I prossimi mesi saranno sempre più difficili dal punto di vista economico e sociale: la crisi pandemica purtroppo ci accompagnerà ancora a lungo e buona parte del tessuto economico è allo stremo. In questo quadro il Next Generation EU – e quindi il Recovery Plan – assumono sempre più importanza. Non possiamo permetterci di sprecare questa occasione storica e questa volta sì l’aggettivo “storico” non è abusato: il piano sbandierato in pompa magna dal sindaco Luigi Brugnaro all’Anci in piena campagna elettorale prevedeva 3,8 miliardi di euro di risorse che, se confermate, varrebbero diverse annualità di legge speciale (ai tempi d’oro si arrivava a una media di poco meno di 150 milioni medi annui), mentre il Piano degli investimenti del Comune appena approvato è di poco più di 160 milioni per il 2021.
Nell’ultimo consiglio comunale si è discusso proprio di questo. Credo, anzitutto, sia importante ricordare come si è arrivati a questo appuntamento: è dalla seduta di insediamento dell’amministrazione attuale, lo scorso 15 ottobre, che le minoranze chiedono di dibattere tale piano straordinario. Visto il silenzio assordante del sindaco ho presentato lo scorso 23 novembre, sostenuto da tutti i consiglieri di minoranza, una interrogazione per renderlo pubblico. Scaduti i tempi per rispondere, si è dovuto ricorrere allo strumento dell’accesso agli atti per leggerlo, mentre nel frattempo filtravano indiscrezioni a mezzo stampa. Non solo, per provare ad aprire una discussione, è stata necessaria la raccolta di tutte le firme dei consiglieri d’opposizione per convocare un consiglio che avesse all’ordine del giorno questo tema. Questo iter tutt’altro che lineare è l’ennesima dimostrazione di una modalità di amministrare la città che in consiglio misuriamo sugli argomenti più disparati e che, nonostante mille rimostranze, non si scalfisce.

L’assessore al bilancio Michele Zuin a inizio consiglio ha ripercorso la vicenda, tenendo a sottolineare come la lista dei progetti presentati fosse figlia di una richiesta arrivata da parte dell’Anci, da soddisfare con tempi molto stringenti, dimostrando come, di fatto, non sia mai esistito un vero piano e quindi a oggi ci si trovi davanti a un foglio bianco ancora tutto da scrivere. Su questo punto non di dettaglio abbiamo lasciato da parte ogni polemica, ma è evidente che si tratta di una spiegazione che poteva e doveva arrivare prima, molto prima!
La nostra città sta soffrendo più di altre il momento pandemico. Il Covid-19 ha messo sotto gli occhi di tutti la fragilità del nostro tessuto economico, dimostrando che la priorità deve essere convertire il modello basato sul turismo di massa, che tutto ingloba, distrugge e che si sta riversando anche in terraferma. Sarebbe paradossale che dopo anni di dibattiti tesi a individuare strategie e azioni per dare una fisionomia alla città metropolitana, fosse l’industria turistica a vanificare tutto. Parliamo di un’industria pesante alla quale è stato concesso di svilupparsi senza regole.
Il virus ha messo in luce le debolezze di alcune direzioni consolidate che non si possono più continuare a battere per inerzia.
Alla luce di tutto ciò, come riprogrammiamo la città? Quale progetto siamo in grado di mettere in campo?
Nella mozione di minoranza abbiamo presentato alcuni assi strategici che riteniamo prioritari: Venezia città sostenibile, vivibile, digitale, del lavoro e della cultura. Assi che io credo debbano essere interpretati basandosi su due parole chiave: “(ri)abitare” e “rigenerare”.
Mettere al centro il tema della qualità della vita vuol dire trovare strategie per (ri)abitare il territorio che portano con sé ambiti d’azione molto concreti: mobilità, residenza, lavoro qualificato e produzione sostenibile. Ma dobbiamo “invertire” lo sguardo: disaggregare per poi riaggregare in termini differenti alcune tematiche, caratterizzando questi spazi d’azione con ambiti d’azione ben specifici quali ambiente e salute.
Per “(ri)abitare” è necessario “rigenerare”. Al pari di resilienza, quest’ultima è una parola inflazionata perché di stretta attualità: porta con sé il ripensamento dell’economia veneziana, ponendo al centro l’innovazione sociale ed economica a trazione culturale e processi di riuso del patrimonio pubblico. Il tutto, per usare un altro termine in voga, in ottica green.
Nel nostro territorio la transizione ecologica è molto indietro. La relazione annuale sull’efficienza energetica, presentata dal ministero dello sviluppo economico proprio in queste ore, ci ricorda come i due settori energivori sono quello residenziale e quello dei trasporti (rispettivamente pesano per il 31,1 per cento e il 28 per cento del totale). Per il settore residenziale, pubblico e privato, abbiamo le opportunità offerte dall’Ecobonus, misura che merita un approfondimento a parte. Per contro la transizione di Porto Marghera segna il passo, dal tema delle bonifiche alla riqualificazione della produzione industriale, che preveda una seria azione volta ad agevolare nuovi insediamenti produttivi idonei. È proprio di queste ore, ad esempio, la notizia che Eni sembra intenzionata a chiudere il cracking, un evento epocale, seppur prevedibile, che va governato, anche in termini occupazionali.

