Dr. Seuss è di sinistra. Ma a difenderlo si erge la destra

L’azienda che gestisce il catalogo del papà del Grinch, di Lorax e del Cat in the Hat decide di non pubblicare più sei libri per i contenuti razzisti. Esplode la polemica. Ma come sempre il problema non è osservato dal punto di vista di chi è oggetto di quegli stereotipi.
MARCO MICHIELI
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La Dr. Seuss Enterprises ha deciso di interrompere la pubblicazione di sei titoli della collana del fortunato autore americano per bambini, tutti pubblicati tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. L’azienda infatti ha ritenuto che quelle opere ritraessero “le persone in modi offensivi e sbagliati”. I libri di Dr. Seuss sono noti in tutto il mondo e sono stati oggetto anche di trasposizioni filmiche.

Nella società americana le sue opere sono così fondamentali che la lettura nelle scuole dei suoi lavori costituisce una delle iniziative principali dell’annuale “Read Across America Day”, l’evento per l’alfabetizzazione dei giovani, che si tiene ogni anno proprio in occasione della nascita di Theodor Seuss Geisel.

La Dr. Seuss Enterprises, che gestisce il catalogo del papà del Grinch, di Lorax e del Cat in the Hat, ha affermato di essere impegnata a garantire che il suo lavoro “rappresenti e supporti tutte le comunità e le famiglie”.

La decisione ha sollevato però numerose polemiche. I repubblicani hanno infatti accusato l’azienda di favorire la “cancel culture”, la cultura della cancellazione, termine negativo per indicare forme ritenute estreme di politically correct. Fox News ha dedicato quasi l’intera giornata di martedì scorso alla “lotta fuori controllo dei liberal” contro la libertà di espressione. 

Molti conservatori hanno anche citato le parole dell’allora presidente Barack Obama che nel 2016 ha descritto il Dr. Seuss come una persona che “ha usato il suo incredibile talento per instillare nei suoi lettori più impressionabili i valori universali a cui tutti noi teniamo”. Quest’anno, tuttavia, Joe Biden ha tralasciato ogni riferimento all’autore. Un’omissione che ha spinto la destra a denunciare la deriva della “cancel culture”.

Le critiche sul razzismo e sul pregiudizio nei libri dell’autore morto nel 1991 non sono nuove ma risalgono già agli anni Ottanta. Lo stesso Dr. Seuss nel passato era intervenuto per modificare alcuni dei suoi disegni. Ed è già accaduto che altri autori per bambini intervenissero per modificare i contenuti.

Roald Dahl, ad esempio. Nella versione di Charlie e la fabbrica di cioccolato post-1973, gli Umpa Lumpa erano “bianchi rosati”, provenienti da un paese fittizio. Ma nella versione del 1964 erano pigmei provenienti dal “cuore più profondo dell’Africa”, raffigurati nelle illustrazioni dell’epoca con disegni stereotipati, e portati a lavorare come schiavi da Willy Wonka, arrivati di contrabbando nel Regno Unito su una nave, imballati in casse con prese d’aria. Vicende simili ci furono per il principe Bumpo del Dottor Dolittle di Hugh Lofting. Ma anche per Mary Poppins che fu rivisto nel 1981 dalla stessa autrice Pamela Travers, poiché alcuni insegnanti si sentivano a disagio nel leggere alcuni passaggi che coinvolgevano personaggi non bianchi.

Sulle opere del Dr. Seuss la discussione proseguiva da tempo attorno ai sei libri ora ritirati dalla pubblicazione – If I Ran the Zoo, And to Think That I Saw It on Mulberry Street, McElligot’s Pool, On Beyond Zebra!, Scrambled Eggs Super! e The Cat’s Quizzer – e qualche anno fa la stessa associazione che organizza il “Read Across America Day” aveva preso le distanze.

La scelta della Dr. Seuss Enterprises di intervenire su alcuni titoli è però dipesa dalla pubblicazione di un’inchiesta nel 2019 che aveva rilevato che solo il due per cento dei personaggi umani erano people of color (parola utilizzata negli Stati Uniti dalle minoranze per descrivere tutti i non bianchi), mentre il 98 per cento erano bianchi. Non solo. Secondo i due ricercatori, Katie Ishizuka (The Conscious Kid Library) e Ramón Stephens (University of California, San Diego), la rappresentazione e i riferimenti ai personaggi neri erano basati su pregiudizi anti-neri e su immagini di superiorità dei bianchi.

Nel loro studio Ishizuka e Stephens hanno scoperto che tutti i quarantacinque personaggi non bianchi erano o sottomessi o “esotificati” o “disumanizzati” o una combinazione dei tre. Questi personaggi guidano carrozze per bianchi armati di frusta, si vestono con turbanti e “cappelli da risaia”, non parlano mai ad alta voce. La maggior parte di loro sono caricature orientaliste. Due personaggi rappresentati in maniera diversa sono i personaggi africani disegnati come scimmie in If I Ran the Zoo (1950), uno dei libri dei quali Dr. Seuss Enterprises ha deciso di interrompere la pubblicazione. Sempre nello stesso libro un ragazzo bianco impugna una grossa pistola mentre è trasportato da tre uomini asiatici; poi due uomini africani, senza maglietta e senza scarpe, indossano gonne fatte di erba, tenendo tra le braccia un animale esotico. In And to Think That I Saw It on Mulberry Street, un uomo bianco viene mostrato mentre usa una frusta su un nero.

