Nonostante la sconfitta patita nella finale del prestigioso Master di Miami, contro il più esperto Hurkacz, al termine di una partita nella quale, a dire il vero, ha giocato al di sotto delle aspettative, Jannick Sinner si è issato dove nessuno avrebbe pronosticato che potesse arrivare un poco più che adolescente. Del resto, il ragazzo altoatesino ormai non fa più notizia. Il futuro è suo, nella nuova epoca aurea del tennis italiano, con Musetti e Berrettini sugli scudi e questo fenomeno destinato a dominare per i prossimi dieci-quindici anni, prendendo, ce lo auguriamo di cuore, il posto che nella generazione precedente è toccato a Federer, Djoković e Nadal.
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La forza di Sinner risiede nella sua straordinaria normalità, nel suo far sembrare semplici gesti difficilissimi, nel suo essere quasi robotico, nel suo dominare mentalmente ogni avversario, nella sua lucidità prossima alla freddezza, nella sua tenuta psicologica, che gli consente di non perdersi d’animo nemmeno nei momenti peggiori della partita, e nella sua tempra battagliera che si rivela in campo per poi cedere il passo alla disarmante semplicità del ragazzo della porta accanto.

Jannick Sinner è ormai un protagonista dello sport italiano, uno dei pochi, al di fuori del calcio, che riesce a incollare milioni di persone davanti al televisore, come accadeva ai tempi di Alberto Tomba per quanto concerne lo sci, e come accade tuttora per l’immortale Federica Pellegrini, intramontabile campionessa che festeggerà a Tokyo i suoi trentatré anni e la sua quinta olimpiade. Sinner appartiene, di diritto, alla categoria dei predestinati, dei fuoriclasse bacieti da un talento fuori dal comune e per i quali non è difficile immaginare un futuro ricco di successi, di consensi e anche, inutile negarlo, di premi e di ricchezze.

Ha tutto per scalare la vetta dell’Olimpo, anche se adesso bisogna evitare di lasciarsi andare a eccessivi peana e a pericolosi incensamenti che tanti danni hanno arrecato in passato a potenziali fuoriclasse, oggettivamente meno strutturati di Sinner ma non meno talentuosi nelle rispettive discipline. Non ci sembra questo il caso, a dire il vero: il nostro, spiegando che in un torneo così importante “o si vince o si impara”, ha dimostrato, ancora una volta, di possedere un carattere di ferro e una forza di volontà che lo accomuna ai fenomeni assoluti, quelli che segnano un’epoca e lasciano un’eredità difficile da raccogliere. La cautela, tuttavia, è d’obbligo, seguendo gli insegnamenti della nostra amata Gazzetta che in questi giorni compie centoventicinque anni e che racconterà anche l’epopea dell’astro nascente del tennis mondiale, con la consueta autorevolezza e con i toni saggiamente misurati che la caratterizzano. Auguroni a entrambi per un futuro che si preannuncia, più che mai, roseo.

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