Con il Comitatone del 21 dicembre 2020, finalmente convocato dalla ministra dei trasporti Paola De Micheli, dopo i rinvii dovuti anche all’emergenza sanitaria, sembra sia iniziata una nuova fase nella gestione di alcuni aspetti relativi alla portualità veneziana. Al contrario di quanto proposto dal sindaco Luigi Brugnaro, durante gli ultimi consigli comunali, come quello convocato il 23 novembre scorso, è stata accantonata, si spera definitivamente, l’idea di procedere con lo scavo di nuovi canali in Laguna, necessari, secondo i progetti di Comune e Regione, al raggiungimento della attuale Stazione marittima in città storica, dai futuri approdi di Marghera. Inoltre, si è manifestata la volontà di procedere con la progettazione e realizzazione di un terminal crocieristico esterno alla Laguna stessa, in modo da rendere compatibile l’attività crocieristica con i sempre più delicati equilibri ambientali lagunari.
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Tuttavia, gli accadimenti che hanno caratterizzato la vita della città durante le ultime settimane impongono uno sguardo più ampio in merito al futuro della portualità veneziana nel suo complesso, caratterizzata non solo dal comparto crocieristico, ma soprattutto dal traffico commerciale, con le sue importanti ricadute economiche e sociali su un vasto territorio. Gli eventi meteorologici che oramai hanno messo in luce quanto fragili siano gli equilibri tra le attività marittimo-portuali da un lato e la salvaguardia ambientale e paesaggistica dall’altro, attraverso l’utilizzo del sistema di dighe mobili alle bocche di porto, impongono determinate scelte non più rinviabili, al fine di garantire l’operatività del sistema portuale.
Vi sono altre tendenze, tuttavia, di carattere generale, in grado di condizionare lo sviluppo del porto e dei territori con esso confinanti, non solo a Venezia. Sono tendenze strettamente connesse a dinamiche tipiche dell’economia portuale degli ultimi anni: da più parti si sottolinea come gli interessi delle compagnie di navigazione, che agiscono in un mercato di tipo oligopolistico e che sono impegnate a difendere i propri profitti, rischiano di confliggere con l’interesse generale dei territori sui quali le infrastrutture portuali insistono. In altre parole, si sente forte l’esigenza di un intervento da parte degli attori istituzionali, nel caso dell’Italia le Regioni in primis, al fine di attuare una politica di pianificazione e programmazione in un’ottica sinergica tra le varie istituzioni pubbliche, con l’obiettivo di contrastare e governare tale tendenza, al fine di tutelare l’interesse generale delle popolazioni che abitano quei territori.
Nello specifico della portualità veneziana e alto-adriatica, le ipotesi sul tavolo sono diverse. Tra queste, un’idea per nulla nuova, in circolo da diversi anni, ma che sinora non ha goduto della necessaria considerazione da parte dei diversi attori economici, istituzionali e sociali, prevede una stretta sinergia e integrazione tra i porti di Trieste e Venezia. Una prospettiva, non solo suggerita dalla realtà delle cose, come accennato sopra (cambiamenti climatici, incompatibilità tra gigantismo navale e ambiente lagunare, che rendono incerto il futuro della portualità veneziana, ma soprattutto la necessità di una governance pubblica di fronte al potere oligopolistico delle grandi compagnie di navigazione), ma agevolata anche dal fatto che “oggi per fortuna è possibile ragionare in termini diversi”, come sostiene Mario Sommariva, ex segretario generale del sistema portuale dell’Adriatico orientale – Trieste e Monfalcone – e probabile futuro presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Orientale – La Spezia e Savona:
Non esiste una repubblica marinara dominatrice dei mari e non esiste una piccola realtà impaurita e mossa soltanto dalla volontà di non farsi fagocitare (La Nuova Venezia, 12 novembre 2020).
L’eventualità di collaborazione tra i due scali può essere declinata anche nell’ambito della realizzazione di un’altra soluzione che viene avanzata da diversi anni, previa un attenta valutazione della sua sostenibilità ambientale e fattibilità economica: il porto d’altura, che prevede la costruzione di un porto dedicato al traffico commerciale fuori della Laguna e collegato, tramite navi feeder o infrastrutture fisiche, alla terraferma, al fine di ovviare, naturalmente, ai futuri problemi di accessibilità nautica del porto veneziano. Prospettive che possono eventualmente combinarsi assieme, nella formula di un porto off-shore dove “Trieste guarda a est e Venezia a ovest. Magari con una cabina di regia unica”, come recentemente ha sostenuto il professor Paolo Costa, tra i principali sponsor della soluzione fuori Laguna (La Nuova Venezia, 13 dicembre 2020).


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