Germania. I cittadini islamici e l’Olocausto

L’integrazione dell’ormai grande comunità islamica, per lo più di origine turca, passa anche attraverso la condivisione della memoria, un processo difficile specie quando ci si confronta con la memoria del genocidio nazista.
ARIANNA TOMASI
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Nei miei quindici anni di ricerca sul campo in Germania, ho riscontrato che, contrariamente alle percezioni comuni, i tedeschi con retroterra islamico vivono con intensità il loro rapporto con l’Olocausto. Ma c’è un comune sentire in Germania secondo cui i tedeschi della minoranza islamica si misurano in modo sbagliato con l’Olocausto.

Ezra Özyürek, autrice di queste considerazioni in un articolo su Haaretz, è una riconosciuta studiosa delle dinamiche sociali e culturali dell’ormai vasta comunità islamica nella società tedesca contemporanea e in interazione con essa, una comunità in larga misura di origine turca. Da decenni ormai questa rilevante presenza influenza con forza la chimica demografica tedesca. Su tutti i fronti s’osserva una crescente integrazione e partecipazione, specie nelle nuove generazioni, molto meno sul terreno della storia e della memoria. Permangono criticità e, da un lato e dell’altro, diffidenze e ostilità. È il caso dell’atteggiamento nei confronti della memoria dell’Olocausto.

Nonostante la conclamata opposizione a forme di “iper-nazionalismo”, scrive la studiosa di origine turca,

la cultura della memoria dell’Olocausto non riesce a includere quei membri della sua società che non sono etnicamente tedeschi. In particolare, i tedeschi con un retroterra di immigrazione e islamico che furono chiamati a ricostruire un paese devastato dopo la seconda guerra mondiale sono stati considerati esterni e irrilevanti nella narrazione fondativa tedesca della necessità di apprendere dagli errori del passato per rafforzare il carattere democratico della Repubblica federale.

Osserva ancora Ezra Özyürek, ricercatrice a Cambridge e autrice del recente Being German, Becoming Muslim: Race, Religion, and Conversion in the New Europe:

Negli anni 2000 i tedeschi d’origine musulmana sono diventati, in maniera inaspettata, centrali nella memoria collettiva dell’Olocausto nel Paese – ma come un bersaglio, non come partecipanti bene accolti. 

In un paese in cui il novanta per cento dei reati di antisemitismo è commesso da tedeschi bianchi di estrema destra, si punta ancora il dito contro i musulmani, come i principali responsabili dei fenomeni di antisemitismo nel paese.

Di qui lo sviluppo di programmi – promossi da governo, ong e gruppi della comunità islamica – specificamente indirizzati agli immigrati e ai rifugiati perché anche loro possano apprendere le lezioni dell’Olocausto e abbracciare così i valori politici più importanti. Programmi che contemplano – quelli finanziati dal governo – visite nei campi di sterminio, rivolti anche ai rifugiati arrivati di recente in Germania da zone di guerra. 

Il progetto Muslims in Auschwitz Credit: Burak Yilmaz, da Haaretz

Nonostante resistenze e malintesi e forme più o meno esplicite di xenofobia, la condivisione della memoria di fatti atroci, a cui furono estranei i “nuovi” tedeschi, è resa inevitabile e auspicabile dai cambiamenti demografici enormi che investono la Germania, paese con un limitato passato coloniale, diversamente da Francia e Regno Unito, che si confrontano per questo in modo diverso, e da più tempo, con una presenza rilevante di concittadini venuti da lontano, e hanno criticità più specificamente attinenti alla loro storia di potenze coloniali, con immigrati provenienti da paesi un tempo sotto il loro dominio.

Gran parte dei “nuovi” tedeschi è musulmana, soprattutto d’origine turca: sono circa 3,5 milioni residenti nel territorio tedesco, arrivati ormai alla terza generazione. Il cambiamento è visibile anche nel paesaggio urbano di tante città dove svettano minareti di 2.750 moschee. La presenza più fitta ed elevata di luoghi di culto islamico in Europa occidentale. A Colonia c’è più la grande moschea in Europa [in copertina, ndr]. Finanziata con capitali turchi fu inaugurata nel 2015 dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Anche nel tentativo di ostacolare il processo di crescente integrazione dei turchi nella società tedesca e di conservare molto forte il loro legame con la Turchia.

