Nel giro di 48 ore due avvenimenti riguardanti il ruolo delle donne all’interno della Chiesa cattolica sono accaduti in Germania, dove il tema è dibattuto nella più ampia opinione pubblica: curiosamente quello che ha fatto maggior scalpore Oltralpe, è stato del tutto ignorato in Italia, dove invece ha trovato una eco sui giornali il secondo, pure assai importante. Come i lettori di ytali potranno osservare, sono due avvenimenti entrambi significativi, che si inseriscono in un più vasto dibattito pubblico tedesco, su cui vale la pena accendere una luce, per i riflessi che nei prossimi anni ci saranno anche in Italia.
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Lo scorso 23 febbraio dalla Germania è giunta una notizia che ha trovato immediato spazio sui quotidiani italiani, vale a dire l’elezione da parte dei vescovi tedeschi, di una donna laica, la dottoressa Beate Gilles, come Segretario generale della Conferenza episcopale. Il Segretario generale ha poteri rilevanti, da quelli di decidere l’ordine del giorno delle riunioni della Conferenze episcopali, alla gestione di alcuni fondi ecclesiastici, passando anche per le mediazioni su alcuni temi quando all’interno della Conferenza non ci sia unanimità di vedute. È la prima volta che una Conferenza episcopale affida ad una donna, per di più laica, tale ruolo.

Appena due giorni prima, domenica 21, alle porte del Duomo di Colonia, e in 22 delle 27 cattedrali cattoliche del Paese nonché in quasi mille chiese importanti di tutta la Germania, le donne del Movimento cattolico Maria 2.0 hanno appeso delle Tesi, evocando con quel gesto la “Thesenanschlag” (Affissione delle Tesi) di Martin Lutero sulle porte del Duomo di Wittenberg nel 1518. Tra le sette tesi vi è la richiesta dell’ordinazione delle donne al sacerdozio. Il precedente di Lutero, assai vivo nella memoria storica tedesca, ha suscitato un certo effetto, perché evoca le divisioni (e perfino le guerre di religione) della precedente Thesenanschlag. Curiosamente questo avvenimento è stato del tutto ignorato in Italia.
Per certi versi la nomina da parte dell’Episcopato tedesco della dottoressa Gilles, potrebbe apparire una risposta al Movimento Maria 2.0. In realtà quest’ultimo è espressione di una più vasta mobilitazione del laicato cattolico tedesco, sorretta per altro dalla maggior parte dei 68 vescovi tedeschi. Questa mobilitazione ha portato un anno fa, per l’esattezza il 31 gennaio 2020, a iniziare un Cammino Sinodale, in tedesco Synodaler Weg, che si sta svolgendo in assemblee plenarie e regionali, e in cui al centro ci sono le riforme mai attuate dal Concilio Vaticano II: una Chiesa meno clericale, meno maschilista e, in questa ottica, una chiesa che preveda l’ordinazione di qualsiasi battezzato, uomo o donna che sia.

Ma torniamo all’elezione della dottoressa Gilles. Il presidente della Conferenza, il vescovo di Limburg Georg Baetzing [nella foto di copertina con la dr. Gilles] , ha detto che la scelta
è un segnale forte che i vescovi intendono dar seguito alla promessa di favorire l’assunzione da parte delle donne di posizioni direttive.
Baetzing ha poi sottolineato le qualità della signora Gilles:
una profonda teologa, impegnata in diverse strutture della Chiesa cattolica, dove ha mostrato le migliori qualità organizzative.
Ed ecco queste qualità: “capacità di leadership, comunicative, apertura all’innovazione, lealtà personale e lealtà ecclesiale”. Non ultimo, una buona dose di “senso dello humor”.
La dottoressa Gilles è nata nel 1970 a Hückeswagen, nel Land del Nord Reno-Vestfalia, non distante da Colonia. Ha studiato all’Università cattolica di Bonn Germanistica e Insegnamento della Religione, e ha preso un Dottorato in Discipline liturgiche. Dal 2000 al 2010 è stata impegnata nel Centro cattolico per la Formazione e l’Educazione di Stoccarda, con ruoli sempre maggiori; quindi è passata a guidare nella diocesi di Limburg l’Ufficio per i giovani e la famiglia. Tra gli ultimi incarichi ricoperti c’è stato quello di rappresentante dei vescovi dell’Assia nel Consiglio della Radio del Land dell’Assia.

