L’appello contro la chiusura dei musei civici veneziani apparso su ytali e la sua risonanza internazionale hanno invitato l’amministrazione comunale e la cittadinanza a ripensare il rapporto che intercorre tra la città e le sue istituzioni culturali, soprattutto nello sforzo di guardare oltre una prospettiva che veda la città vivere solo di turismo o in funzione di esso.
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Da più parti si è osservato che Venezia non può che rilanciarsi come città dell’innovazione e della cultura, stringendo un forte legame con la formazione, la ricerca, e pertanto con le università e i numerosi centri di ricerca che ospita e che potrebbero incrementarsi se si percorresse con determinazione questa strada. Ciò darebbe impulso alla rivitalizzazione della popolazione e a un ampliamento della residenza, richiamando persone e investimenti anche privati e internazionali. Per far ciò è indispensabile che si scelga di promuovere concretamente politiche culturali creative e intelligenti, investendo adeguate risorse, e si cambi radicalmente rotta rispetto al presente.

Se dunque i musei, con tutto il lavoro di incremento, promozione, studio, che sta dietro all’esposizione dei materiali nelle sale, fanno parte di un sistema culturale intimamente connesso che non può essere chiuso solo per mancanza di turisti, interrompendo i legami col territorio, non è meno grave ciò che sta succedendo alle biblioteche di ricerca e di studio.
Si tratta di un altro aspetto critico di questa situazione, meno appariscente, ma non meno cruciale.

Su alcune di queste biblioteche, e in particolare su quella legata alla Fondazione Musei Civici, la Biblioteca Correr, è calato un silenzio inspiegabile: è infatti chiusa dal novembre 2019 a causa di lavori di adeguamento degli impianti antincendio e non si sa quando potrà riaprire. Il personale, al pari di tutto il personale della Fondazione dei Musei, è posto in cassa integrazione a spese dello Stato e non sta svolgendo quindi neppure tutte quelle altre funzioni che, pur in periodo di chiusura, potrebbero essere portate avanti. Si pensi alla catalogazione, allo studio e valorizzazione dei fondi, alla partecipazione a progetti e bandi di finanziamento di attività specifiche. Inutile ricordare poi che la biblioteca dovrebbe anche costituire il cervello pensante di un’istituzione museale. A causa Covid sono inoltre chiuse tutte le altre biblioteche legate alla Fondazione dei musei (Casa Goldoni, palazzo Mocenigo, Ca’ Pesaro, Museo di Scienze Naturali)

Come nel caso dei musei, si tratta di una mutilazione di un sistema interconnesso: si ricorda che Venezia conserva un patrimonio inestimabile di collezioni librarie e documentarie, che in anni recenti si sono coordinate per offrire una più ampia e aggiornata conoscenza dei beni custoditi e facilitare la ricerca e l’accessibilità, collaborando a progetti locali, nazionali e internazionali, anche grazie all’ausilio delle nuove tecnologie.
È inoltre utile ricordare che la Biblioteca del Museo Correr, la Biblioteca Marciana, la Querini Stampalia, la Biblioteca della Fondazione Cini (anche questa chiusa nuovamente senza previsioni di apertura e con il personale in cassa integrazione e con il taglio dei contratti di collaborazione), sono meta abituale di un’utenza straniera di eccellenza, che vi trova documenti fondamentali per lo studio della civiltà occidentale e del bacino mediterraneo, incrocio di culture e di scambi di varia natura.

Chiuderle significa mutilare una parte importante di un sistema culturale complesso, mortificare le competenze di tanti operatori qualificati, privare la città di uno sviluppo occupazionale che permetterebbe a molti giovani formatisi nelle università locali di lavorare e vivere, nonché impedire a studiosi di proseguire ricerche, produrre conoscenza, nonché azzerare un “turismo” della conoscenza che era solito venire a soggiornare a Venezia.

La città ha bisogno di essere al centro di un progetto culturale che la rilanci attraverso la promozione delle competenze specialistiche, di alta qualità, in grado di attrarre giovani e investitori, coniugando saperi umanistici e cultura scientifica, che trovano nelle biblioteche specialistiche, nei centri di ricerca e negli archivi il cardine di questo motore di sviluppo.
Per fare questo serve inoltre ripensare radicalmente la natura delle Fondazioni che agiscono da privati utilizzando fondi pubblici e gestendo beni come il patrimonio librario, documentario, storico e artistico che sono di natura fondamentalmente pubblica e civica e perseguendo una prospettiva che non sempre sembra avere come fine il bene comune, la diffusione e la valorizzazione del sapere e delle conoscenze.

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