In occasione dell’Earth Day il presidente Joe Biden ha invitato quaranta leader mondiali a un incontro virtuale di due giorni per discutere di cambiamento climatico in vista della conferenza delle Nazioni Unite del prossimo novembre a Glasgow, in Scozia. L’amministrazione spera che i paesi presenti all’incontro si assumano nuovi impegni sul clima, con l’obiettivo comune di dipendere meno dai combustibili fossili. All’evento parteciperanno capi di stato e di governo di vari paesi: Bolsonaro, von der Leyen, Putin, Macron, Merkel, Jinping, Draghi, Michel, Erdoğan, Netanyahu, Obrador e molti altri. Anche papa Francesco ha fatto sapere che vi prenderà parte.
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L’iniziativa segna anche il ritorno degli Stati Uniti sulla scena della diplomazia climatica internazionale, dopo i quattro anni di amministrazione Trump e il ritiro dagli accordi di Parigi nel 2017 (decisione annullata poi da Biden). Il presidente democratico punta a riconquistare la leadership globale sul clima. Il clou dell’evento sarà proprio la presentazione del nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni degli Stati Uniti, una riduzione di almeno il 50 per cento entro il 2030, sulla base dei livelli del 2005.
Al centro dell’attenzione sarà inoltre la cooperazione tra la Cina e gli Stati Uniti. Anche se John Kerry, l’inviato di Biden per il clima, ha raggiunto un accordo a Shanghai per affrontare con urgenza le conseguenze catastrofiche dell’innalzamento delle temperature, il vertice arriva in un crescendo di tensioni tra i due paesi sui diritti umani e sul commercio. Il segretario di stato Antony Blinken ha infatti dichiarato che gli sforzi dei paesi nella lotta contro il cambiamento climatico non possono essere utilizzati come scusa per “cattivi comportamenti”, riferendosi al trattamento riservato dalla Cina agli uiguri nello Xinjang, alla repressione della democrazia a Hong Kong e alle tensioni nel Mar Cinese Meridionale.
Biden si è impegnato a rendere il settore elettrico statunitense a zero emissioni di carbonio entro il 2035, e quindi a rendere l’intera economia a emissioni zero entro il 2050. Il vertice sarà quindi anche l’occasione per presentare il vasto programma di interventi per contrastare il cambiamento climatico che la sua amministrazione intende realizzare. Nell’American Jobs Plan, il gigantesco piano per le infrastrutture da duemila miliardi di dollari, sono previsti infatti interventi nel settore ambientale per mille miliardi. L’amministrazione finanzierebbe parte della spesa eliminando i crediti d’imposta e i sussidi per i produttori di combustibili fossili. Si prevede inoltre di finanziare la maggior parte del piano aumentando l’aliquota dell’imposta sulle società al 28 per cento, dopo la riduzione dal 35 al 21 per cento voluta da Trump nel 2017.
Se la proposta di legge dovesse essere approvata, si tratterebbe del più grande sforzo federale mai compiuto per frenare le emissioni di gas serra del paese.
Tra le misure previste vi sono 174 miliardi di dollari per rilanciare il mercato delle auto elettriche e abbandonare le auto a gas; la sostituzione di tutti i tubi di piombo del paese; il rinnovamento dei sistemi idrici per garantire che l’acqua potabile sia sicura; finanziamenti per installare mezzo milione di stazioni di ricarica per auto elettriche in tutto il paese entro il 2030; un finanziamento di 100 miliardi di dollari per aggiornare la rete elettrica del paese e renderla più resistente al cambiamento climatico; il rinnovamento delle infrastrutture obsolete come strade e ponti per essere più resistenti agli eventi meteorologici come siccità, inondazioni e incendi; l’efficientamento energetico di milioni di case, con sforzi concentrati sulle comunità a basso reddito e sulle minoranze più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Biden propone anche la creazione di uno “standard di efficienza energetica e elettricità pulita”, che richiederebbe che una parte dell’elettricità statunitense provenga da fonti a zero emissioni di carbonio come l’energia eolica e solare.
Sono invece 35 miliardi di dollari che saranno investiti in ricerca e sviluppo tecnologico per mitigare i cambiamenti climatici e creare posti di lavoro. Inoltre nel tentativo di aiutare i lavoratori dei combustibili fossili a passare a nuovi posti di lavoro, il piano include anche sedici miliardi per impiegarli in altre attività, come ad esempio il recupero di vecchie miniere di carbone. Altri dieci miliardi di dollari saranno destinati alla creazione dei “Civilian Climate Corps” per utilizzare americani sottoimpiegati in progetti per conservare e ripristinare terre e acque pubbliche, aumentare il rimboschimento e proteggere la biodiversità.
