[PORTO]
In Portogallo si sono tenute le elezioni presidenziali nei giorni in cui i nuovi casi di Covid-19 aumentano drammaticamente nel paese, e nonostante il nuovo rigido confinamento imposto dal governo Costa.
Marcelo Rebelo de Sousa è stato riconfermato ieri presidente della Repubblica portoghese con il 60,7 per cento dei voti in suo favore. Giurista e giornalista, il presidente settantatreenne, già eletto nel 2016 con il 52 per cento dei voti, gode di un buon consenso nel paese e, come previsto da tutti i sondaggi, ha vinto queste elezioni, le decime democraticamente svoltesi dal 1976. Elezioni svoltesi, eccezionalmente, in pieno confinamento.
Il Portogallo, che solo la scorsa settimana ha registrato 74 mila nuovi casi di Coronavirus, divenendo il paese con maggior numero di infettati per milione di abitanti è stato di fatti letteralmente travolto dalla “seconda ondata”. Il paese che prima dell’estate sembrava essere riuscito a evitare la catastrofe e che era da più parti lodato per la gestione della pandemia, negli ultimi mesi ha introdotto restrizioni sempre più stringenti (come il coprifuoco alle 13 nei fine settimana) che non sono però riuscite a evitare un nuovo lockdown totale, in vigore dal 15 gennaio. Come a marzo e aprile, i cittadini possono uscire solo per recarsi al lavoro, per motivi di salute o per fare la spesa.
E ieri – eccezionalmente – per andare a votare. Solo ieri, gli spostamenti fra comuni, normalmente vietati, sono stati consentiti per permettere ai cittadini di recarsi alle urne.
Nel generale timore di un astensionismo di massa, si era anche ipotizzato di posticipare le elezioni, opzione vista con favore da non pochi cittadini, ma ha poi prevalso l’idea di non modificare la data: non sono pochi anche quelli che sostengono che qualsiasi attività che restituisca un aspetto di normalità alla vita quotidiana vada mantenuta e sostenuta. Circa 197 mila cittadini hanno approfittato del voto anticipato (un numero più alto rispetto al passato), mentre le elezioni si sono svolte rispettando le regole del distanziamento e della sanificazione. Ognuno ha portato la propria penna e il disinfettante da casa, le file ci sono state in diversi centri, con attese anche di 30-60 minuti, senza proteste.

Certo, l’astensionismo è stato molto alto (60,5 per cento), superiore alle aspettative, ma non ha raggiunto i livelli ancora più allarmanti prospettati da alcuni analisti che parlavano del 75 per cento. Inoltre, il dato dell’astensionismo non può essere spiegato solo alla luce dell’attuale pandemia: nelle ultime elezioni presidenziali del 2016 aveva già superato il 50 per cento e nel 2011 addirittura il 53 per cento. Significativa appare l’affluenza al voto dei portoghesi residenti all’estero, soprattutto in Francia (dove ci sono più di 400 mila portoghesi registrati), Brasile, Venezuela e Angola (a Luanda, solo nel corso della mattina, hanno votato 150 persone, un numero superiore rispetto alle elezioni del 2016).

Dopo Marcelo Rebelo de Sousa (o semplicemente “Marcelo” come lo chiamano in Portogallo) che rappresenta la vittoria di un centrismo moderato, la candidata che ha ottenuto più voti è stata Ana Gomes (12,9 per cento), esponente del Partito Socialista, al governo in questi anni; seguita da André Ventura leader che si definisce “antisistema”, a capo del partito di estrema destra Chega! (che in italiano significa “basta”). Ventura, ammiratore di Trump e vicino ai movimenti populisti europei, ha visto i suoi consensi crescere costantemente negli ultimi mesi: è infatti passato dall’uno per cento delle elezioni legislative del 2019 all’11,9 per cento di ieri, un trionfo. Solo quinto posto, invece, per Marisa Matias, deputata al parlamento europeo per il Bloco de Esquerda che ha ottenuto il 3,9 per cento dei voti (contro il 10 per cento del 2016).

