La cattedra fai-da-te

La scelta di non mandare i figli a scuola, l’istruzione parentale, sta prendendo sempre più piede anche nel nostro paese, complice non soltanto l’emergenza sanitaria.
ARIANNA TOMASI
Condividi
PDF

A un certo punto, nella vita di una coppia di genitori, giunge il fatidico momento della scelta. Non riguarda loro, il loro futuro. Riguarda quello del loro figlio o figlia. La sua istruzione. Solitamente, la discussione inizia con la domanda “Dove l’iscriviamo?” o “A quale scuola?” Pubblica? Privata? Cattolica o laica? Montessori? Steineriana? E se ci fosse un’altra opzione? L’opzione della non scuola? Non sono tanti, ma neppure pochi gli italiani che prendono in considerazione proprio quest’ultima possibilità. Un fenomeno ancora minoritario nel nostro paese, ma che prende lentamente piede, per un insieme di ragioni. È una realtà variegata, che va sotto il nome di “istruzione partentale” o “scuola familiare”. O anche di home schooling o home education. Termini che raccontano di un’esperienza già matura nel mondo anglo-americano. In Canada circa sessantamila bambini ricevono una home education, nel Regno Unito circa settantamila e più di due milioni negli Stati Uniti.

Come suggeriscono i termini che la definiscono, sono i genitori stessi che si occupano dell’istruzione dei propri figli, direttamente o attraverso un tutore o una figura professionale. A casa propria e in uno spazio privato condiviso. Niente aule né campanelle o ricreazioni, dunque, ma un’istruzione tra le mura di casa o in luogo privato. Una scelta radicale, certo, ma dentro i confini della Costituzione. All’articolo 30 si legge che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire, educare i figli”. L’istruzione è obbligatoria, non la scuola: i genitori possono quindi scegliere non soltanto quale scuola per i propri figli, ma anche se mandarli a scuola oppure no. Alla fine del corso scolastico saranno commissari d’esame statali a dare comunque il titolo di studio.

Il mondo anglosassone ha da tempo dimestichezza con l’istruzione parentale, anche perché essa è dentro una tradizione culturale e sociale in cui la scelta individuale, la convenienza individuale ne sono saldamente parte. In Francia, per ragioni specifiche, l’instruction en famille è da qualche tempo cresciuta in maniera esponenziale, dando vita a un acceso dibattito di natura politica: stando agli ultimi dati, oggi sono più di cinquantamila i bambini e ragazzi che in Francia sono istruiti a casa, lo 0,4 per cento della popolazione in età scolare, di cui una buona parte è rappresentata da figli di immigrati di religione musulmana le cui famiglie hanno preferito, negli anni, toglierli dalle scuole pubbliche per educarli a casa o in scuole coraniche. La questione è finita al centro dell’agenda del governo. Lo scorso ottobre, Emmanuel Macron ha annunciato di voler promuovere un progetto di legge per abolire e vietare l’istruzione domiciliare a partire dal settembre 2021. Ribadendo la “neutralità dello Stato e in nessun caso la cancellazione delle religioni nello spazio pubblico”, il presidente francese ha sottolineato che il problema è “il separatismo islamista e la sua ideologia”, serio rischio per l’educazione dei giovani francesi. Pertanto, ”dall’inizio dell’anno scolastico 2021 l’istruzione domestica sarà strettamente limitata ai requisiti sanitari […] poiché la scuola deve prima inculcare i valori della Repubblica, non quelli di una religione”.

Le reazioni – a una misura che ovviamente non interessa solo le iniziative di matrice religiose – non sono tardate: associazioni, gruppi, organizzazioni di genitori e famiglie hanno lanciato una petizione per il mantenimento dei diritti dell’istruzione familiare (Pétition pour le maintien des droits à l’instruction en famille) che ha già raccolto più di 147 mila firme.

E in Italia? Stando ai dati dell’ottobre 2020, sono circa duemila i bambini e ragazzi istruiti a casa, ma l’emergenza sanitaria ha inciso anche su questo aspetto, tant’è che il fenomeno risulta in crescita. Un incremento che contempla anche le scuole secondarie di primo e secondo grado, pur restando prevalenti la fascia d’età dai tre ai sei anni, per cui l’istruzione non è obbligatoria, e quella della scuola primaria. Oltre al richiamo costituzionale, l’istruzione parentale in Italia è regolata e tutelata da una serie di leggi e decreti che, a partire dalla metà degli anni Novanta, hanno via via introdotto regole più precise, anche in termini operativi, per permettere anche agli studenti che ricevono un’istruzione domestica di essere allineati ai programmi nazionali soprattutto al fine dell’ottenimento dei titoli di studio. Come, per citare l’esempio più recente, l’articolo 23 del Decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 62, che attesta che:

In caso di istruzione parentale, i genitori dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente, ovvero coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, sono tenuti a presentare annualmente la comunicazione preventiva al dirigente scolastico del territorio di residenza. Tali alunni o studenti sostengono annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione.

Numerosi sono i siti internet, blog per orientarsi e informarsi. Una guida completa preparata da una mamma è disponibile gratuitamente. E poi le tante esperienze dirette delle famiglie che optano per questa via, condivise sui social.

ytali è una rivista indipendente. Vive del lavoro volontario e gratuito di giornalisti e collaboratori che quotidianamente s’impegnano per dare voce a un’informazione approfondita, plurale e libera da vincoli. Il sostegno dei lettori è il nostro unico strumento di autofinanziamento. Se anche tu vuoi contribuire con una donazione clicca QUI

Erika Di Martino, pioniera della scelta dell’istruzione parentale in Italia, sul suo sito si presenta come “madre di cinque figli che non sono mai andati a scuola”. Da anni si occupa “di educazione e coaching”; è “laureata in lingue, scrittrice, social community manager e organizzatrice di eventi” e ha lasciato l’insegnamento per dedicarsi “alla diffusione dello stile di genitorialità ad alto contatto tramite il mio lavoro eclettico e funzionale”.

Erika ritiene che il principale punto di forza dell’istruzione familiare “è la rete delle famiglie e la riscoperta della società, come luogo vivo da esplorare. I bambini, come gli adulti e gli anziani, vivono una vita che è molto “inscatolata”, chiusa […] L’homeschooling stravolge tutto, connette bambini, adulti, anziani. Questa è una ricchezza. Come genitore ti metti alla prova, così come i fratelli. I fratelli passano molto tempo insieme; il vicinato si arricchisce, così come la società”.

Le debolezze, invece, perlomeno in Italia, sono legate al rischio di sentirsi isolati, “soprattutto se il genitore ha poca esperienza. L’organizzazione è fondamentale. La società ti porta ad essere individualista ed è necessario fare un grande sforzo per seguire adeguatamente i propri figli”, mentre assicura che in nessun modo l’istruzione parentale rischia di far rimanere indietro i bambini né causa ritardi nell’apprendimento.

Sul tema seguirà un altro articolo, in cui sarà dato conto di testimonianze di persone coinvolte nell’esperienza dell’istruzione parentale e di considerazioni di esperti.

La cattedra fai-da-te ultima modifica: 2021-04-13T14:59:05+02:00 da ARIANNA TOMASI
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

Lascia un commento