Carranza, la voce esistenzialista della Colombia

L'arte della scomparsa poetessa colombiana è unica: l'esperienza devastante di essere donna in una società patriarcale, la disperazione e la desolazione, il disincanto. Ma anche l’ironia e il sarcasmo con cui lei definiva ruoli e stereotipi riguardanti i suoi quotidiani.
MARCO CINQUE
Condividi
PDF

Maria Mercedes Carranza era una poetessa, giornalista e appassionata attivista culturale colombiana, considerata la figura più importante della letteratura della seconda metà del Ventesimo secolo del suo paese. Nacque a Bogotà il 24 maggio 1945 e morì tragicamente, togliendosi la vita, l’11 luglio del 2003. Nel 1970 Carranza sfidò le rigide tradizioni cattoliche della sua famiglia, sposandosi con rito civile con lo scrittore Fernando Garavito. Collaborò con molte testate giornalistiche e riviste di critica letteraria e nel 1986 divenne direttrice della Casa della Poesia Silva, a Bogotà. La sua sensibilità e il suo impegno la portarono a organizzare congressi di poesia per la pace e a battersi per la vita e la libertà di molti suoi compatrioti. Candidata con il partito politico Alleanza democratica m-19, nel 1991 venne eletta come membro dell’Assemblea Nazionale Costituente.

La poetica di Carranza è unica e riconoscibile, soprattutto per i suoi aspetti filosofici ed esistenziali. L’esperienza devastante di essere donna in una società patriarcale hanno contribuito a produrre in lei disperazione e desolazione, alimentando il suo disincanto; ma forse è stato proprio quel disincanto a stimolare l’ironia e il sarcasmo con cui lei definiva ruoli e stereotipi riguardanti i suoi quotidiani, come emerge in questa poesia:

IL LAVORO DI VESTIRSI

Improvvisamente
quando mi sveglio la mattina
mi ricordo di me,
apro gli occhi cautamente
e inizio a vestirmi.
Prima sistemo il mio gesto
di persona per bene.
Poi metto le buone maniere
l’amore filiale, il decoro, la morale
la fedeltà coniugale:
e alla fine lascio i ricordi.
Lavo accuratamente
il mio viso di buona cittadina
vista la mia deteriorata speranza
mi metto in bocca le parole
spazzolo la bontà
la indosso come un cappello
e negli occhi
quello sguardo così affabile.

Tra i lavori poetici della Carranza spiccano soprattutto le raccolte Ho paura (1983), La canzone delle mosche (1997) e La Patria e altre rovine, una selezione antologica pubblicata l’anno successivo alla sua morte, curata da Francisco José Cruz. Nei suoi versi si percepisce un pessimismo costante, dove emerge una sorta di disadattamento col mondo in cui si muove. La lucidità del suo linguaggio emotivo le permette di essere percepita come un riflesso di ciò che lei stessa vive. In “The Office of Living” si evidenziano tutta la disperazione e le paure di Maria Mercedes: a soli trentun anni è come se la sua parola avesse raggiunto prematuramente la vecchiaia.

La poesia di María Mercedes Carranza spesso diventa quasi un appello al lettore, lo coinvolge e lo seduce, anche se nei suoi versi non si trova nulla che potrebbe definirsi piacevole. Ciò che lei proclama è una sfiducia quasi totale, persino nella parola, quando questa diventa veicolo retorico di convenzioni ideologiche e concetti stereotipati. Al contrario, lei invece rompe ogni guscio rassicurante, sia nella forma che nei contenuti, per denunciare l’orrore di una società che ci costringe a vivere nelle sue bugie. Nella sua poesia amore e morte diventano sovente facce indissolubili della stessa medaglia: la sofferenza per lei è quasi un antidoto per combattere i suoi demoni, per ritrovare il senso del suo essere donna e poeta e per dare voce alla sua disperazione:

PAROLE SUPERFLUE

A tradimento ho deciso oggi,
martedì 24 giugno,
di assassinare alcune parole
Amicizia è condannata
al rogo, per eresia;
la forca spetta
ad Amore perché illeggibile;
non sarebbe male il vile randello,
per apostasia, per Solidarietà;
la ghigliottina come un lampo,
deve fulminare Fratellanza;
Libertà morirà
lentamente e con dolore;
la tortura è il suo destino;
Uguaglianza merita la forca
per essersi prostituita
nei peggiori bordelli;
Speranza è già morta;
Fede soffrirà la camera a gas;
il supplizio di Tantalo, perché disumana,
spetta alla parola Dio.
Fucilerò senza pietà Civiltà
per la sua barbarie;
cicuta berrà Felicità.
Resta la parola Io. Per essa,
per la tristezza, per la sua atroce solitudine,
decreto la peggiore delle pene:
vivrà con me
fino alla fine.

Per Carranza, Casa Silva non fu solo un luogo fisico per ospitare progetti culturali e letterari, ma diventò la sua stessa casa, il suo rifugio, il suo paese, il suo tutto a cui dedicò ben diciassette anni ininterrotti di vita e di lavoro. Casa Silva per lei era uno spazio vitale, un crocevia di incontri per poeti con valori autentici, persone che avessero qualcosa da dire e che fossero impegnate nel perseguire la verità. Di lei Helena Usandizaga scrisse un saggio dal titolo emblematico ed eloquente: “María Mercedes Carranza: Luce che abita in mezzo a noi”.