L’astensionismo, certamente principale preoccupazione di queste elezioni in tempi di pandemia, è stato combattuto in campagna elettorale da tutti i candidati, in ogni discorso, con costanti appelli in televisione e sui social, per incoraggiare la popolazione al voto. Ieri mattina anche il primo ministro António Costa ha twittato:
As urnas estarão abertas entre as 8h e as 19h (sem interrupção) em todo o território nacional. “Votar é um direito fundamental e um exercício de cidadania. Não o fazer é deixar que outros decidam o nosso futuro”.
Le urne saranno aperte dalle 8 alle 19 (senza interruzione) in tutto il territorio nazionale. “Votare è un diritto fondamentale e un esercizio di cittadinanza. Non farlo significa lasciare che altri decidano il nostro futuro”.

Se l’astensionismo è un vecchio timore della classe dirigente nazionale, quest’anno l’organizzazione delle elezioni in pieno confinamento significava una sfida ulteriore, considerando anche che i cittadini portoghesi sono stati chiamati al voto proprio il giorno in cui il numero di decessi e di contagi batteva un nuovo, triste, record (274 morti e 15.333 casi nelle 24 ore precedenti il voto). Nonostante il confinamento già in vigore, gli specialisti affermano che i numeri continueranno ad aumentare almeno per altre due settimane e che nel paese è stata già riscontrata la presenza della variante inglese e di quella sudafricana.
Questo ha fatto sì che negli ultimi giorni, in tv e nei giornali, ai massicci inviti per recarsi a votare si alternassero campagne di sensibilizzazione per spingere i cittadini a restare a casa (“fique em casa” lo slogan già usato negli ultimi mesi). Come ha ammesso la stessa ministra della salute, Marta Temido, il sistema sanitario nazionale è ora in serissima difficoltà e rischia il collasso.
È una situazione di rottura, di calamità, di disastro, quasi di medicina della catastrofe. Non si è mai vista una cosa simile. È una tragedia,
afferma Carlos Robalo Cordeiro, direttore del servizio di pneumologia del Centro Hospitalar e Universitário de Coimbra (CHUC).

La situazione è grave soprattutto negli ospedali della regione di Lisbona e del centro e, sostiene sempre il Professor Cordeiro, non saranno sufficienti due settimane di confinamento, e ben presto queste strutture saranno costrette a inviare i propri pazienti all’estero.
Ieri l’ospedale di Évora ha annunciato di avere bisogno di più infermieri, mentre l’ordine dei medici ha rivolto un appello al Ministero della salute affinché diffonda dati veridici sulla reale, drammatica situazione delle strutture ospedaliere portoghesi.
Dopo il risultato del voto, in tarda serata Marcelo Rebelo de Sousa ha lasciato la sua casa di Cascais (non vive nel palazzo presidenziale) e ha raggiunto Lisbona, da solo, guidando la propria macchina. Qui, dalla facoltà di Diritto si è rivolto alla nazione: ha parlato di ricucire le ferite, di ricostruire il paese da un punto di vista economico e sociale e ha affermato come la priorità assoluta dei prossimi mesi sia proprio, inevitabilmente, la lotta alla pandemia.
Da marzo dello scorso anno in Portogallo, che conta dieci milioni di abitanti, sono morte più di diecimila persone. Con l’esplosione della crisi sanitaria, il secondo lockdown che rischia di infliggere un colpo durissimo all’economia – l’aumento drastico della disoccupazione e delle imprese che chiudono è già evidente – e un governo senza la maggioranza assoluta in parlamento, il presidente appena rieletto per i prossimi cinque anni si troverà ad affrontare delle sfide veramente enormi.


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1 commento
Ottimo, chiaro, inevitabilmente allarmante
Alberto F.