Il 17 dicembre 2020 “L’arte delle perle di vetro” è stata ufficialmente nominata parte del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, unendosi agli altri 548 elementi del mondo che hanno bisogno di essere salvaguardati.
Non ci ho creduto per qualche giorno – racconta Marisa Convento, vicepresidente del Comitato per la candidatura – l’Unesco ha dato riconoscimento alla nostra dignità e al nostro costante lavoro durato molto tempo, abbiamo finalmente raggiunto un traguardo dopo una serie di anni di passione e impegno di tutta la comunità dell’arte delle perle.
Marisa Convento, non conosce ancora quale sarebbe stata la meta, quando ventenne negli anni Ottanta si traferisce dalla terraferma a Venezia, per restarci. Scopre subito la meraviglia dell’artigianato veneziano:
Venezia era all’epoca la vetrina prestigiosa in Italia. Il mio incontro con le perle è stato allora, quando ho trovato il modo di indossare il vetro, facendolo così diventare parte di me.
In quegli anni approfondisce la storia della perla veneziana.
Allora c’erano pochissime pubblicazioni sull’argomento. E ricevevo le pubblicazioni di settore dall’America: “Ornaments” e “Beads and Buttons”. Il primo libro che trovo invece s’intitola “La storia delle perline”, pubblicato da Garzanti in inglese! Le colleziono da subito, ne sono attratta esteticamente, poi comincio a voler creare e mi sforzo nell’imparare le tecniche tradizionali veneziane: infilare con i lunghi aghi come le impiraresse, fare fiori di perline, nappe, collane, ricami… E rubo con gli occhi ogni volta che posso, per anni.

La caccia al tesoro di perle di Marisa si trasforma da passione e hobby in mestiere vero e proprio, sancito dall’apertura del negozio nel 2007 – che diventerà storico – in Calle della Mandola. Nel 2011 Marisa aderisce al gruppo spontaneo nato intorno alle perle battezzatosi “Do you bead?”: conferenze informali con l’esperto di perle o l’archeologo che racconta di perle ritrovate negli scavi seguite da un gruppo di appassionati affezionati che fa perle, che fa con le perle, che studia le perle o colleziona perle.

Le iniziative proseguono: un documentario, una e più cacce al tesoro della perla veneziana in città per promuoverne l’attività, altre conferenze. È il 2013 quando si fonda il Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle Perle di Vetro Veneziane, con Cristina Bedin come presidente. Lo scopo è di iscrivere l’arte delle perle di vetro nella Lista Rappresentativa del patrimonio culturale intangibile dell’Umanità.
E si comincia a fare sul serio – dice Marisa –. Claudia è stata un punto di svolta per la candidatura: ha contribuito con le sue competenze professionali e il fattore umano ha fatto da collante nel gruppo. E ha trainato il progetto fino alla meta finale.

Dopo la favola, con le perle sparse dal comitato per illuminare il cammino, arriva infatti Claudia Cottica, antropologa, esperta in antropologia del patrimonio, che con pazienza e determinazione raccoglie le perle una a una e le dispone in bell’ordine nella scatola appropriata: sono anni di progettazione, promozioni, riunioni, studi, rimesse a punto, ma anche incontri per infilare le perle in compagnia e per avvicinarsi all’arte del fare la perla.
È stata una candidatura internazionale, Italia e Francia insieme – precisa Claudia – e anche questo è servito al successo: le interpretazioni della perla sono diverse tra i due paesi, ma la matrice è simile e le comunità si riconoscono nei medesimi saperi e valori. Unesco è molto favorevole alle candidature che promuovono il dialogo e le diversità culturali. Il comitato si è ribattezzato “Comitato per la salvaguardia dell’arte per le perle di vetro veneziane” che copre tutto il territorio veneziano che coinvolge l’intera comunità che lavora nel campo della perla: da chi la produce a chi la infila, a chi la mola… ogni passaggio è a sé stante ma si ritrova nella stessa passione e negli stessi valori.

Claudia si affaccia alle perle come professionista e rimane legata al filo dell’umanità di quest’arte:
Diversi momenti sono diventati epifanici in quest’avventura. Per esempio parlando con una “perlera” ho notato che raccontava del vetro come fosse un compagno di viaggio: spiegando che il vetro ha il suo carattere, ha le sue brutte giornate, che lo devi convincere, devi entrare in relazione, oppure che dei colori proprio non vanno d’accordo tra loro… Il vetro come un familiare, un amico, una persona. Inoltre mi mostrava con orgoglio le piccole cicatrici sugli avambracci, dovute a schegge di vetro: vuol dire che ho esperienza, mi spiegava. Insomma, l’arte della perla entra dentro di te e ti segna.
Oppure dell’incontro con una madre e una figlia, mentre lavoravano le perle, ricorda:
C’era un bellissimo rapporto, una relazione di sguardi unica, ho proprio sentito l’atmosfera compatta e identitaria di famiglia che ha dedicato la vita a quest’arte.
E Claudia ha deciso di dover far parte di quel mondo, o meglio che non poteva starne fuori. Ha anche sperimentato il fare la perla:
C’è un coordinamento delle due mani insieme, si gira un apposito bastoncino di rame con i polpastrelli vicino al fuoco… una difficoltà enorme, e per loro è come respirare, è incredibile. E ti chiedi: dov’è la loro percezione nel fare? Nel fuoco o nel polpastrello? La meraviglia sta nella loro sensibilità e padronanza di sapere perfettamente cosa sta succedendo lì, in quel momento, tra la mano, il vetro, il fuoco.

Il patrimonio intangibile dell’arte della perla di vetro ha una voce flebile. Bisogna avere l’attenzione di ascoltarla per poi poterla amplificare e diffondere, spiega Claudia, e insiste:
Non è vero che il vetro è fragile; una perla se cade a terra rimbalza, ciò che è fragile è il “sapere” che ha bisogno di essere trasmesso e curato.
E Cristina Bedin, presidente del Comitato, ribadisce:
La comunità è stata ed è al centro dell’intero processo di patrimonializzazione, le persone, i loro saperi, le loro memorie, i loro luoghi e i loro gesti tramandati di generazione in generazione. Non ci sono perle senza “perleri”, non ci sono filze di perle senza “impiratori”, e non ci sono perle decorate senza molatori.
E continua Claudia:
Abbiamo voluto dare risonanza per questo meraviglioso patrimonio immateriale: abbiamo messo l’accento sulle mani di chi lo ha creato, sui saperi per crearlo, le radici identitarie del passato che sono il solco di un futuro ora possibile.
Nella comunità dell’arte della perla si dice che quello che dai al vetro il vetro ritorna. Finalmente, arrivati al traguardo, ci siamo messi seduti intorno al fuoco, pronti ad ascoltare con gli occhi i racconti della perla.
Fotografie di Claudia Cottica

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