Vaccini. Un affarone come la Fontana di Trevi?

La storia delle fantomatiche 27 milioni di dosi di vaccino anti-covid, che avrebbero potuto fare di Zaia un salvatore della patria, rischiano di dipingere il Veneto come una sorta di Decio Cavallo, che era ben felice di comperare il monumento romano da quel furbacchione di Totò, credendo di concludere un grande affare.
ENZO BON
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Di sicuro c’è solo che esiste. Quando poi riusciremo a farcelo, il vaccino, ancora non si sa, almeno per la stragrande maggioranza della popolazione italiana che non rientra in quelle poche categorie che, giustamente, hanno la priorità, e che hanno già ricevuto o riceveranno a breve le due dosi del farmaco salvavita più ambito al mondo. Perché di questo si tratta: di un farmaco che può mettere fine alla lunga catena di morti che il Covid-19 sta facendo in ogni dove. E gli studi sul campo nei paesi dove la vaccinazione è più avanti, mostrano un drastico calo di contagi e, soprattutto, di ospedalizzazioni e di decessi.

Da noi, purtroppo, ma anche in tutta l’Unione Europea, il panorama non è dei migliori e le speranze di una vaccinazione di massa veloce vengono via via demolite dalle quotidiane dichiarazioni dei Big Farma, che riducono i quantitativi di medicinali in arrivo nel vecchio continente anche di oltre la metà. Infrangendo, non se ne capisce il motivo, le clausole contrattuali, almeno per quel poco che sappiamo.

È in questo panorama ansiogeno per il futuro di tutti che il presidente del Veneto, Luca Zaia, lancia alcune settimane fa una notizia bomba: c’è una trattativa in corso tra la Regione e alcuni intermediari per acquistare direttamente delle dosi di vaccino e quindi per procedere speditamente con la campagna vaccinale. Ma non si tratta di qualche milione di dosi, giusto per il Veneto, come qualcuno già pensa. Perché pare sia in corso una doppia partita di trattative che vedono in gioco 12 e 15 milioni di dosi che Zaia dice di voler poi ridistribuire anche alle altre regioni. Calcolatrice alla mano, sono 27 milioni di vaccini che corrispondono, a oggi, a oltre cinque volte le dosi consegnate all’Italia da fine dicembre. Una inondazione di fiale, insomma, che darebbe una svolta alla campagna vaccinale in sofferenza e che porterebbe una imperitura fama al governatore più amato d’Italia.

Zaia, che giornalmente tiene una conferenza stampa nella sede della Protezione civile a Marghera, anche se tallonato dai giornalisti, non vuole dare alcuna indicazione su chi siano gli intermediari e su come siano arrivati in regione. Sono, dice, trattative molto riservate ma portate avanti con intermediari che garantiscono il ritiro dei vaccini direttamente dai siti di produzione o di stoccaggio. Un affare sicuro, insomma, non pagato poi molto di più della cifra che paga l’Unione Europea. Perché c’è già chi, pensando al mercato parallelo e ai lati oscuri dello stesso, ritiene che non sia neppure da prendere in considerazione un’offerta del genere, essendo elevato il rischio che ci si trovi di fronte a emissari truffaldini con vaccini taroccati, inefficaci, o che hanno interrotto la catena del freddo. O peggio: amorale, poiché toglie vaccini a qualche altro paese del mondo.

Ma Zaia è sicuro, anche perché le trattative, su suo incarico, le tiene il nuovo direttore generale della sanità del Veneto, Luciano Flor, che non certo si fa abbindolare dal primo arrivato, né va alla ricerca dei vaccini sul dark web, dove si trovano migliaia di proposte di acquisto tra i 250 e i 1000 dollari per una dose.

Ma la doccia gelata sulle speranze dei veneti e non solo arriva dopo pochi giorni dall’annuncio. A sparare la bordata è Raffaele Cantone, che molti ricorderanno come presidente dell’autorità nazionale anticorruzione e ora procuratore di Perugia. Il magistrato dà infatti incarico ai Nas perché indaghino sull’offerta e sulla provenienza della stessa. Ma non solo, perché anche trasmissioni di punta del primetime televisivo mettono “l’affaire vaccini” in primo piano, identificando e intervistando uno dei probabili mediatori, ed evidenziando che si muove in un contesto poco chiaro, con trattative e accordi che rimbalzano da un’azienda all’altra, con mediatori di mediatori in una sorta di catena di Sant’Antonio che si sa dove inizia ma si capisce poco dove finisce. 

Lasciamo ovviamente ai Carabinieri e alla Magistratura le conclusioni delle indagini e delle decisioni che saranno prese, precisando che il governatore Zaia ha solo detto di aver iniziato le trattative e di aver poi avvisato l’Aifa, quindi di non aver fatto nulla di illecito.

Resta però la domanda che in molti si pongono: perché Zaia ha voluto in prima persona avviare le trattative con gli intermediari e non ha invece passato direttamente i nomi all’agenzia del farmaco o alla struttura commissariale, sapendo comunque che l’acquisto dei vaccini è delegato direttamente all’Unione europea? Forse, ma è solo una nostra supposizione, voleva fare il colpaccio: presentarsi, con la trattativa già a buon punto, come la persona che, da buon veneto che guarda al sodo, riesce dove non è riuscita l’UE, che peraltro sui vaccini sta facendo una figuraccia mondiale. E da esperto politico qual è, ultimamente ha lasciato tutto lo spazio per le spiegazioni a Flor che l’altro giorno ha dichiarato di

essere stato torchiato dai Nas, ma non avevo niente da nascondere. Tutto quello che sapevo l’ho detto, tutto quello che avevo l’ho dato e la Regione accoglierà con favore le indagini che faranno chiarezza. Ci siamo mossi pubblicamente e abbiamo le risposte scritte di queste società. Non ci sono accordi sotterranei di alcun tipo

Non dubitiamo che questa sia davvero la verità, anche perché chi conosce Flor lo dipinge come un dirigente esperto e capace, con una grandissima esperienza nel settore. Resta il fatto che su otto intermediari che si sono palesati in Regione (o che sono stati chiamati, questo non lo si capisce), a due di questi, che già avevano fornito al Veneto mascherine e respiratori a inizio pandemia, è stato richiesto il numero di lotti dei farmaci per procedere poi, come previsto dalla legge, con l’autorizzazione dell’Aifa. Ma uno ha risposto che le dosi ora non sono più disponibili, e l’altro non ha ancora inviato i numeri che identificano univocamente e quindi certificano i farmaci.

Insomma, una storia tutta italiana, dove i contorni sono poco chiari e dove queste fantomatiche 27 milioni di dosi di vaccino anti-covid, che avrebbero potuto fare di Zaia un salvatore della patria, rischiano invece di dare una ulteriore mazzata alle speranze di quanti attendono il vaccino come l’elisir per il ritorno alla normalità. E rischiano di dipingere il Veneto come una sorta di Decio Cavallo, che era ben felice di comperare la fontana di Trevi da quel furbacchione di Totò, credendo di concludere un grande affare.

Vaccini. Un affarone come la Fontana di Trevi? ultima modifica: 2021-02-24T19:24:23+01:00 da ENZO BON
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