Il 4 maggio si vota per rinnovare il governo della Comunità Autonoma di Madrid. Il distretto della capitale da 25 anni è governato dal Pp. Usare metafore guerraciviliste nell’attualità politica spagnola è sempre da evitare ma come descrivere in breve una campagna alla quale la presidente si presenta con lo slogan “Comunismo o Libertà”? È un voto che avrà ripercussione anche in scenari nazionali. In quello locale, la destra dovrebbe rivincere con la Presidente uscente Isabel Ayuso ma col necessario apporto dell’ultra destra di Vox. Non è detto, però, che qualcosa non possa accadere. Le sinistre non hanno candidato unitario. Podemos presenta l’asso Pablo Iglesias [in copertina, ndr]. L’ex vicepresidente del governo Sánchez si è dimesso per partecipare alla “Battaglia di Madrid” – in quell’occasione Ayuso mutò lo slogan originario, “Socialismo o Libertà!”, nell’attuale. Ángel Gabilondo è il candidato socialista e Mónica García la candidata di Más Madrid, la formazione nata durante l’esperienza della giunta comunale madrilena di Manuela Carmena (2015-2019) dopo l’abbandono di Podemos da parte di Íñigo Errejón, uno dei fondatori e “numero due” dei viola.
Del travolgente percorso che, a partire da una crisi dell’alleanza di centrodestra in Murcia, ha portato allo scioglimento dell’Assemblea madrilena e alcuni giorni dopo alle dimissioni di Iglesias, scrivemmo qui. Ma ci sembra utile tornare sul voto di Madrid perché quanto accade nella capitale spagnola non ha solo valenze locali e nazionali. L’esperienza madrilena, del quale questo voto è solo un passaggio, anche se cruciale, costituisce un vero e proprio laboratorio politico per la Spagna e anche per l’Europa, come vedremo più avanti.

Isabel Ayuso entrò nel Pp nel 2005, quando l’attuale segretario del partito Pablo Casado dirigeva Nuevas Generaciones, la federazione dei giovani popolari. Laureata in comunicazione e giornalismo, si occupa di web e passa per la gestione del profilo Twitter di Pecas, il cane della leader madrilena Esperanza Aguirre, presidente della Comunità dal 2003 al 2012. Oltre le facili ironie, inizia qui la sua scalata. Viene notata da Cristina Cifuentes (presidente della Comunità 2015-2018) che la chiama con sé e le fa coordinare la comunicazione del partito per poi presentarla come deputata regionale e innalzarla a portavoce del gruppo in Assemblea. Furono anni drammatici per il pur avvezzo alle dure battaglie interne Pp madrileno, con scandali e feroci faide in cui vennero utilizzati anche settori deviati degli apparati di sicurezza dello stato (Le “Cloache dello Stato” delle quali accennammo qui). Nel 2018 Cifuentes è costretta alle dimissioni dopo la diffusione di un video di sorveglianza che la coglieva mentre sottraeva merci in un supermercato. Due brevi interregni a guida maschile e poi Ayuso arriva alla presidenza nell’agosto 2019. Perché, malgrado gli scandali, il Pp continua a vincere le elezioni.
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A marzo 2020 esplode l’emergenza epidemica. Madrid è il focolaio più ampio e ferale. I numeri sono impietosi. Le residenze per gli anziani hanno tassi di vittime tra i più alti a livello mondiale, l’imposizione di non spostare negli ospedali gli ammalati di Covid-19 andrà nei tribunali. Poi, i continui piccoli scandali durante la gestione dell’emergenza – la suite d’emergenza e isolamento della presidente avuta gratuitamente da un’impresa che vive di aggiudicazioni pubbliche, la sostituzione del cibo delle mense scolastiche, chiuse per l’epidemia, con pasti di Telepizza -. Le scelte di classe nella selezione dei quartieri cui imporre il confinamento, le inefficienze, gli sprechi per il varo di inutilizzate strutture eccezionali e i ritardi nella gestione dell’emergenza sanitaria. La continua battaglia col governo nazionale in merito alle misure, alla loro applicazione, costituzionalità e fondatezza, la contiguità politica con le proteste di settori economici e politici contrari alle restrizioni e alle politiche di contrasto dell’epidemia sino al negazionismo. I ritardi attuali nella vaccinazione, in particolare per gli anziani, il recente afflusso di giovani da molti paesi d’Europa per la rinnovata movida dei locali. Questi e altri elementi fanno della gestione dell’epidemia nel distretto della capitale un disastro. Un disastro sanitario che è, però, anche un laboratorio, politico ed economico, spagnolo e europeo.

