Come combattere l’estrema destra 2.0

Neonazismo, neofascismo, postfascismo, populismo, identitarismo... Il mondo dei movimenti, dei partiti e delle organizzazioni che tendono a destabilizzare la democrazia mettendo in discussione lo Stato di diritto è più articolato e complesso di quanto pensiamo: conoscerlo è il primo passo per affrontarli e contenerli.
MARCO MILINI
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Cosa sappiamo dell’estrema destra, e in che misura questa è un pericolo per le nostre democrazie? In Occidente negli ultimi decenni i movimenti di estrema destra si sono organizzati, hanno sviluppato strategie politiche che li hanno fatti entrare nei parlamenti e in alcuni casi portati al governo. O molte delle loro idee sono andate al governo: si pensi a Trump, a Orbán, a Salvini. È successo che l’estrema destra ha saputo comunicare con le persone.

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Si tratta di una realtà complessa: nella grande maggioranza dei casi le etichette di fascismo o nazismo non funzionano, sono riduttive; nemmeno populismo è un termine capace di descriverla. C’è chi, per definire questa galassia di movimenti e partiti, che pur nella diversità presentano tratti comuni, parla di estrema destra 2.0.

Steven Forti, storico, italiano che vive e lavora in Spagna, si occupa tra le altre cose di estrema destra e collabora con Contexto CTXT, rivista progressista e indipendente, dove a inizio anno ha pubblicato un articolo dal titolo Manual de instrucciones para combatir a la extrema derecha (Manuale di istruzioni per combattere l’estrema destra). Da qui l’idea di un laboratorio, una serie di conferenze sul tema: Cómo combatir a la extrema derecha (Come combattere l’estrema destra). Quell’estrema destra che Forti definisce 2.0 e che si differenzia dalle destre storiche, del fascismo e del nazismo, pur mantenendo con esse punti in comune.

Il laboratorio è iniziato il 23 febbraio, quando ricorreva il quarantesimo anniversario del tentativo di colpo di Stato del 1981, il fallito golpe Tejero che minacciò di ripiombare la Spagna in piena epoca franchista, e il cui fallimento segnò di fatto la fine reale del franchismo e del processo di transizione che permise alla Spagna di diventare una democrazia moderna. È passato dunque poco tempo, da un punto di vista storico, da quando l’estrema destra e le dittature hanno perso il potere in Europa: le nostre democrazie sono più fragili di quanto pensiamo e vanno difese da chi approfitta delle crisi sociali per perseguire un progetto politico che prescinde da uno dei pilastri della democrazia, lo Stato di diritto.
Per cui, benvenute siano le iniziative come questa di CTXT.

Il 23 febbraio 1981 il tenente colonnello Antonio Tejero Molina entra armato nel parlamento spagnolo

Diversi gli incontri, i relatori e i temi affrontati nel laboratorio: l’estrema destra è un fenomeno complesso e articolato, per cui complessa e articolata, “poliedrica” e “multilivello” deve essere la risposta. Si è cominciato affrontando la questione dal punto di vista delle istituzioni, dei partiti e della sinistra. Si passerà poi alla questione dei media. Poi il tema del contributo del femminismo nel combattere un’estrema destra in molti casi molto aggressiva in fatto di diritti, in particolare delle donne se pensiamo alla questione dell’aborto, e ciò che accade in Polonia ne è un esempio. Tema cruciale è poi la presenza dell’estrema destra online: se Forti parla di estrema destra 2.0 lo fa per sottolinearne la novità rispetto al passato ma anche perché questi movimenti e gruppi politici hanno sfruttato al meglio le opportunità fornite dai nuovi strumenti digitali, facendo proselitismo grazie a una propaganda aggressiva e mirata. Infine, la questione di come affrontare l’estrema destra nelle strade e nei tribunali: perché lo Stato di diritto può difendersi.

La sede di Casapound a Roma. Foto da Wikimedia Commons

Le ragioni per cui l’estrema destra è tornata prepotentemente sulla scena vanno da quelle economiche a quelle culturali, alla crisi della democrazia liberale, dei partiti politici, dei sindacati che hanno faticato ad adattarsi al nuovo mondo del lavoro.
Tutti i movimenti e le organizzazioni dell’estrema destra 2.0 offrono risposte semplici a problemi complessi, rispondendo a una domanda di sicurezza e protezione. Tre sono i tratti comuni più rilevanti: 1) il tatticismo, ossia cambiano posizione sui temi rapidamente e senza perdere consenso; 2) la propaganda sui social e sul web, con cui ottengono visibilità e indirizzano il dibattito politico: l’estrema destra 2.0 ha capito il valore enorme della “battaglia dei dati”, della profilazione degli utenti per raggiungere i propri obiettivi; 3) il “Sessantotto inverso”, ossia il presentarsi come provocatori, avanguardisti, antisistema, innovatori lanciati in una nuova battaglia culturale.

