“La chiusura dei Musei civici è una scelta politica”. Parla Monica Sambo.

Per la capogruppo del Pd in Consiglio comunale l’idea generale di fondo del sindaco è preoccupante. Perché nella Città d’acqua, “i servizi per i cittadini sono pensati solo in funzione dei turisti”. Mentre in Terraferma ci sono “solo cubature da riempire per far cassa”. “Nessuna idea di sviluppo per il futuro della città” ha dichiarato.
MARCO MICHIELI
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Nell’ultima tumultuosa conferenza stampa, il sindaco ha lanciato strali e attacchi a vari soggetti. Prima però di soffermarsi su quello che ha detto, da un punto di vista simbolico vorrei chiederle che cosa pensa della sede della conferenza stampa: ormai la control room ha sostituito il comune?
Sembra ormai che la control room sia una sorta di quartiere generale dell’azione del sindaco. Talvolta con aspetti risibili, anche secondari ma singolari. Basti pensare che lo stabile in cui si trova la control room è stato ristrutturato male e i vigili vi hanno constatato varie infiltrazioni d’acqua. Quest’aspetto curioso a parte, oggettivamente Ca’ Farsetti già prima del Covid-19 era vuota. Oltre agli uffici che sono rimasti, che non sono tantissimi, la sede è stata completamente svuotata. Un tempo vi si riuniva anche la municipalità di Venezia, Murano e Burano e questo oggi non accade più. La scelta della control room quindi è simbolica ma è una continuazione di questi ultimi cinque anni. Che messaggio trasmette? Una sede istituzionale meno accessibile per la città. La stessa identica cosa è accaduta con il Municipio di Mestre, dove hanno trasformato in “sale di giunta” stanze che erano utilizzate per varie attività della municipalità e non solo.

Il sindaco sembra volerla utilizzare per comunicare un senso di emergenza ai cittadini.
Però non sembra utilizzarla in questo senso. Prendiamo l’esempio di Luca Zaia, quando fa le conferenze sull’emergenza Covid-19. Brugnaro, invece, anche con l’ultima conferenza stampa, l’ha utilizzata in un modo del tutto particolare, lontano da quelle che dovrebbero essere le funzioni di quella sede. 

Quindi la volontà sembrerebbe essere quella di trasmettere un’idea solitaria di comando della situazione?
Sì esattamente. L’idea è che lui e il suo staff possano e sappiano gestire la situazione perfettamente da soli. Un approccio che riguarda anche i suoi stessi assessori che non svolgono la loro funzione. Anche quando si fanno le video conferenze delle sedute, agli assessori stessi è concesso poco tempo. Come con l’ultima conferenza stampa: due minuti per parlare a ciascun assessore, con il sindaco che interviene per far rispettare i tempi strettissimi. E poi lo stesso sindaco che parla a ruota libera per un’ora. Gli assessori si sono limitati ad augurare buon natale e buone feste.

E rispetto ai contenuti di quella conferenza stampa che cosa ne pensa?
A parte gli ultimi minuti sul G20, il sindaco non ha parlato di contenuti. Un’ora di attacchi e offese personali: la colpa è dei Cinque stelle; la colpa è di Martella per l’autorità della Laguna; la colpa è di Pino Musolino, il presidente del Porto, per il mancato scavo dei canali. Non ha parlato nemmeno del Covid-19, se non per dire che la situazione è difficile e per riversare i suoi attacchi contro coloro che, ha detto, criticavano il turismo. Nulla di concreto, nessun programma per la città. Nemmeno nessuna speranza per rilanciare Venezia. Non ha ringraziato le forze dell’ordine e il personale medico e infermieristico, una cosa che ci si attenderebbe in una conferenza stampa di fine anno.

