I rabdomanti de “il manifesto” in poemetti e una favola

Un libretto intimo, affettuoso. L’omaggio di Tommaso Di Francesco ai fondatori del “quotidiano comunista”.
ALDO GARZIA
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Tommaso Di Francesco, attuale condirettore del manifesto, ha da sempre una passione tenuta in ombra da quella pubblica e ingombrante per politica e giornalismo. La poesia e la narrativa, infatti, sono il suo modo di esprimersi più autentico e intimo. Per Tommaso c’è uno spazio di sé non dedicato alla pura razionalità da recuperare a ritmi regolari con il linguaggio maggiormente ambiguo e allusivo proprio del poetare. Il problema – lui lo deve aver risolto con una formula che dovrebbe socializzare – è come far convivere, con poche contraddizioni, le due attitudini personali: quella del giornalismo politico, quella del narrare poeticamente. 

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Chi lo conosce da qualche decennio come me, ha seguito il suo percorso a latere della politica. Per esempio, le raccolte poetiche Ciniche 1987 (introduzione di Franco Fortini), Incorpora testo 1984, Latina 2012, Reiificar 2017. Poi le prove di narrativa, tra cui: Il giovane Mitchum 1988, Disparte 2003, La passione della distrazione 2007, La balenottera 2018. Nel curriculum letterario anche un libro/conversazione con Pedrag Matevejevic, Breviario jugoslavo. Ogni tanto, poi, Di Francesco ha scritto poesie ambientate al manifesto e tra i suoi redattori: un introvabile volumetto Quinto piano 1981, Bistró 1999, Il trasloco 2009. Le prime poesie risalgono però addirittura al 1968, quando alcune furono scelte da Pier Paolo Pasolini per pubblicarle sulla rivista Nuovi Argomenti.

Provini fotografici delle prime riunioni del manifesto

In occasione dei cinquant’anni del suo giornale, Di Francesco ha pensato di festeggiare l’avvenimento con I rabdomanti (manifestolibri). “Quattro poemetti, quattro poesie colloquiali e una favola”, recita il sommarietto di copertina su progetto grafico di Andrea Nicolò. Si tratta di un omaggio ai personaggi e fondatori storici della redazione, nell’ordine scelto da Di Francesco: Aldo Natoli, Luigi Pintor, Lucio Magri, Eliseo Milani, K. S. Karol, Rossana Rossanda, Valentino Parlato, Lidia Menapace, Luciana Castellina. I fondatori del manifesto sono dunque accomunati da Di Francesco nel titolo “I rabdomanti”, cioè ai cercatori d’acqua o di metalli preziosi con virtù particolari. In questo caso, si tratta di idee e progetti per un giornale e per progetti politici. 

Ogni personaggio ha le sue particolarità. Prendiamo Rossana Rossanda, morta a Roma nel settembre 2020, dove era tornata dopo anni trascorsi a Parigi con il marito K. S. Karol. Era ormai malata. Le faceva compagnia la gatta dal pelo nero Mefis, che l’aveva seguita da Parigi e che a un certo punto si perse, forse inseguendo un amore felino. L’episodio è diventato un racconto dedicato a Rossanda e a Luciana Castellina, che ospitò padrona e gatta per un periodo a casa sua. Mefis era fuggita gettando in crisi la sua padrona. La ritrovò Filippo Maone, amico di una vita di Rossanda, definita dall’autore – in una poesia – “matrice non Medea”. A Rossanda è dedicato pure un poema scritto quando nel 2014 mori Karol (il leggendario “Solik”, dal titolo della sua autobiografia).

Tommaso Di Francesco

Con parole dolci e affettuose vengono ricordati inoltre Lidia Menapace, che portò la problematica religiosa nella redazione di via Tomacelli, ed Eliseo Milani, all’apparenza tipo burbero, che fu presidente della cooperativa del giornale. Lucio Magri, invece, per Di Francesco apriva il sentiero con la lampara della teoria, forse “troppo tardi e troppo presto”. A Luigi Pintor è dedicata una poesia commovente sui suoi ultimi giorni. Di Aldo Natoli, in rima, si ricorda il suo lavoro sulle sorelle Giulia e Tatiana Schucht, moglie e amica di Gramsci, oltre al suo non avere fretta sapendo guardare avanti ogni volta (gli anni passati in carcere sotto il fascismo avevano dato evidentemente a Natoli “un’altra dimensione del tempo”). Al “tripolino” Valentino Parlato, anima profonda del giornale e dei suoi problemi quotidiani, è dedicato infine un tenero ricordo che lo ritrae come “sosia di Mastroianni… con la bramosia del barone di Cefalù”, un po’ sabbia e un po’ oasi della sua nativa Libia. 

Per chi ha conosciuto, o semplicemente letto, per anni questi “maestri rabdomanti” di politica e giornalismo è suggestivo ritrovarli in poemetti e poesie colloquiali. Tommaso Di Francesco ha centrato il suo originale obiettivo di omaggiare così il cinquantesimo anniversario del manifesto quotidiano (primo numero 28 aprile 1971).


Dei poeti e degli aguzzini
ad Aldo Natoli

[da I rabdomanti, di Tommaso di Francesco]

I rabdomanti de “il manifesto” in poemetti e una favola ultima modifica: 2021-04-21T16:32:14+02:00 da ALDO GARZIA
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