Tutti questi progetti dovranno passare le forche caudine del Congresso. Alla Camera i deputati progressisti del Partito democratico hanno fatto sapere che è troppo poco. Al Senato, il senatore democratico del West Virginia, Joe Manchin, gli renderà la vita difficile, mentre i repubblicani rifiutano a gran voce qualsiasi cosa abbia un contenuto climatico.

A sinistra le difficoltà sono con i sostenitori del Green New Deal. “Non è abbastanza”, ha infatti scritto la deputata progressista Alexandria Ocasio-Cortez in un tweet sul piano delle infrastrutture. La democratica ha deciso quindi di ripresentare la risoluzione sul Green New Deal il giorno prima dell’incontro di Biden con i leader mondiali. Inizialmente introdotta nel 2019, la risoluzione non vincolante cerca di eliminare totalmente le emissioni di gas serra negli Stati Uniti entro il 2030, contro l’obiettivo di Biden del 2050. Il Green New Deal, che ha il sostegno di 103 deputati democratici (su 218), è stato duramente attaccato dai repubblicani e Biden ha ripetutamente affermato che non è il suo piano.
Anche perché il presidente deve affrontare lo scetticismo di una parte dei sindacati, nonostante i tentativi del democratico di “vendere” il piano come un’opportunità per creare posti di lavoro sindacalizzati e ben pagati. In particolare i sindacati del settore petrolifero e del gas, importanti in alcuni stati come la Pennsylvania, decisivi per la vittoria di Biden alle scorse elezioni presidenziali.
Per un decennio, la Pennsylvania e altri stati hanno assistito alla scomparsa dei posti di lavoro nel settore del carbone e si teme che obiettivi climatici ambiziosi – con eolico e solare più economici – comportino nuova disoccupazione. L’amministrazione Biden si è impegnata ad aiutarli con una “transizione” verso nuovi posti di lavoro, attraverso agevolazioni fiscali e sovvenzioni per diversificare le economie degli stati dipendenti dai combustibili fossili. Ma non è ancora chiaro quanto potrebbero essere efficaci questi programmi. Inoltre, anche se i lavoratori nel settore dei combustibili fossili trovassero lavoro nel settore delle energie rinnovabili, molti sono preoccupati di rimetterci dei soldi. Perché le aziende dell’energia alternative sono piccole aziende, con lavoratori non sindacalizzati, e che necessitano di minore personale.
Prima che il piano di Biden tuttavia abbia effetto deve essere approvato dal Congresso, dove i repubblicani sono ostili. Biden ha risposto a quest’ostilità dichiarando il piano per le infrastrutture un pilastro del piano generale per affrontare il cambiamento climatico. Se la Camera, per quanto i margini della maggioranza democratica siano ristretti, non dovrebbe riservare problemi, le difficoltà vi saranno al Senato, dove democratici e repubblicani sono in sostanziale parità, anche se la vicepresidente Kamala Harris garantisce la maggioranza ai dem, in qualità di presidente del Senato. Voto che può far pesare solo e soltanto in occasione della parità.
Invece al Senato esiste l’ostruzionismo che fa salire la soglia del voto per approvare i provvedimenti legislativi a sessanta senatori. Pertanto è probabile che i democratici cerchino di far passare tutto il pacchetto attraverso la procedura di riconciliazione, una procedura di bilancio che consente di approvare al Senato dei provvedimenti, legati direttamente e strettamente al bilancio, con la maggioranza semplice.
Ma la maggioranza semplice al momento i democratici non sembrerebbero averla. Joe Manchin, il senatore democratico del West Virginia, uno stato che Trump ha vinto nel 2016 con quaranta punti di distacco e nel 2020 con 38, si oppone alla procedura di riconciliazione e potrebbe far pesare il proprio voto (West Virginia è uno degli stati più dipendenti dal carbone). In particolare Manchin ha dichiarato che non accetterà un aumento dell’aliquota dell’imposta sulle società dal 21 al 28 per cento. Pertanto pezzi chiave del piano di Biden potrebbero essere eliminati durante i negoziati con i democratici moderati, i più titubanti sulla politica climatica e sulla spesa federale.


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