Il sindaco ha però parlato di società partecipate e dei Musei civici.
Sì, ha detto una cosa importante e al tempo stesso preoccupante: le società partecipate del comune devono essere pronte e in funzione solo quando i turisti torneranno. Non una parola sugli enormi problemi del trasporto pubblico locale, dei servizi al cittadino, del patrimonio culturale della città. Ha dichiarato che la scelta di chiudere i musei fino ad aprile è una sua scelta, quasi rivendicandola, perché non ha senso “buttare energie e soldi al vento”. E ha poi aggiunto che è necessario salvare “l’azienda”: cioè la Fondazione Musei Civici. Ha paragonato il Casinò ai Musei civici di Venezia, per dire. Ma la Fondazione non è un’azienda e in questo momento non è in default (per usare un termine aziendalistico). Anche grazie agli oltre sette milioni di euro arrivati dal governo. Vorrei ricordare al sindaco che i musei inoltre sono per legge un servizio pubblico essenziale, patrimonio della città e che dovrebbe essere goduto anche dai residenti. Non solo a servizio esclusivo dei turisti. Ed è profondamente sbagliato pensare che far lavorare curatori, conservatori, archivisti e tutti i dipendenti della fondazione sia uno spreco di energie e di soldi.

ytali ha lanciato un appello contro la chiusura dei Musei civici. Perché il sindaco ha preso questa decisione?
È stata una decisione unilaterale del sindaco che ha aperto una frattura, anche nella maggioranza. Poco tempo fa, a dicembre, la stessa presidente della Fondazione Musei civici Maria Cristina Gribaudi aveva dichiarato: “Noi siamo pronti e siamo pronti a ripartire oggi, non domani, quindi noi non aspettiamo che il momento per riaprire i musei”. Invece la decisione è stata presa, ripeto, unilateralmente dal sindaco, spodestando la Fondazione della propria autonomia, pare addirittura senza averne discusso con la giunta. Ed è una scelta sbagliata.

L’assessore Michele Zuin ha giustificato la decisione con la necessità di matenere gli equilibri di bilancio. Sotto quali aspetti invece lei la giudica una scelta sbagliata?
Lo è da due punti di vista. In primis, perché come ho detto i musei sono un servizio pubblico essenziale e in quanto tale le aperture non devono essere legate alla sola fruizione turistica. Sono patrimonio di Venezia e del mondo. Inoltre è necessario ripensare alla funzione anche sociale dei musei, aspetto evidentemente lontanissimo dalla gestione e dalle volontà di questa amministrazione che in questi anni ha diminuito le aperture e gli orari (tranne che a Palazzo Ducale per una sola logica economica). In secondo luogo è una scelta sbagliata perché per rilanciare Venezia e un nuovo modello di turismo, superata l’emergenza sanitaria si dovrà ripartire proprio dalla cultura e dai musei. La gravità della scelta riguarda anche la decisione di mettere in cassa integrazione tutti i lavoratori, anche quelli della Fondazione, con conseguente interruzione di tutte le attività scientifiche, di conservazione e programmazione. Scelta che non solo pone dubbi sulla conservazione stessa del nostro patrimonio artistico e culturale ma rischia di compromettere la ripresa stessa delle attività della Fondazione. E questo, come detto, nonostante il governo abbia stanziato più di sette milioni di euro solo per i musei civici di Venezia, contribuendo a garantire la tenuta economica della Fondazione anche in questa fase delicata. È evidente che la scelta di chiudere i musei e di interrompere le attività rispecchia perfettamente la volontà politica di questa amministrazione che già durante l’estate aveva adottato una politica di riduzione drastica delle aperture a differenza delle altre grandi città italiane.

Nelle altre città italiane avviene diversamente?
Tutte le altre grandi città italiane si stanno preparando alla riapertura dei musei, al rilancio delle città, a una nuova offerta culturale proprio ripartendo da questo periodo drammatico anche per attrarre di nuovo visitatori anche interrogandosi sulla funzione sociale dei musei. Venezia invece sta aspettando che torni il turismo. Senza invece cercare di attrarre un nuovo tipo di visitatori in questa città. Senza fare alcuno sforzo per lavorare insieme ai lavoratori (a partire da quelli dei musei) e ai residenti per riscoprire e valorizzare il nostro enorme patrimonio artistico culturale.

E sui trasporti?
Anche sui trasporti il sindaco non è stato chiaro durante la conferenza stampa. Anche sul “buco” di Avm, alla domanda di un giornalista sulla dimensione e sul ripianamento, il sindaco ha glissato. Però l’azienda ha 39 milioni di euro in meno tra mancati introiti dalla bigliettazione. La risposta è stata “ne parleremo a tempo debito”. Perché nel frattempo sono arrivati gli storni dal governo. Però, ribadisco, è l’idea di fondo che è preoccupante per la città: i servizi per i cittadini torneranno a funzionare quando ritorneranno i turisti. Nessuna prospettiva per la città.