Questo curriculum fa capire che, diversamente dall’Italia, nelle diocesi tedesche già da decenni le donne hanno ruoli non solo non secondari, ma anche direttivi. In Germania le facoltà di teologia, sia quelle cattoliche che quelle protestanti, appartengono agli atenei pubblici, ed i loro corsi di laurea sono assai frequentati, dato che un dottorato preso in una di esse è nell’opinione pubblica considerato analogo a quello in altre facoltà umanistiche. In questo contesto sia nelle diocesi che nelle singole parrocchie lavorano molte donne, con ruoli organizzativi, amministrativi o anche pastorali. La differenza con l’Italia è evidenziata dalla fotografia della recente udienza data da Papa Francesco all’Ufficio catechistico della Cei, il 31 gennaio scorso, durante la quale ha energicamente invitato l’episcopato italiano a organizzare un Sinodo per un rinnovamento della Chiesa in Italia: ebbene in quella fotografia si vedono tutti preti, quindi tutti maschi, e solo tre donne accuratamente relegate in ultima fila. E questo a dispetto del fatto che in tutte le parrocchie italiane l’80-90% dei catechisti sia donna.
Tutto bene, dunque, in Germania per le donne cattoliche? Neanche per sogno, e per un semplice fatto: non sono più disposte ad aspettare. E non lo è il più ampio laicato cattolico, come non lo è la maggioranza dei vescovi tedeschi, come dimostrano le frequenti dichiarazioni del presidente della Dbk, Baetzing e del suo predecessore, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera. L’impazienza che si respira nelle comunità cattoliche tedesche, per l’attuazione del Concilio Vaticano II, è cresciuta proprio con l’elezione di papa Francesco, che ha suscitato grandissime aspettative, nella direzione auspicata. Una direzione che difficilmente il Pontefice potrà seguire con la speditezza auspicata in Germania, dovendo mediare con una componente conservatrice della Curia e dell’episcopato, certamente minoritaria ma assai agguerrita, anche perché sostenuta (specie negli Stati Uniti) da quelle componenti politiche conservatrici che vedrebbero di buon occhio un indebolimento del Vaticano in chiave geostrategica.

Una componente conservatrice esiste anche nell’episcopato tedesco, e la vicenda degli abusi sessuali sui minori da parte di preti, ha accentuato le divergenze con la componente conciliarista (impropriamente definita “progressista”) dei vescovi. La divergenza non riguarda la necessità di rimuovere e punire i preti pedofili, quanto piuttosto la trasparenza nella gestione dei casi. In queste settimane è esplosa una polemica, che ha generato forti tensioni alla riunione delle DBK, perché il cardinale di Colonia, Rainer Maria Woelki, si è rifiutato di rendere pubblica una perizia sulla gestione vescovile dei casi di preti pedofili dal 1975, redatta da una commissione indipendente, per altro commissionata dallo stesso Cardinale. Woelki ha addotto motivi giuridici, anche di tutela della privacy delle vittime, e si è impegnato a renderne pubblica una seconda, il 18 marzo prossimo. Dalle anticipazioni sono emersi numeri raggelanti: dal 1975 sarebbero stati abusati almeno 300 bambini da parte di 200 preti. Per altro non è in discussione l’operato di Woelki, visto che guida l’enorme diocesi solo dal 2014.
La fondatrice del Movimento Maria 2.0 Lisa Koetter, ha sottolineato come il problema non riguardi esclusivamente Colonia. Sia questo Movimento, sia altri gruppi di donne, hanno sottolineato che il tema della trasparenza sulla vicenda degli abusi sessuali si inserisce perfettamente nelle altre richieste: non a caso la trasparenza è una delle sette Tesi, affisse il 21 febbraio alle porte del Duomo di Colonia e di altre cattedrali. In effetti tutto si tiene: il maschilismo della Chiesa cattolica è collegato al suo clericalismo, cioè la chiusura corporativa del ceto sacerdotale che cerca di conservare il proprio potere, indipendentemente dalla sua missione originaria, cioè annunciare Gesù Cristo; e d’altra parte la chiusura corporativa comporta sempre un rifiuto della trasparenza; inoltre una certa morale sessuale repressiva (es. divieto della contraccezione, rapporto sessuale finalizzato alla riproduzione, ecc) serve alla stessa corporazione sacerdotale per controllare le coscienze del laicato, mantenendolo in posizione subordinata.
L’ordinazione delle donne non è dunque una richiesta che mira a far entrare queste ultime nella corporazione sacerdotale; piuttosto ha l’obiettivo di superare l’idea della corporazione sacerdotale, di declericalizzare la Chiesa cattolica, e farla aderire al principio di Chiesa come “Popolo di Dio”, enunciato nelle due Costituzioni del Concilio Vaticano II, la “Lumen Gentium” e la “Gaudium et Spes”. Come concludere? Semplice: Forza ragazze! Vorwärts!

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