Saprebbe di vergogna il tentativo di ritenere chiusa, quindi definitivamente risolta, la brutta vicenda che ha visto un’assessora della giunta regionale del Veneto declinare, con la copertura di chi ha accettato le sue scuse, l’episodio dell’allegra cantata in radio di Faccetta nera come gioco spensierato in un momento di vomitevole allegria.
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Troppo, perché troppo affidato all’ipocrisia, che in politica è ancor più malefica rispetto ad altri contesti. Quello del dolore e dello strazio non può essere terreno in cui continuare a seminare e coltivare ambiguità, che ambiguità non sono affatto. Nell’intervista rilasciata da Zaia a la Repubblica ciò che colpisce è la colossale mistificazione di voler far credere che la Lega, la Lega di Salvini, sia il baluardo dell’antifascismo militante, anzi della frontiera più avanzata contro l’antisemitismo. Tra l’altro, penosa, e più che rivelatrice, l’affermazione “nella mia famiglia c’è chi è stato partigiano”, perché ricorda il “ma io non sono razzista”, excusatio non petita propria di chi è razzista.

Oltretutto, quello sbandierare dei suoi saperi sull’ebraismo veneziano, sulla storia culturale ebraica, sulle sue conoscenze personali con esponenti politici e religiosi del mondo ebraico, sa di patetica improvvisazione del tipo comunicazioni surreali, così come succede allo Zaia esperto sanitario contro il virus.
Da ultimo, come non inorridire dinanzi a quel mescolare l’antifascismo e lo stare sempre dalla parte del passato e del presente della storia degli ebrei con la battuta a difesa della Donazzan pronunciata da Zaia: “È stata un’uscita davvero improvvida”. Improvvida? Per la verità, non sono mancate, in tutta evidenza, consapevolezza e lucidità in ciò che l’assessora andava argomentando riguardo al fascismo e al suo “meraviglioso” zio Costantino, con cui da piccola cantava Faccetta nera! Infine, bisognerebbe che Salvini spiegasse al suo sodale amico Zaia che il miglior antifascismo leghista lo si è visto all’opera quando “respingeva” in mare esseri umani disperati, spesso lasciati morire annegati.

Oppure, altri “buoni esempi” continuano a esserci per Zaia, “l’ottimo”: lungo le frontiere croate e ungheresi gli amici politici della Lega torturano e abbandonano morenti sulla neve coloro che vorrebbero trovare salvezza in Europa, oltre le frontiere sovraniste. Comunque lo Zaia dalla parte della Donazzan potrebbe, antifascisticamente, candidarsi (con il sostegno culturale e politico di qualche sperduto a sinistra) a essere il produttore del secondo capitolo del film Tolo Tolo. Ammesso e non concesso che Checco Zalone accettasse simili frequentazioni.

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