Di fronte a questo tipo di “show” non nuovo, c’è secondo lei una debolezza che l’opposizione può sfruttare?
Quando arriva a questi livelli lo fa a volte perché è in difficoltà. Pensiamo al famoso consiglio sui Pili con le offese personali a me e ad altri. Quando non ottiene quello che vuole s’innervosisce. Sulla decisione del Comitatone il sindaco ha perso e questo non sembra averlo reso contento. Il Vittorio Emanuele non si scava: ed era uno dei suoi capisaldi. Deve essere sottolineato che il no agli scavi è una sconfitta enorme per Brugnaro. Ovviamente vedremo i prossimi comitatoni: possono cambiare i governi così come le sensibilità. Però oggi ha perso. Da qui, secondo me, la sfuriata. Perché per il sindaco il dialogo si basa sull’idea che l’opposizione debba dargli ragione. Non accetta le contrapposizioni.

Il sottosegretario Andrea Martella è stato duramente attaccato dal sindaco Brugnaro durante la conferenza stampa di fine anno.

E poi c’è la questione dell’autorità della Laguna.
Il sindaco è particolarmente infastidito dalla questione delle nomine, nella quale non è entrato per nulla in gioco. A mancanza di protagonismo poi cerca di sopperire anche in maniera ridicola. Come il caso del G20. Sembra quasi che il sindaco di Venezia abbia deciso la sede dell’incontro internazionale. 

Quale è il vostro ruolo di opposizione di fronte a questo?
Il sindaco cerca di sviare dai problemi e quindi il nostro ruolo è quello di ritornarci e continuare a insistere. Con serietà e senza utilizzare i toni che utilizza nei nostri confronti. Altrimenti la discussione rimane sempre su di lui. E a suo vantaggio. Ma soprattutto è necessario trasmettere e progettare insieme alla città una nuova idea di sviluppo.

Su quali questioni il Partito democratico e l’opposizione dovrebbero incalzare il sindaco nei prossimi mesi?
Il tema principale nei prossimi mesi è il Recovery Fund. Non sappiamo ancora che cosa il comune abbia presentato, perché alla nostra richiesta di accesso agli atti non è stata data ancora soddisfazione. Se, come sembra, c’è la costruzione del nuovo stadio della città, francamente mi pare problematico. In un momento di crisi sanitaria ed economica, l’unica cosa che siamo venuti a sapere è che il comune ha chiesto i soldi per lo stadio. Non sappiamo nulla se hanno chiesto finanziamenti per un piano di bonifica nell’area di Marghera, per la riqualificazione di molte aree a Venezia e in Terraferma o per affrontare il problema della residenzialità. 

Un tema particolarmente sensibile per la città d’acqua. Sulla residenzialità l’opposizione che cosa propone di fare?
Bisogna intervenire con forza per quanto riguarda l’investimento per l’edilizia pubblica, ci sono ancora troppe case vuote e abbandonate in capo al comune o all’Ater, che devono essere ristrutturare e assegnate. Da poco abbiamo fatto una proposta che prevede una sorta di ufficio per le locazioni che prevede accordi con le associazioni di proprietari e inquilini per la stipula di contratti a canone concordato offrendo garanzie per i mancati pagamenti degli affitti. Inoltre per ripopolare la città bisogna anche investire su nuovi tipi di lavoro che consentano di rimanere in città. Significa rilanciare la città anche investendo su un certo tipo di turismo che consenta di non tornare al passato. 

