Perché hanno bocciato l’aumento del salario minimo orario negli Stati Uniti ed è probabile che non venga approvato durante l’amministrazione Biden? È una di quelle storie in cui si possono avere le migliori intenzioni. Ma alla fine un’errata valutazione dei rapporti di forza può far saltare in aria qualsiasi “buona volontà”.
Riassunto. I democratici avevano presentato una proposta per portare il salario minimo federale orario da 7.25 dollari l’ora a 15 dollari (entro il 2025). Lo scorso anno circa 1,1 milioni di lavoratori avevano guadagnato salari pari o inferiori al salario minimo orario. Altri milioni di lavoratori guadagnavano appena sopra il salario minimo. Secondo il Congressional Budget Office, l’aumento del salario minimo federale a 15 dollari l’ora aumenterebbe i salari per più 17 milioni di lavoratori statunitensi.
L’aumento del salario minimo orario è una battaglia politica storica del senatore del Vermont Bernie Sanders e dai progressisti del partito, che sono riusciti a farlo adottare dalla piattaforma programmatica dei democratici già nel 2016. Biden si era impegnato a farlo approvare.
Chi si oppone all’aumento del salario minimo orario ritiene che in tempo di Covid-19 non sia il momento di aumentare i costi operativi per le imprese, soprattutto per quelle più piccole già in grave difficoltà. I costi aggiuntivi infatti potrebbero portare alla perdita di posti di lavoro e alla chiusura di attività.
Si tratta di critiche che non provengono soltanto dal mondo repubblicano. Qualche dubbio era serpeggiato anche tra gli stessi dem. Ma la componente progressista riteneva che i rapporti di forza fossero a loro vantaggio. Il partito infatti conta sulla maggioranza – non amplissima – alla Camera. Ma è il Senato il punto dolente. Qui repubblicani e democratici contano esattamente su cinquanta senatori ciascuno. Una parità che nel caso può essere “spezzata” dall’intervento del presidente del Senato, l’attuale vice-presidente di Biden, Kamala Harris. Solo e soltanto in caso di parità.
Al Senato, inoltre, è necessaria una super maggioranza, per aggirare il filibustering, l’ostruzionismo: se non vi sono sessanta senatori disponibili per bloccare l’ostruzionismo, una proposta di legge non passa. Esistono vari modi per aggirare questa super-maggioranza. Una è la cosiddetta “opzione nucleare, che consente di estendere il voto a maggioranza su un tema specifico (ed è la ragione per cui oggi i giudici della Corte suprema sono votati a maggioranza) ma è utilizzata raramente per l’impatto che ha sui rapporti tra partiti. La seconda è la procedura di riconciliazione, una procedura legata alla legge di bilancio che consente di votare a maggioranza, purché il contenuto si esclusivamente di carattere finanziario.
Non potendo ricorrere all’“opzione nucleare”, esclusa dai dirigenti democratici, i progressisti dem hanno quindi pensato di aggirare la richiesta di super maggioranza al Senato cercando di inserire l’aumento del salario minimo nel recente pacchetto di aiuti economici per cittadini e imprese, approfittando della procedura di riconciliazione. Il problema però è che un aumento del salario minimo richiede un intervento legislativo, mentre per ricorrere alla riconciliazione serve che la proposta di legge sia principalmente di bilancio. E non era il caso.
Fallito questo tentativo, alcuni dem al Senato hanno chiesto di discutere con più calma e di prendersi il tempo necessario per decidere. Leggi: per trovare una proposta che tenesse uniti democratici e potesse ottenere il consenso dei repubblicani (Mitt Romney, uno dei repubblicani “dialoganti”, aveva presentato una proposta per aumentare gradualmente il salario minimo orario a 10 dollari).
Sanders tuttavia insiste. E presenta con altri progressisti una proposta di legge apposita per aumentare il salario minimo a 15 dollari. Da inserire all’interno del pacchetto di aiuti, che come abbiamo già detto non può raccogliere proposte di questo tipo, cioè che richiedono un intervento legislativo.
E infatti succede il disastro. 58 senatori bocciano la proposta. 8 senatori democratici votano con i repubblicani contro la proposta di Sanders.
È probabile sia la pietra tombale sull’aumento a 15 dollari. Il prossimo anno infatti si rivota per le elezioni di medio termine. E il partito al potere perde, regolarmente. Biden potrebbe quindi molto probabilmente trovarsi con un Senato e, questa volta, anche con una Camera ostile. In compenso ci sarebbe forse la possibilità di raggiungere un accordo con i repubblicani su un aumento – la proposta Romney – ma difficilmente i progressisti dem potrebbero accettarlo.
Nel frattempo la polemica in casa democratica esplode. Tra coloro che hanno votato contro c’è infatti anche la democratica Kyrsten Sinema, il cui pollice verso – modalità di voto concessa al Senato – ha ricordato a molti il pollice verso di John McCain contro il tentativo di Trump di eliminare l’Obamacare. Sinema, come McCain, è senatrice dell’Arizona, stato repubblicano vinto inaspettatamente da Biden lo scorso novembre. Di tutti i voti dem contro, Sinema è diventata ben presto oggetto delle ire dei progressisti del partito. Dalle cui fila proviene. Sinema infatti ha passato una vita nel Green Party e accanto a Code Pink, un movimento di giustizia sociale molto a sinistra; si è opposta e ha manifestato contro la guerra in Iraq, ammonendo contro i pericoli del capitalismo e del “dollaro onnipotente”. Per anni deputata, nel 2018 ha vinto la gara senatoriale in Arizona ed è diventata il primo senatore degli Stati Uniti apertamente bisessuale.
Una trasformazione quella di Sinema, da radicale a moderata, giustificata dalla necessità di vincere la corsa senatoriale in uno stato repubblicano. Ma mal digerita dalla componente progressista del partito.


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