Secondo i dati del Pew Research Center, si stima che entro il 2050 la popolazione musulmana in Germania raggiungerà i sei milioni, mentre già tra il 2010 e il 2016 i musulmani erano passati da tre milioni e 300mila a quasi cinque milioni.

Ezra Özyürek

La diaspora musulmana in Germania era iniziata agli inizi degli anni Sessanta, quando Bonn aveva siglato un accordo con Ankara “per il reclutamento di manodopera tra la Repubblica Federale di Germania e la Turchia” (Anwerbeabkommen zwischen der Bundesrepublik Deutschland und der Türkei): era l’inizio dell’esperienza dei “Gastarbeiter”, letteralmente “lavoratore ospite”.

Rispetto ad allora, la comunità turca, negli ultimi anni, sta assumendo un peso crescente in ambito politico e culturale, anche raggiungendo posti di leadership politica e parlamentare e partecipando da protagonisti alla vita scientifica, imprenditoriale, culturale e artistica del paese,

osserva Sandra Paoli, autrice di L’Occidente transculturale al femminile (Mimesis), studiosa dei processi trasformativi nella letteratura e nel cinema tedeschi a opera di esponenti della diaspora turca in Germania.

La scrittrice turco-tedesca Emine Sevgi Özdamar
Almanya (2011), della regista turco-tedesca Yasemin Şamdereli, narra la storia di Husseyn Yilmaz e della sua famiglia, che negli anni ’60 ha abbandonato la Turchia per andare a lavorare in Germania. 

Emblematica la storia di Ugur Sahin e Özlem Türeci, una coppia di scienziati turchi e figli di immigrati “Gastarbeiter”. Sahin e Türeci sono ricercatori di spicco e fondatori di due aziende specializzate sui vaccini sviluppati sulla base della Rna e sulle terapie immunitarie contro il cancro: Ganymed e Biontech. Ed è proprio in Biontech che Sahin capta per la prima volta le notizie di un virus diffusosi in Cina, firma un accordo con Pfizer e dirotta tutte le forze dell’azienda nello studio di questo virus: meno di un anno dopo ecco nascere il vaccino anti Covid-19. 

Ugur Sahin e Özlem Türeci

Dopo tutti questi anni in cui i tedeschi di origine turca sono stati descritti come “I perdenti dell’integrazione” e ridotti alle donne col velo che verrebbero prodotte in serie, in cui hanno sopportato di essere accostati all’immagine del fruttivendolo ignorante, in cui hanno dovuto temere la vita per gli assassini neonazisti del Nsu e Hanau, in cui hanno subito discriminazioni quotidiane, i nomi Ugur Sahin e Özlem Türeci suonano come balsamo sull’anima ferita turca

si legge su Tagespiegel.

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Con questa ricchezza di energie e risorse positive fa da triste contrasto una perdurante opposizione ideologica, pur minoritaria, che alimenta irrazionali paure e diffidenze. Che si riverberano nella difficoltà a comprendere la diversa sensibilità dei tedeschi di origine straniera verso la tragedia dell’Olocausto, che nel loro vissuto può anche risuonare in modi comprensibilmente peculiari.

Come afferma la professoressa Özyürek, 

è spesso riportato che i tedeschi di origine musulmana rispondono in maniera “errata” alle discussioni riguardanti le atrocità naziste: invece del rimorso, reagiscono con ansia, paura ed empatia radicale.

Atteggiamenti considerati “sbagliati”, sono spesso legati in realtà a una paura non virtuale che un qualche avvenimento simile all’Olocausto possa capitare anche a loro. Come la stessa Özyürek ha rilevato nel corso di visite ai campi di concentramento tedeschi con gruppi di giovani tedeschi musulmani.

Germania. I cittadini islamici e l’Olocausto ultima modifica: 2021-02-12T21:55:13+01:00 da ARIANNA TOMASI
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