In Spagna può accadere che un tribunale civile, deliberando sulla base di una querela di parte per lesione all’onore, condanni una testata giornalistica pur sancendo in sentenza che la notizia “non riportava voci né invenzioni”, “venne verificata documentalmente e le fonti erano affidabili” e che “c’è stata una dovuta e ragionevole diligenza dell’informatore nel verificare una notizia di rilevanza pubblica”.
Questa brutta e preoccupante vicenda è accaduta alla nostra “testata amica” Contexto (CTXT) e il fatto, oltre che rappresentare una grave lesione del diritto di cronaca e di opinione, ci dice molto dello stato della giustizia, e di quello del giornalismo, in Spagna. La sentenza Nº 253/2020, emessa dalla giudice Ana Mercedes Merino Melara, oltre che al risarcimento dell’onore del querelante per 5000 euro (la richiesta era di 72 mila) e alla cancellazione dell’articolo, sancisce per CTXT, e questo aspetto della vicenda è particolarmente inquietante, una vera e propria censura preventiva attraverso la diffida a “astenersi dalla divulgazione e pubblicazione di qualsiasi informazione relazionata con la notizia che ha dato origine al presente procedimento che non sia il rigoroso adempimento della presente sentenza”. Anche solo fare il nome del querelante può determinare per CTXT ben più pesanti sanzioni per non aver ottemperato a un ordine giudiziario.
Per ricostruire i fatti bisogna risalire al 2016. Nel giugno di quell’anno CTXT pubblica un articolo nel quale il giornalista Francisco Pastor, condannato assieme alla testata e al direttore, informa che l’attore Antonio Resines, allora presidente della Academia de cine, a sole due settimane dall’evento di quell’anno aveva fondato una società privata per gestire in esclusiva i diritti dei Premi Goya. Nel pezzo vengono riportate le verifiche documentali e diverse dichiarazioni di altri componenti dell’Accademia e della sua giunta direttiva molto critiche con le modalità “segrete” dell’operazione, senza cioè che gli altri membri della giunta ne fossero a conoscenza.
La mattina successiva arriva una telefonata dell’attore che, infuriato, minaccia di far chiudere la testata e presentare una denuncia penale se la notizia non fosse stata eliminata. Dalla redazione spiegano che le notizie erano verificate e che il problema non erano loro ma semmai la reazione dei membri dell’Academia alla gestione dell’operazione; che da lì proveniva la comunicazione alla stampa della notizia e parte della documentazione a conferma; che il giornalista aveva inutilmente tentato di interpellare Resines per sentire la sua versione e che questi si era negato; che, infine, non avrebbero levato la notizia ma ne avrebbero modificato il titolo che tanto lo aveva colpito (“Resines ‘privatizzò’ il Gala dei Goya e c’è chi chiede la sua testa per questo” diventa “Resines creò un’impresa per sfruttare i Goya”) e che avrebbero volentieri accolto e pubblicato una sua versione dei fatti. Fu l’unica volta che si sentirono direttamente e Resines non inviò la sua versione. Qualche giorno dopo arrivò un testo dell’ufficio stampa dell’Academia in 21 punti, sintetizzati a sei nel corpo dell’articolo con un link, nel sommario del pezzo, alla versione estesa.
La settimana successiva alla pubblicazione, il 13 luglio, Antonio Resines presentò le sue dimissioni da presidente della Academia de Cine con una lettera nella quale le definiva “irrevocabili” e motivate
in base a serie divergenze con parte della giunta direttiva che hanno reso impossibile negli ultimi mesi il lavoro quotidiano della terna presidenziale nell’istituzione.

Alla fine del mese arriva al domicilio della rivista la comunicazione della denuncia penale di Antonio Fernández Resines che reclama 600.000 euro di indennizzo per ingiuria e lesione all’onore, contro Revista Contexto S.L, il direttore, il giornalista, il primo amministratore unico della testata, che già non lavorava più lì, e addirittura contro la redattrice che aveva editato il testo, il cui nome figurava nella manchette e che era stato erroneamente ritenuto dall’avvocato di Resines quello dell’editore. Resines si impegnò a far sapere alla stampa che aveva presentato una denuncia penale, ottenendo subito due risultati: mettere in pericolo e a rischio chiusura la rivista che pubblicò quello che altri non si azzardarono a pubblicare e mandare un chiaro segnale ad altri media di quanto fosse rischioso parlare del fatto. Nel settembre 2016 in Tribunale di Madrid rigettò la richiesta non individuando indizi di delitto nella pubblicazione dell’informazione.