E per quanto riguarda la Terraferma, dove il centrosinistra ha sofferto molto da un punto di vista elettorale?
Il nodo è Porto Marghera. Negli ultimi cinque anni il comune e la regione, proprietari dei cento ettari delle ex aree Syndial, non hanno saputo farci nulla. Erano aree destinate a nuovi imprenditori per la quale era stata creata una società, mezza regionale e mezza comunale, che di fatto è stata poi liquidata. Quindi adesso si deve ripartire da zero. E di quei cento ettari che potevano essere utilizzati per aprire nuove aziende non se ne è fatto nulla. A Mestre invece il tipo di sviluppo che questa giunta ha realizzato è un po’ quello degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso: la costruzione indisciplinata di palazzoni a funzione alberghiera. Alberghi che oggi sono vuoti. Fino al paradosso che gli alberghi a Ca’ Marcello oggi sono stati anche vuotati dei mobili. Alla fine il sindaco ha un’idea che, in maniera un po’ greve, riassume con questo suo riferimento continuo al detto sull’“articolo quinto”.

Che cosa sarebbe questo “articolo quinto”?
“Articolo quinto, chi che ga li schei ga vinto”. Il sindaco ama ripeterlo fino alla nausea, pensando di utilizzare un’espressione che suscita simpatia. Ma dietro quest’espressione c’è l’intera impostazione della sua amministrazione e la sua idea di sviluppo della città: cubature da riempire per fare cassa. Dai Pili a San Giuliano, da Ca’ Marcello al resto di Mestre. Si può fare riqualificazione con la costruzione di un albergo? È semplice speculazione immobiliare. Anche sull’ospedale Umberto I, l’idea di creare una zona commerciale davvero corrisponde a una riqualificazione del territorio? Per noi, no. Mestre ha bisogno di una riqualificazione profonda, anche per favorire il ritrovo sociale. Anche il problema dello spopolamento di Mestre, che c’è, non è assolutamente preso in considerazione da questa amministrazione. Un’assenza di progettualità che investa anche la cultura. Al Centro Candiani sono state fatte mostre che hanno accolto meno di mille visitatori. Significa che l’offerta culturale non è adeguata.

L’area dei Pili a Marghera

Marco Gasparinetti, consigliere comunale della lista civica Terra e Acqua 2020, ha parlato di “maggiore capacità di ascolto del sindaco attualmente” rispetto al primo mandato. C’è coordinamento tra le varie opposizioni?
Il Covid-19 complica molto la possibilità di coordinamento, anche per semplice ragioni tecniche. Le attività di voto stesso sono molto più difficili. Siamo tuttavia riusciti a fare delle cose assieme, anche nel rispetto delle differenze che ci sono tra di noi. Esiste però un minimo comune denominatore consistente tra di noi. Sarà uno dei grandi lavori da fare nei prossimi anni. 

Quale relazione avete con la sola municipalità rimasta in mano al centrosinistra?
Marco Borghi sta lavorando molto bene, anche con gesti simbolici come la rinuncia al mese di gettone di presenza per far dei buoni acquisti per persone con difficoltà economiche. Ha anche dato segnali di apertura all’opposizione di centrodestra, dando la vice-presidenza a un esponente della Lista Brugnaro. Si comporta in maniera corretta e condivisa. Un atteggiamento molto diverso da quello che il sindaco riserva per l’opposizione a livello comunale. Sul bilancio poi la municipalità ha dato anche prova di estrema professionalità. Ovviamente il sindaco di fronte a queste cose non si è astenuto dai soliti commenti. Nella conferenza stampa ha parlato del buon lavoro che farà assieme alle municipalità, “tutte tranne una”. Appunto la municipalità di Venezia, Murano e Burano. I presidenti della municipalità oggi tornano a essere centrali, tutti tranne uno. Dopo aver dichiarato che le municipalità erano “carrozzoni” da eliminare.

Sul Covid19, come giudica la gestione dell’emergenza da parte del presidente della regione Luca Zaia?
Da un punto di vista mediatico è innegabile Zaia abbia investito molto. Però al di là dell’iper-presenza ha avuto atteggiamenti ambigui passando dalla volontà di riaprire tutto all’esatto opposto. Ci sono stati degli scontri con Crisanti e il mondo scientifico. Da ultimo la volontà di non pubblicare più i dati sul Covid-19 divisi per comune. Di problemi però ce ne sono molti come vediamo in queste settimane in Veneto, anche in relazione all’attuale situazione di crisi nelle terapie intensive e all’aumento esponenziale dei contagi. 

“La chiusura dei Musei civici è una scelta politica”. Parla Monica Sambo. ultima modifica: 2021-01-05T15:09:08+01:00 da MARCO MICHIELI
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