Molti hanno sottolineato che Seuss era un uomo di sinistra che nel tempo ha anche disegnato vignette che denunciavano le leggi Jim Crow, le politiche della Germania nazista e l’isolazionismo americano.

In realtà non è l’opera artistica dell’uomo che viene messa in discussione, ma l’utilizzo dei suoi libri nelle scuole.

Ishizuka e Stephens infatti hanno sollevato il problema della comparsa dei primi pregiudizi razziali nei bambini. Secondo i risultati dei due ricercatori, i bambini inizierebbero a formarsi dei pregiudizi razziali già a tre anni, tanto che a dieci alcuni mostrerebbero livelli di pregiudizi razziali simili a quelli degli adulti. Il risultato, dicono, anche delle immagini e delle esperienze “a cui sono esposti rispetto ai gruppi emarginati e alle people of color“, dice Stephens. I libri di Seuss, concludono, hanno quindi enormi implicazioni proprio perché sono “mainstream e diffusi in tutto il mondo”.

Ma le conseguenze per i bambini non bianchi sarebbero ancora peggiori. In un articolo del 1990 Rudine Sims Bishop, professoressa emerita presso la Ohio State University, specializzata in letteratura per bambini afroamericani, sosteneva che i libri fossero una sorta di specchio, di finestra e di porta per chi legge.

I libri a volte sono finestre, che offrono visioni di mondi che possono essere reali o immaginari, familiari o strani. Queste finestre sono anche porte scorrevoli in vetro e i lettori devono solo attraversarle con l’immaginazione per diventare parte di qualsiasi sia il mondo creato o ricreato dall’autore. Quando le condizioni di luce sono giuste, tuttavia, una finestra può anche essere uno specchio. La letteratura trasforma l’esperienza umana e la riflette, e in quella riflessione possiamo vedere le nostre vite e le nostre esperienze come parte della più ampia esperienza umana. La lettura, quindi, diventa un mezzo per affermare se stessi e i lettori spesso cercano il loro specchio nei libri, 

scriveva Sims Bishop. La studiosa ne concludeva che se i bambini aprono dei libri e le immagini che vedono di sé stessi sono distorte, negative e/o ridicole, “imparano una lezione potente su come sono svalutati nella società di cui fanno parte”.

Un giudizio simile l’ha espresso anche Ebony Thomas, professoressa di letteratura per bambini e giovani adulti presso l’Università della Pennsylvania, intervistata da Nbc. Thomas ha dichiarato che:

Nei libri del dottor Seuss, abbiamo una sorta di sensibilità orientata a mettere al centro solo il bambino bianco e a decentrare tutti gli altri.

Quale immagine ricevono di sé stessi quindi i bambini non bianchi quando, nel migliore dei casi, sono personaggi di sfondo o semplicemente assenti, mentre nel peggior dei casi sono dipinti attraverso stereotipi?

Molti critici della decisione di Dr. Seuss Enterprises però fondano le loro motivazioni sull’appartenenza politica del prolifico autore. Uomo di sinistra, Seuss ha anche disegnato scene che erano molto liberal e in anticipo sui tempi, sposando anche delle battaglie antirazziste e contro l’antisemitismo. 

Ed è certamente vero. Però qui risiede in realtà proprio il problema. La lente attraverso cui bianchi e non bianchi guardano a quei libri: da un lato la tendenza a leggerli sulla base dell’impatto che esso ha avuto sul proprio sviluppo intellettuale personale rispetto al razzismo; dall’altro la posizione di minoranze che leggono in quei libri un’espressione di un “razzismo strutturale”, di cui i bianchi faticano a rendersi conto. Le battaglie antirazziste di Dr. Seuss nascondono gli aspetti profondissimi che il razzismo strutturale ha raggiunto: la pervasività sociale del razzismo era, ed è, così radicata che lo stesso autore non si rendeva conto di utilizzare stereotipi razzisti e dannosi. Erano, e sono, parte del patrimonio sociale dei bianchi.

Lo studioso Philip Nel in Was the cat in the hat black? sottolinea proprio questo: i bianchi non considerano l’impatto sulle persone interessate di immagini e parole offensive e degradanti. Anzi spesso le minimizzano. Un atto che, nelle parole di Nel, è una forma di razzismo più raffinata perché “estremamente efficace nel preservare i vantaggi sistemici per i bianchi e tenere a bada in non bianchi”. I bianchi, dice l’autore, spesso pensano al razzismo come all’insulto rivolto ai non bianchi, ma faticano a considerare l’aspetto istituzionale. Perché nessuno di loro ha sperimentato le conseguenze del razzismo strutturale: a nessun bianco è stato negato il voto in quanto bianco; a nessun bianco è capitato di dover fermare un taxi per un amico non bianco; o rifiutato un prestito bancario per ragioni razziali; o altre numerose esperienze vissute da uomini e donne non bianchi negli Stati uniti (e non solo). 

Dr. Seuss è di sinistra. Ma a difenderlo si erge la destra ultima modifica: 2021-03-11T19:08:23+01:00 da MARCO MICHIELI
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