Forti nel suo lavoro si chiede cosa possano fare le istituzioni per arginare questo fenomeno, a partire dall’Unione Europea, che deve dotarsi di strumenti adeguati per poter influire sugli stati membri: le difficoltà nel trattare con Polonia e Ungheria, ad esempio, dimostrano come quelli attuali funzionino fino a un certo punto.  

Orbán e Salvini. Foto da Twitter

E a livello delle istituzioni dei singoli paesi, cosa possiamo aspettarci, qual è il margine di manovra? Ecco alcuni punti su cui lavorare:
1) evitare le infiltrazioni dell’estrema destra negli apparati dello Stato;
2) prevenire ed evitare condotte antidemocratiche e sanzionarle, quando è possibile (si veda il caso di Alba Dorata in Grecia);
3) investigare sulla rete internazionale che finanzia l’estrema destra;
4) affrontare la questione dei dati, gestiti dall’estrema destra spesso in maniera illegale;
5) frenare il discorso d’odio, l’hate speech: la politica e i parlamenti devono impedire che sia normalizzato e legittimato – cosa non facile da fare come si potrebbe pensare, se si guarda anche solo all’esempio italiano della commissione Segre.

Dirigenti di Alba dorata durante il processo che l’ha dichiarata organizzazione criminale

E la sinistra? Cosa può fare? Innanzitutto, ammettere le proprie colpe per la crescita dell’estrema destra: la socialdemocrazia, per esempio, dagli anni Novanta ha accettato e fatto sua l’ideologia liberista, dimenticandosi dei lavoratori; e la sinistra cosiddetta radicale dopo il collasso dell’Unione Sovietica ha impiegato molto tempo a trovare una nuova identità e un nuovo orizzonte (quando li ha trovati).

Nonostante gli errori commessi, però, ci sono possibilità per recuperare il terreno perduto: di sicuro c’è molto lavoro da fare. Ecco alcuni punti su cui Forti pone l’accento.
In primis, la socialdemocrazia deve tornare a una visione economica “keynesiana” e ridurre gli effetti delle politiche neoliberiste degli ultimi quarant’anni.
I sindacati, poi, dovrebbero riprendere a offrire formazione politica.
E per quanto riguarda il discorso culturale, di sicuro la sinistra deve riprendere l’iniziativa. In questi anni sono stati fatti molti progressi nel campo dei diritti, sono state vinte battaglie, ad esempio sul femminismo, le questioni ambientali, ma tutto senza il giusto coordinamento: è necessario elaborare una proposta politica che dimostri che una lotta non esclude l’altra, un solo progetto che includa le diverse lotte e le diverse rivendicazioni. Si pensi alla questione dell’identità, oggi sempre divisiva, quando nel mondo contemporaneo le identità ormai sono complesse. Forti porta l’esempio di una cassiera: è prima cassiera o è prima donna? Oppure, un lavoratore migrante è prima lavoratore o prima migrante?

Per quanto riguarda i partiti, poi, devono “uscire dalla loro zona di comfort”: fare alleanze, anche solo su determinati temi e argomenti, con forze politiche più conservatrici ma democratiche, in modo che queste non si rivolgano all’estrema destra.

E per finire, c’è anche da cambiare atteggiamento, per rafforzare e ricucire il tessuto sociale. Di sicuro non funziona, a livello di base, lo scontro, o cadere nella trappola del biasimo per le opinioni altrui, per quanto possa sembrarci motivato. Per non parlare poi del disprezzo. Uno dei motivi per cui l’estrema destra 2.0 fa presa è che molte persone, molte più di quante crediamo, si sentono isolate, indifese. C’è bisogno dunque, in generale, di fare un lavoro pedagogico: senza sminuire il valore delle persone che abbiamo di fronte, discutere, lavorare sulle idee, tentare di spiegare la complessità. Forse, prima di tutto, a noi stessi: ampliare la visione delle cose, dotarsi di strumenti e conoscenza. Un lavoro lungo, delicato, ma non ci sono scorciatoie, perché non ci sono risposte semplici a problemi complessi.


In copertina: Manifestanti e gas lacrimogeni durante l’assalto al Campidoglio a Washington il 6 gennaio 2021, foto di Tyler Merbler, fonte Wikimedia Commons.

Come combattere l’estrema destra 2.0 ultima modifica: 2021-02-26T15:35:37+01:00 da MARCO MILINI
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