Il noto attore non si fermò e si rivolse alla giustizia civile chiedendo questa volta 72 mila euro di danni. L’udienza preliminare si tenne a ottobre, in piena seconda ondata dell’epidemia da Covid-19. La giudice, assegnata al caso all’ultimo minuto per gli stravolgimenti del calendario dovuti all’epidemia, riconobbe che non aveva avuto il tempo di leggere nulla, neanche l’articolo, interrogò un testimone di Resines e accolse la querela.
Scorriamo velocemente i protagonisti di questa vicenda. Antonio Resines è un notissimo attore di cinema, televisione e teatro, tra i prediletti del regista David Trueba, con un rassicurante volto da “persona normale”, spesso impegnato in ruoli da ex marito (molte volte di Carmen Maura) e di padre di famiglia.
La Academia de las Artes y las Ciencias Cinematográficas de España (meglio nota come Academia de cine) è un’istituzione di diritto privato fondata nel 1986 che ha come obbiettivo statutario la promozione del cinema spagnolo, la difesa dei professionisti del settore, l’analisi della situazione dell’industria cinematografica, l’interlocuzione con le istituzioni. Seleziona le opere spagnole per le candidature all’Oscar come film straniero, assegna la Medaglia d’oro dell’Accademia alle personalità che si sono contraddistinte ogni anno in ambito cinematografico, organizza i Premi Goya.
I Goya sono l’equivalente dei nostri David di Donatello con in più quella grandeur di stampo francese e quell’atmosfera che può dare un premio consegnato davanti a una famiglia reale. Smoking di rigore per i signori e abiti di gala per le signore, i Goya premiano il cinema spagnolo, attori e attrici, registi, sceneggiatori e tutto il comparto della vivace scena cinematografica spagnola.
Contexto è la testata on-line diretta e fondata da Miguel Mora, ex corrispondente di El Paìs da Lisbona, Roma e Parigi, quotidiano da cui si è allontanato nel 2014 in disaccordo con le politiche aziendali sui licenziamenti messi in campo in quegli anni dall’editore. È una rivista di carattere decisamente progressista, nata con un prestigioso comitato editoriale internazionale, presieduta ad honorem dal filosofo e linguista Noam Chomsky, con un programma editoriale teso alla difesa e alla produzione di un giornalismo totalmente indipendente dal potere economico e politico e rispettoso della deontologia professionale, il che non esclude, anzi, la presa di posizione su fatti della politica e della società spagnola. Il racconto giornalistico della Spagna da parte di CTXT è libero e offre su molti temi una voce quasi unica, diversa e opposta all’uniformità del sistema informativo spagnolo su questioni come la crisi catalana, i nazionalismi locali e quello centralista, lo stato della democrazia spagnola, il ruolo dei media e delle società di borsa nella formazione delle scelte politiche, la casa reale. Recentemente, con un consorzio di testate indipendenti, ha commissionato a un istituto specializzato un’approfondita indagine demoscopica sul re e sulla monarchia spagnola, rompendo un colpevole silenzio di anni da parte delle istituzioni preposte e del giornalismo.

Anche in quest’occasione la grande stampa spagnola si è limitata a riportare gli avvenimenti senza approfondirli, attenta a non disturbare troppo figure e industrie dell’intrattenimento, le cui reazioni possono essere pericolose. Né, in occasione della sentenza, ha espresso solidarietà o preoccupazione per l’inaccettabile censura preventiva imposta a CTXT. Forse la critica al sistema dell’informazione come problema della democrazia spagnola portata avanti dalla rivista nel suo progetto editoriale e nella pratica quotidiana, il continuo lavoro di traduzione del racconto che la grande stampa fa del paese, e di disvelamento degli interessi che tutela, spinge meno alla solidarietà e alla responsabilità riguardo alla libertà d’informazione. Come la sentenza afferma, infatti, la notizia “ha avuto una scarsa eco nella stampa seria (sic)” e così è stato per la condanna. Non per i sindacati dei giornalisti spagnoli e per l’Associazione internazionale dei giornalisti che ha denunciato la condanna della rivista “per lo stile di redazione di una notizia”.
