, alla pace, alla giustizia sociale, in un mondo preda di integralismi, pensieri unici dominanti, discriminazioni, guerre, profughi, pandemia e chi più ne ha…
Solo prendere coscienza di tutti i mali che affliggono l’umanità potrebbe essere un primo passo per liberarci della “negatività” e aprirsi al pluralismo, alla tolleranza, alla conoscenza reciproca. Sogno, certamente, un sogno questo dell’integrazione mondiale soprattutto in momenti come questo, dove sono negati i contatti più elementari, dall’abbraccio alla stretta di mano, figuriamoci realizzare la fraternità universale… Ma, afferma D’Ambrosio, “la negazione della fraternità sta nella nostra testa” e questo concetto è già un promettente inizio; parlando poi di libertà, i due dialoganti toccano concetti profondi, ribadendo che libertà non è fare quello che ci pare ma fedeltà a ciò in cui ognuno di noi crede: e che libertà senza fraternità è solitudine.
Il Pontefice ripercorre le parole di San Francesco e ricorda i principi del Concilio Vaticano II, in un mondo in bilico perenne tra il bene e il male, tra infinite luci e ombre. Può aiutare l’essere umano in questa continua ricerca di equilibrio il poter andare al di là delle barriere naturali e ideologiche aiutati dalla compassione, ad esempio, come già nel corso del XV secolo predicava il vescovo Nicola Cusano, con il motto “una sola religione secondo riti diversi”.
Gli esclusi, gli emarginati: subito ci viene in mente la tragedia dell’emigrazione, figlia di guerre e povertà, diseguaglianze ed egoismi. Esseri umani che vivono con meno di due dollari al giorno in un mondo dominato dalla finanza, che è diventata il metro di tutte le azioni. Una povertà che si è accentuata drammaticamente durante la pandemia, anche nel ricco Nord del mondo.
Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà, distribuzione dei beni, difendere i posti di lavoro, della dignità dei deboli, di un Dio che esige un impegno per la giustizia,
affermava papa Francesco nel 2013, in quel caos che oggi è diventato il Mediterraneo con una migrazione dolorosa osteggiata e disprezzata da atteggiamenti xenofobi alimentati da sovranismo e arrogante nazionalismo, oltre che da frange ciniche di comunità cattoliche imborghesite che criticano il Pontefice e i concetti di accoglienza e diritto al rifugio. In un Mediterraneo costellato a est e a sud da focolai di guerre, che spingono milioni di migranti a fuggire, Riccardo Cristiano – già inviato in Medio Oriente e legato a padre Dall’Oglio scomparso in Siria – afferma che finché “si coopera a incendiare casa loro” è evidente la critica agli atteggiamenti tenuti da un’Europa assente.
Superare il concetto di “minoranza”, rivedere quello di “cittadinanza”, aumentare la qualità di una politica oggi alla ricerca del consenso a ogni costo, che esprime una classe dirigente impreparata, terreno fertile per “forze becere”.

La lezione di Bergoglio interpretata da Cristiano e D’Ambrosio è un corso spirituale sulla fratellanza adatto a ogni essere umano. E bello sarebbe, come affermano, che tutti la leggessero per aprirsi al mondo attraverso una vita di relazione: concetti universali di carità e amore che poco o niente hanno a che fare con gli sdolcinati messaggi lanciati in occasione del Natale, invito forte a passare dall’impegno sociale (grazie alle mille e mille organizzazioni di volontariato) all’impegno politico, e a “stare vicino a chi soffre” non per sfilare sotto le telecamere.
E sì, anche “recuperare la gentilezza”: gentilezza che non sta di casa da queste parti in questi ultimi anni, attraversati anche grazie ai “social” da pensieri che di “social” hanno ben poco. Il punto numero 222 di Fratelli tutti lancia anche questo messaggio, che poi ognuno di noi è libero di interpretare come vuole. Gentile è chi non ferisce con parole e gesti. Affrontare la vita con uno spirito benigno. Liberarsi da ansia e crudeltà. Diventare artigiani di pace, non nascondere i conflitti ma dirimerli iniziando dal proprio ambito familiare.
Questo Papa gesuita, che prima di entrare in seminario ha vissuto la vita del mondo lavorando e osservando, afferma che la “guerra è minaccia costante” e da uomo del nostro tempo allarga il principio di integrazione tra uomini, stati, continenti, lui sudamericano dal nome italiano. Le guerre, i profughi, la povertà… “prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce danni”, cita il teologo riferendo le parole di Francesco.
Guerra genera povertà, attraverso produzione e commercio di armi. Enormi sono i confini dei concetti espressi da Cristiano e D’Ambrosio, fino ad arrivare a quello platonico di metaxy, il saper stare “tra apertura e confronto”. Un’analisi della situazione sociale e politica comune al mondo sconvolto da una pandemia che ha chiuso il cerchio di crisi e disagi, livellando e annichilendo esistenze, mercati, relazioni, in un’umanità priva di speranza e di libertà.
L’agnostico Riccardo Cristiano è grato a papa Francesco per avere “offerto un tetto” al suo pensiero, il credente Rocco D’Ambrosio ribadisce che “la nostra carne” è fatta di umanità che va accentuata da modelli di apertura e condivisione, convivenza fatta di un cammino comune aperto necessariamente ad atei, agnostici, praticanti di tutte le religioni.
Siamo tutti della stessa carne, e sulla stessa barca, come papa Bergoglio ha semplicemente sottolineato durante i riti del Natale.


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