Incrociando questi punti troviamo la quadra per scrivere rapidamente e in modo condiviso le priorità e le misure lungimiranti per il Next Generation: interventi organici per la mobilità sostenibile e per migliorare l’accesso alla città storica governandone i flussi; opere di disinquinamento e vivificazione della laguna (che fine ha fatto il Piano morfologico della Laguna?); interventi ecologici e di sviluppo a Porto Marghera (elettrificazione banchine, marginamenti e annoso tema delle bonifiche); investimenti nell’edilizia pubblica residenziale che, ricordo, oggi pesano meno del due per cento del piano di investimento del comune; processi di digitalizzazione della pubblica amministrazione; investimenti per migliorare la qualità della vita all’insegna del potenziamento dei servizi (la cosiddetta “città in 15 minuti” a partire da una rimodulazione dei servizi sanitari di base); azioni coordinate per il sostegno al commercio e all’artigianato; ultimo ma di vitale importanza il tema, completamente negletto dall’attuale amministrazione, della filiera economica collegata al settore culturale e della formazione universitaria.
Vasto programma, ambizioso, qualcuno potrebbe dire. Lo è. Ma se non utilizziamo le grandi opportunità della Next generation e le consapevolezze raggiunte “grazie” a una pandemia mondiale per ripensare la nostra città quando mai lo faremo?
A questa impostazione come ha risposto l’amministrazione Brugnaro? Con una mozione molto confusa nella quale hanno affastellato, senza un ordine preciso, in termini vaghi, alcune linee guida e punti programmatici che non potevano che essere rigettati in toto dalla minoranza. Basti pensare che il tema del “gender gap”, ben presente nella mozione di minoranza, è comparso nel testo solo durante la discussione in consiglio sulla base di un emendamento della maggioranza stessa che si deve essere accorta strada facendo di essersi “dimenticata” questo “particolare”. I quotidiani hanno scritto che il terreno di scontro sia stato la cittadella dello sport. Esiste un Pat che già la prevede in località Tessera, il problema invece è stato un documento confuso e disordinato che rappresenta solo un gran pasticcio, privo di progettualità.
Al momento del voto il sindaco ha messo in atto l’ennesima forzatura, decidendo come suo uso di chiudere la partita, senza alcun dialogo con il tessuto cittadino. Un modo di fare politica che contraddistingue da sempre il suo stile e di conseguenza la sua maggioranza. Poco permeabile a tutto ciò che è “fuori” dal perimetro. Cosa fare ora? Inutile immaginare che siano capaci e desiderosi di avviare un percorso di condivisione, non solo con le forze della minoranza, ma con la città tutta. La stesura del Piano strategico metropolitano in questo ci ha insegnato molto.
In questo contesto e con questo scenario spetta alla classe dirigente tutta, non solo quella politica, e ai cittadini tutti, primi destinatari delle opportunità in capo, dibattere in maniera aperta e approfondita sulle azioni da intraprendere per ridisegnare Venezia e l’intera città metropolitana. Il tempo corre e non si può lasciare solo al sindaco decidere dove investire una mole così ingente di risorse, che devono rappresentare una nuova opportunità per tutti.
In copertina: in streaming la discussione sulle opportunità di finanziamento collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza nel Comune di Venezia, 4 marzo 2021

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