Agustín Yanel, segretario generale della Federazione dei sindacati di giornalisti (FeSP), ha sottolineato come
Sorprende che una giudice riconosca che la rivista ha agito correttamente nel pubblicare un’informazione di interesse generale ma allo stesso tempo la condanni a non pubblicare in futuro nulla che sia in relazione con questa notizia. È una decisione contraria al diritto costituzionale a comunicare informazioni veritiere.
L’associazione di giornalisti del sindacato UGT ha espresso la sua solidarietà ai colleghi e alle colleghe di CTXT, indicando come “la magistrata potrebbe stare partecipando a un attacco alla libertà di opinione”. La Federación de Asociaciones de Periodistas de España (FAPE) ha dichiarato che “non si può limitare il diritto a informare su un fatto concreto conseguente a un procedimento giudiziario. Pertanto bisogna considerare la decisione giudiziaria come una censura a informare su un fatto specifico. L’imposizione di una censura preventiva comporta una minaccia alla libertà d’informazione impropria per un paese democratico”.
Quello che questa notizia ci dice sulla giustizia spagnola giunge a conferma di grandi criticità emerse negli ultimi anni. Oltre alla censura preventiva e al risarcimento del querelante, la rivista è stata condannata alla pubblicazione a sue spese della sentenza sulle testate El Paìs e El Mundo: un impegno economico che, unito alle alte spese legali, rischia di chiudere per sempre un’esperienza giornalistica importante. Una voce indipendente che da tempo analizza e denuncia limiti e problemi della giustizia spagnola, l’interventismo nell’autonomia della politica, l’essere legata a una rigida selezione di classe e alla cultura pre-democratica spagnola.

La sentenza giunge dopo la condanna alla rivista satirica Mongolia per l’uso dell’immagine di una figura pubblica non apprezzata dal protagonista. Quello che avviene, nell’accettazione dei tribunali, è l’utilizzo gli strumenti della giustizia civile per silenziare il diritto di cronaca e di opinione. L’argomentazione della sentenza non condanna per aver pubblicato il falso, ha anzi sancito che i fatti erano veri, non perché nel pezzo ci fossero insulti ma perché “la forma di redigerlo manifesta un’intenzione che colpisce il ‘prestigio professionale’” del conosciuto attore. Una questione di stile, dunque. Frasi come “maneggiare i fondi” esprimono secondo la giudice un’idea di “macchinazione e intrighi”. Come prova di questo teorema la sentenza produce un tweet (uno, con un solo like e nessun retweet) di un utilizzatore della piattaforma che riportava e commentava la notizia nel 2016. Un criterio che, se applicato all’insieme della produzione giornalistica spagnola, essa sì prodiga di rumori e insinuazioni riportati senza verifica delle notizie, porterebbe alla cancellazione di buona parte degli articoli prodotti, ma che, contro le testate rappresentative dei poteri economici spagnoli, non verrebbe preso in considerazione, perché applicazione del diritto di cronaca, dagli stessi tribunali che, invece, condannano una testata libera e irriducibile a ogni cordata come CTXT.
CTXT, che ha riportato in un articolo la sentenza, “Una jueza condena a CTXT por vulnerar el honor del famoso actor XXXXXXX XXXXXXX”, senza fare il nome di Resines, farà ricorso davanti alla Audiencia Provincial de Madrid, ritenendo inaccettabile che qualsiasi istanza giudiziaria possa qualificare un’informazione certa, elaborata secondo i parametri deontologici del giornalismo, senza contenere offese personali, come un vulnus al diritto all’onore e alla dignità professionale. Informare è pericoloso, spiegano in un editoriale.
Le querele temerarie sono, in Spagna come in Italia, un problema che meriterebbe di essere affrontato con un’apposita iniziativa legislativa, costituendo un forte strumento di limitazione per via economica del diritto all’informazione, soprattutto per le testate medio piccole, fulcro della pluralità giornalista, e per i giornalisti free lance. In Italia, in genere, i giudizi riconoscono il diritto a informare, anche se spesso i costi legali costituiscono una mazzata per le testate e i giornalisti coinvolti. In Spagna lo sono anche le sentenze.

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