Keats, la cometa romantica

Il 23 febbraio ricorrerà il duecentesimo anniversario della prematura morte del poeta inglese, scomparso a soli ventiquattro anni a Roma, dove è sepolto nel cimitero acattolico.
MARIO GAZZERI
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La singolare assenza di compositori di rilievo nel panorama musicale del Romanticismo inglese sembra essere in parte compensata, nel paese di Shakespeare, da una incredibile fioritura poetica che vide nei primi decenni del Diciannovesimo secolo, accanto a Shelley e a Byron, il timido ma ‘impetuoso’ John Keats, di cui il 23 febbraio ricorrerà il duecentesimo anniversario della prematura morte (a soli ventiquattro anni a Roma, dove è sepolto nel cimitero acattolico).

Se dal mondo austro-tedesco in particolare, ma anche dal resto dell’Europa continentale, il primo Romanticismo ebbe nella musica la sua espressione emotivamente più forte e convincente, occorre tuttavia osservare come poesia e musica siano in realtà due espressioni di una stessa arte, due mondi calibrati sullo stesso diapason creativo. L’impeto sentimentale della poesia di Keats ci trasmette le stesse emozioni delle sinfonie di Schumann o della musica cameristica di Schubert. I versi del poeta inglese sulla serena immensità bucolica della natura rimandano con gioia ai movimenti, ai fraseggi orchestrali della terza sinfonia (“Renana”) del compositore di Bonn e ai ‘lieder’ del giovane viennese.

Dell’unicità dell’arte, d’altra parte, si è sempre parlato, ma il Romanticismo non sarebbe potuto esistere come un ‘unicum’ universale, e non solo europeo, se fosse mancato uno dei suoi due fattori costitutivi. Un ‘assieme’, quello tra poesia e musica, tra Keats e Schubert, tra Byron, Shelley e Schumann o Mendelssohn che ci viene offerto come una chiave per aprire un uscio sull’evoluzione artistica della prima metà dell’Ottocento e cercare di interpretarla. Al neoclassicismo formale e imperiale della precedente epoca napoleonica subentrò dunque la riscoperta del classicismo dell’antica Grecia, visto e trasfigurato da un filtro sentimentale e, appunto, romantico. L’amore per l’Ellade fu tale da spingere George Byron a partire per la Grecia per sostenere quel popolo in guerra patriottica contro gli ottomani e per trovare la morte, a trentasei anni, a Missolungi.

La tomba di John Keats a Roma. L’iscrizione sulla lapida recita: “Questa Tomba/contiene tutto ciò che fu Mortale/di un/GIOVANE POETA INGLESE,/Che/sul suo Letto di Morte,/nell’Amarezza del suo/Cuore/verso il Malvagio Potere dei suoi Nemici,/Desiderò
che queste Parole venissero incise sulla sua Lapide/‘Qui giace Uno/Il cui Nome fu scritto nell’Acqua’”

Il perimetro poetico di Keats si articola lungo tre percorsi ideali: natura, amore, morte. Nei suoi sonetti, nell’Hyperion, nelle Odi, la poesia di Keats vibra di un sentimento quasi religioso che vede la morte non come una fine assoluta ma come un’unione all’universale bellezza della natura.

Thou still unravished bride of quietness
Thou foster-child of silence and slow time,
Silvan historian, who canst thus express
A flowery tale more sweetly than our rhyme!

Tu della quiete ancora inviolata sposa,
alunna del silenzio e del tempo tardivo,
narratrice silvestre che un racconto
fiorito puoi così più che la nostra
rima dolcemente dire
(Traduzione di Mario Roffi).

Nella poesia dei romantici inglesi e di Keats in particolare il traduttore deve fronteggiare problemi formali e sostanziali di assoluta importanza che rendono la versione una sfida quasi insuperabile. Nonostante l’eccellente, preziosissimo lavoro del Roffi, lo spirito romantico, la metrica del verso originale, la stessa musicalità dell’inglese e la sua identità che sembrò trovare nel Romanticismo il suo ‘humus’ lessicale, la traduzione in altra lingua dei romantici inglesi appare un’operazione improba.

L’affinità dei versi dei romantici inglesi con la musica venne sottolineata anche da Mario Praz secondo cui “la poesia romantica inglese (Coleridge, Wordsworth, Keats) è concepita nei tempi di un ‘andante’, è contemplazione, indugio, sogno.” “Molte volte io ho sentito quasi amore per la blanda Morte e con dolci nomi l’ho implorata a me”, scrisse Keats. “Parole che sono rivolte a un usignolo – chiosò Mario Praz – e che fanno pensare a certi accenti di “Alla Primavera” di Leopardi”. E in tutto questo si comprende forse il maggiore valore aggiunto che, rispetto alla poesia, ha la musica: che non ha bisogno di traduzioni, avendo una sola lingua. Universale.


In copertina il ritratto postumo di John Keats (National Portrait Gallery di Londra), dipinto dall’amico Joseph Severn, che lo assistette durante la tubercolosi che lo condusse alla morte.

Keats, la cometa romantica ultima modifica: 2021-02-07T13:59:30+01:00 da MARIO GAZZERI
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4 commenti

alberto stocco 9 Febbraio 2021 a 13:18

A thing of beauty is a joy for ever:
Its loveliness increases; it will never
Pass into nothingness; but still will keep
A bower quiet for us, and a sleep
Full of sweet dreams, and health, and quiet breathing.

Endymion, John Keats 1818

Reply
alberto stocco 9 Febbraio 2021 a 13:21

Grazie ytali.com per questo bel ricordo di John Keats.

Reply
alberto stocco 9 Febbraio 2021 a 19:20

John Keats ha donato alla poesia l’eterno canto dell’usignolo, la tenerezza di una notte di luna, l’incantevole splendore di una stella.

Reply
alberto stocco 9 Febbraio 2021 a 22:15

Bright star

Bright star, would I were stedfast as thou art—
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature’s patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth’s human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors—
No—yet still stedfast, still unchangeable,
Pillow upon my fair love’s ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever—or else swoon to death.

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