Un laboratorio che gode di un grande consenso, in grado di mantenere elettorati storici e di assorbire parte della mobilità elettorale successiva alla crisi del bipartitismo spagnolo. Un laboratorio politico ed economico, perché la Comunità di Madrid pratica un “secessionismo di fatto” dal sistema della Spagna delle Autonomie – il vero contraltare all’indipendenza-fake catalana – che usa la leva fiscale, finanziata col taglio dei servizi e con concessioni dei suoli, per attrarre investimenti e imprese, sottraendoli alle altre autonomie spagnole ma anche a altre zone del sud dell’Europa. Un laboratorio spagnolo ed europeo, infine e forse soprattutto, perché il Pp di Isabel Ayuso è probabilmente la prima vera manifestazione politica strutturata europea di una “post-destra” che possiamo definire trumpista: il next level del populismo di destra europeo si sta sperimentando qui.
Trumpista nel discorso, nella prassi, nella rappresentazione di identità “di terra e di razza (spagnola)”, nell’antifemminismo, nell’affermazione di classe – almeno come “visione del mondo”, quindi condivisa anche da settori che di quelle politiche non beneficiano, anzi -. Una secessione, effettiva ma non propagandata, in nome della Hispanidad e della Tauromachia, suscita meno riprovazione di una secessione esclusivamente simbolica ma molto urlata, agita in nome della Repubblica catalana.
Quella di Ayuso, ben supportata dallo staff di José María Aznar, il leader che ha portato il Pp al potere e fu per due volte capo del governo, è una destra nuova, padrona dei social e amata dai media, che finanzia e con cui stringe affari. L’ultimo, svelato da un reportage congiunto delle testate on-line Contexto e Publico a firma di Miguel Mora e Pilar L. González de Lara, comporta la concessione di una licenza per università privata al potente gruppo editoriale Planeta (una joint venture, di cui fa parte anche l’italiana De Agostini, che sta facendo grandi investimenti nel comparto della formazione internazionale) principale azionista della prima e principale rete televisiva privata, Antena3 e della catena radiofonica nazionale Onda Cero.

Le politiche della Comunità beneficiano importanti settori. Come in sanità, dove un sistema pubblico piegato dai tagli è crollato davanti dell’epidemia. La ricca Madrid è la Comunità che meno risorse dedica alla salute, il 3,7 per cento del bilancio, peggio solo della Catalogna (altro esempio iberico di destra liberale che si avvicina al trumpismo, nel campo dell’indipendentismo legato a Carles Puigdemont), che spende il 4,9 per cento, su una media nazionale del 5,6 per cento. Al basso investimento pubblico corrispondono gli affari privati, col 37 per cento dei madrileni affiliati a mutue della sanità privata, davanti sempre ai catalani che si fermano poco sotto al 32 per cento a fronte di una media spagnola del 23 per cento.
Come si rifletterebbe una forte vittoria del Pp trumpista di Ayuso (e Aznar) sul Pp di Casado che, con difficoltà, prova a ritrovare una vena moderata? O, al contrario, un incepparsi del meccanismo apparentemente inarrestabile che la deve riportare al governo della Comunità cosa scatenerebbe nel Pp? Conseguenze ci saranno anche in casa socialista. Ayuso, che già ha agito da vera leader dell’opposizione nazionale oscurando da Madrid Pablo Casado con le sue continue battaglie col governo Sánchez sulla gestione dell’emergenza sanitaria, già è pronta a rivendicare la sua probabile vittoria come primo falso nella serie di vittorie elettorali sin qui mietute da Pedro Sánchez, proponendosi come modello vincente per il governo nazionale. Un modello trumpista per l’Europa.

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