“Quattro taniche di benzina e si accende il forno crematorio, così non rompono più”. Sono le testuali (e non uniche) parole con cui si è espresso il coordinatore della protezione civile di Grado, Giuliano Felluga (dipendente a tempo pieno del comune), nel suggerire con un post su un social network il “sistema” per sedare la protesta esplosa all’interno di un ex caserma dov’erano ammassati oltre quattrocento migranti, alcuni dei quali positivi al Covid-19 e quindi isolati in una roulotte.

Di più, questo “coordinatore” razzista e xenofobo, aveva pensato di organizzare degli “squadroni della morte” grazie ai quali “nel giro di due giorni riportiamo la normalità”. E poi la terribile evocazione dell’accensione del “forno crematorio, così non rompono più”.
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Quando si è risaputo dell’orribile post, la giunta municipale è stata costretta a destituire dall’incarico di coordinatore (ma non anche a licenziare) Felluga, e a “segnalare” il suo comportamento alla direzione centrale della funzione pubblica della regione Friuli-Venezia Giulia e – bontà sua – alla procura della repubblica di Gorizia per “le eventuali implicazioni di rilevanza penale”.
Naturalmente questo non è bastato ai deputati dem Emanuele Fiano e Debora Serracchiani che hanno rivolto (stagione Conte II) un’interrogazione al presidente del consiglio pro-tempore. Nel rispondere, la ministra Fabiana Dadone (allora alla pubblica amministrazione ma che con il governo Draghi è passata alle politiche giovanili) ha intanto espresso la sua
profonda amarezza per la virulenza del pensiero razzista che ha spinto all’esternazione di quelle parole con l’aggravante di rievocare, esaltandolo, un genocidio.
Ma Fabiana Dadone non si è fermata qui. La ministra aveva perentoriamente invitato il comune di Grado
a tenere costantemente informato l’ispettorato per la funzione pubblica sugli esiti dei provvedimenti avviati in sede disciplinare nonché delle eventuali implicazioni di rilevanza penale.
Ma il comune (gestito dal centrodestra) ha taciuto, e allora “in assenza di riscontri, nel gennaio scorso lo stesso ispettorato ha richiesto un aggiornamento sugli esiti dei provvedimenti avviati nei confronti del signor Felluga”.
Ebbene, il segretario generale del comune ha comunicato non il licenziamento di colui che invocava il forno crematorio ma che a costui “è stata irrogata la sanzione disciplinare della multa con trattenuta sullo stipendio di un importo pari al valore di due ore lavorative”!
Insomma con pochi euro, a Grado, puoi auspicare gli “squadroni della morte” e l’accensione del “forno crematorio”. Peggio, malgrado la asserita segnalazione alla procura, non si ha notizia della minima iniziativa penale nei confronti di Felluga. Tanto che la ministra Dadone aveva concluso la sua risposta a Fiano e Serracchiani così:
Mi impegnerò affinché, al riguardo, nelle sedi competenti si rifletta sui contenuti del codice di comportamento e sul connesso sistema sanzionatorio dei dipendenti pubblici.
Giunta alla procura goriziana l’eco di queste parole?


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