Donald Trump è ritornato sulla scena pubblica qualche giorno fa alla conferenza Cpac, appuntamento annuale chiave dell’ala conservatrice del Partito repubblicano. Una presenza che segna anche il ritorno degli attacchi contro gli avversari esterni e interni. Privato di Twitter, questa volta l’ira dell’ex presidente si è indirizzata verso Karl Rove, l’ex consigliere e stratega di George W. Bush e a lungo collaboratore di Fox News.
L’attacco nasce da un editoriale di Rove apparso sul Wall Street Journal nel quale l’ex consigliere di Bush analizzava l’intervento di Trump proprio alla Cpac.
Nessun programma lungimirante, semplicemente una rappresentazione dei suoi più “grandi successi”. Ma alla gente piace il materiale fresco. La ripetizione è utile fino a un certo punto, poi diventa stantia.
Rove ha anche fatto notare che nelle inchieste sull’opinione dei partecipanti alla Cpac di quest’anno “solo il 68 per cento degli ospiti della conferenza, presumibilmente fan di Trump, ha dichiarato di voler vedere Trump correre di nuovo”.
Trump ha quindi reagito alle osservazioni di Rove con una serie di insulti e attacchi, definendo lo stratega repubblicano “un pomposo sciocco con cattivi consigli” e un Rino (“Repubblicano solo di nome”) “di prim’ordine”. L’ex presidente ha anche rivelato che Rove aveva fatto pressioni personali su di lui quando era presidente a favore di una lobby del 5G, una richiesta che l’ex presidente ha detto di non aver preso in considerazione. E che Rove lo aveva chiamato la notte delle elezioni per congratularsi con lui, prima ancora che molti stati iniziassero a contare le loro schede. Il comunicato si conclude con la richiesta a Fox News di cacciare Rove:
Karl Rove è tutto chiacchiere e niente azione! La prossima volta Karl, risparmia la telefonata della notte delle elezioni e continua a fare un ottimo lavoro per i democratici. Fox dovrebbe sbarazzarsi di Karl Rove e della sua ridicola “lavagna” il prima possibile! La voce di Karl Rove su Fox è sempre negativa per coloro che sanno come vincere. Di certo non ha aiutato Fox in termini di audience, vero?”
Rove si è difeso dagli attacchi di Trump per il quale ha lavorato durante i mesi di campagna elettorale, fornendo assistenza “informale” a Jared Kushner e a Brad Parscale, l’ex manager della campagna di Trump. La colpa di Rove è quella di aver mutato la propria opinione poi nei giorni successivi ai primi risultati elettorali, quando ha invitato il presidente repubblicano a fare la sua parte e a concedere la vittoria a Biden.
Lo scontro tra i due è però rivelatorio anche della situazione attuale in cui si trova il Partito repubblicano. Il partito che fu di Lincoln è infatti ostaggio dell’ex presidente. L’influenza di Trump sul partito non sembra essere diminuita e si farà sentire in occasione della primarie per la scelta dei candidati alla Camera e al Senato alle prossime elezioni di metà mandato.
Ma lo scontro fa luce anche sulle tensioni del trumpismo con il mondo dei media conservatori, soprattuto con il Wall Street Journal e, in particolare, Fox News.

Con la televisione di Rupert Murdoch Trump ha avuto una relazione altalenante. Quando non era ancora candidato, Trump era un appuntamento fisso nei programmi della Fox, in particolare nella fascia oraria del mattino, con le sue consuete telefonate dalla Trump Tower, per parlare dell’argomento del giorno. Fox diventa il luogo ideale per diffondere le sue teorie del complotto, in particolare quella relativa alla nascita dell’allora presidente Barack Obama. Un sostegno ricevuto da Fox anche durante la campagna per le primarie del Partito repubblicano.
Da presidente, invece, Trump ha avuto maggiori difficoltà, attaccando i giornalisti che erano critici nei confronti della sua amministrazione e chiedendo più spazio per quelli che ne lodavano l’azione.
Ma più che divergenze “ideologiche” tra Fox e Trump è l’aspetto finanziario ad aver messo a rischio la relazione tra i due. Fox News infatti è passata al terzo posto tra le emittenti televisive di attualità via cavo statunitensi per gran parte di gennaio, dietro Cnn e Msnbc, con gli spettatori conservatori che hanno abbandonato il canale nell’ultimo mese di Donald Trump alla Casa Bianca, segnato dall’assalto a Capitol Hill, dall’inaugurazione del mandato di Biden e dall’impeachment per Trump. Il Rachel Maddow Show di Msnbc è stato il programma più visto nella fascia oraria della sera, con una media di 4,2 milioni, mentre il programma di Sean Hannity su Fox è sceso a 3,1 milioni, un calo del 19 per cento rispetto alla performance di gennaio 2020.
Risultati che Fox imputa all’intervento dell’ex presidente. Trump ha infatti esortato i suoi sostenitori a seguire altre reti, più in linea con il trumpismo, come Newsmax e One America News Network (Oann), una reazione alla decisione di Fox di attribuire a Biden lo stato tradizionalmente repubblicano dell’Arizona, quando era stato contato solo il 78 per cento dei voti. Una decisione che si rivelò poi corretta da parte di Fox News ma che non piacque al mondo di Trump che continuava a parlare di frodi elettorali. Grazie anche agli stessi giornalisti della rete di Murdoch che facevano da megafono alle accuse di brogli avanzate da Trump. Tra questi Lou Dobbs: qualche settimana dopo le elezioni però i dirigenti di Fox hanno deciso di privarlo della sua trasmissione, un atto di lesa maestà per Trump e gli accoliti.
Ma non è solo la perdita recente di spettatori a mettere paura a Fox. Il problema è che per mesi alcuni dei principali opinionisti della rete – Lou Dobbs, Jeanine Pirro, Maria Bartiromo – hanno dato voce alla battaglia di Trump contro i presunti brogli elettorali. Menzogne, e come tali certificate anche dagli stati a guida repubblicana , contro le quali ha deciso di agire però Smartmatic. La multinazionale che costruisce e implementa sistemi di voto elettronico ha infatti deciso di citare Fox News per quasi tre miliardi di dollari di danni.
Una situazione che ha obbligato Lachlan Murdoch, ad di Fox e figlio di Rupert, a intervenire:
Crediamo che la nostra collocazione sul mercato, per un pubblico di centro-destra, sia esattamente dove dobbiamo stare. Non abbiamo bisogno di andare più a destra. Non crediamo che l’America sia più a destra. E ovviamente non svolteremo a sinistra.


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