María Mercedes sperimentò sulla propria pelle la tragedia del suo paese. Molti dei suoi amici più cari persero la vita, suo fratello Ramiro fu sequestrato e di lui non si riuscì mai ad avere notizie. Tutti gli sforzi per avere qualche risposta o qualche contatto coi sequestratori fallirono miseramente. Persino le autorità rimasero sorde, insensibili ai suoi appelli e, al di là di qualche frase di circostanza, non manifestarono alcun interesse concreto per questo rapimento; ma anche l’intellighenzia colombiana scelse di restarne fuori, limitandosi a una commiserazione tanto ipocrita quanto inutile o, al massimo, a sottoscrivere appelli per la liberazione. La paura per le rappresaglie dei sequestratori o, più banalmente, la vigliaccheria, lasciarono sola Maria Mercedes coi propri tormenti, nell’amara consapevolezza della sua impotenza.

Dopo un lungo periodo di depressione, dovuta alle tante e terribili tragedie che la toccarono direttamente nel profondo, Carranza si tolse la vita ingurgitando dosi massicce di farmaci antidepressivi, nel suo appartamento di Bogotà. La sera prima, come spesso accadeva, si era riunita con un gruppo dei suoi amici più cari con cui era solita condividere poesia, ma anche per parlare del dramma della Colombia e dell’orrore delle guerre civili che la laceravano. Lei era solita ripetere, quasi come fosse una litania ossessiva “Questo paese ci sta ammazzando!”, però nessuno dei suoi amici ebbe modo di notare qualche segno che facesse premonire il suo imminente suicidio.

Vivere in un paese dove i poeti cantano versi e metafore sui diritti, sulla libertà e sulla vita, ma che poi nella realtà quotidiana non rischiano nulla dei loro orticelli e della loro sacrosanta tranquillità, una tranquillità a cui non possono certo sacrificare i diritti umani della gente in carne e ossa, probabilmente ha portato in Maria Mercedes Carranza la consapevolezza di essere sola, di non avere alcun potere per cambiare le cose. Col suo suicidio forse ha voluto lasciarci una lezione terribile, come si può leggere nel testamento poetico che ha scritto prima di morire. Un testamento che, molto probabilmente, è la chiave di lettura per capire le ragioni del suo gesto, del suo dramma personale e del dramma collettivo colombiano.


SÌ, GIACCIO MORTA

Sì, giaccio morta e allora? A chi importa?
So che diranno che importa, che importa molto.
Però, come è loro costume, mentiranno.

Giaccio morta perché ho voluto morire.
Giaccio morta perché così riposo,
anche se non in pace, ma riposo.

Però questo forse importa?
Diranno che fui forte, che fui integra,
che fui lottatrice, diranno che fui geniale

Però mentiranno. Mentiranno come mentono ogni giorno sul paese, su questo paese attraversato
da infiniti cammini di morti che non importano a nessuno.

Su cammini futuri che saranno infestati
di morti che a nessuno importeranno.
Scriveranno che ho fatto grandi cose,
che ho dedicato la mia vita all’arte, alle parole,
agli uomini, alle donne che avevano qualcosa da dire
attraverso le parole, ma mentiranno ancora.

Perché non diranno che cercai di dedicare la mia vita all’arte,
alle parole, agli uomini, alle donne che hanno
qualcosa da dire attraverso le parole.

No, diranno che l’ho solo tentato.
E che quel tentativo fu povero, inutile di fronte alla superbia
di coloro che vollero, e poterono, assassinare con lo sproloquio,
con dichiarazioni e decreti, qualunque idea diversa
da quella del funzionario di turno.

Questo non lo diranno.
In cambio sussurreranno che fui ostinata,
egoista, insopportabile!

A voce bassa, camminando dietro la cassa
che dovrà portare il corpo alla destinazione finale
di ogni uomo e donna, diranno che fui arbitraria,
che credetti di essere poeta e che,
al di sopra di tutti i mali, fui debole.

Questo diranno. Forse li ascolterò, però non temano,
ormai giaccio morta e riposo anche se non in pace.
Riposo da un paese che puzza di morto,
da una terra che esala, ferisce con fosse comuni
di cittadini anonimi, da politici che dis-amano la vita dei loro simili,
da guerrieri che rubano anni e anni di libertà a chiunque,
da poveri miserabili che nessuno guarda.
Riposo dai tanti che alimentano l’odio
con la carne putrefatta dei loro nemici,
da coloro che vivono e animano quell’odio.

Riposo, infine, dalla Colombia
e dalle molte bestie che la conducono
con sempre maggiore certezza
alla insondabile fossa di sangue e ossa
sulla quale dovranno governare.

Sì, riposo anche se non in pace.
A quei pochi uomini, a quelle sparute donne
che sopravvivono a forza di sogni
avvolti in parole con le quali vogliono
dare senso alla proprio vita,
e a tutte le altre vite, non dico addio,
perché in ogni gesto, in ogni parola,
in ogni progetto entusiasta
che intende coprire di speranza
la distruzione del mio paese,
andrà avvolta quella goccia di illusione che,
per essere più ostinata della mia ostinata morte,
mi sopravvive. Sì, giaccio morta,
però non temano sono come fui sempre,
inoffensiva. Giaccio morta e riposo
Anche se non in pace.

Carranza, la voce esistenzialista della Colombia ultima modifica: 2021-02-07T13:54:00+01:00 da MARCO CINQUE
TAG:
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!

VAI AL PROSSIMO ARTICOLO:

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

Lascia un commento