Caitlyn Jenner, star, trans, repubblicana. Sognando California

L’olimpionica, icona dei reality e attivista transgender si candida a governatrice dell’antica roccaforte del Grand Old Party, oggi baluardo dei liberal. Con qualche aiuto da parte della cerchia di Trump.
MARCO MICHIELI
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Caitlyn Jenner si candida governatrice della California. L’ex olimpionica, star dei reality, attivista transgender e nota repubblicana ha annunciato che parteciperà alla competizione per il recall – la procedura con la quale gli elettori possono rimuovere un politico eletto attraverso una votazione diretta – dell’attuale governatore democratico Gavin Newsom. Anche se attualmente i sondaggi indicano che una revoca del mandato di Newsom è difficile, nonostante le critiche per la gestione della pandemia di Covid-19, molti ricordano che in una situazione simile una star di Hollywood divenne governatore, restando in carica per otto anni: Arnold Schwarzenegger.

Jenner è stata un’icona dello sport statunitense. Vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1976 a Montreal nella disciplina del decathlon, realizzando il record mondiale e olimpico (infranto poi quattro anni più tardi da Daley Thompson) e ottenne il titolo di Male Athlete of the Year da parte dell’Associated Press nello stesso anno. All’apice del successo sportivo cominciarono ad arrivare proposte di lavoro dal mondo dello spettacolo e della pubblicità. Comparve su numerose riviste, non solo sportive, e sulle pubblicità di numerose aziende. Si pensò all’atleta anche per il ruolo di Superman, che alla fine però fu interpretato da Christopher Reeve.

Nel frattempo diventa ospite di numerosi show televisivi, partecipa a sit-com e a film. Ed è in questo settore che acquista enorme fama e, soprattutto, soldi. Dopo due matrimoni infatti sposa nel 1991 Kris Kardashian, ex moglie dell’avvocato difensore di O. J. Simpson. La moglie trasforma Jenner in un vero e proprio personaggio televisivo. Una dote che metterà a frutto in particolare con un programma televisivo dedicato alla famiglia Kardashian-Jenner – Al passo con i Kardashian -, seguito poi da sei spin off. Kris Kardashian gestirà non solo la carriera di Jenner ma anche gli affari e l’immagine dei suoi figli. Una famiglia allargata che da decenni è al centro del gossip mondiale. Jenner e Kardashian divorziano poi nel 2014, per “differenze inconciliabili”.

Pochi mesi dopo in un’intervista Jenner si dichiara infatti una donna trans, dicendo di aver affrontato la disforia di genere sin da giovane e di sentirsi “a tutti gli effetti, una donna”. Jenner ha anche affermato di non essere mai stata sessualmente attratta dagli uomini, ma sempre dalle donne, e che, tenendo presente la difficoltà che le persone hanno a comprendere la differenza tra orientamento sessuale e identità di genere, si sarebbe identificata come asessuata. Ha iniziato quindi ad utilizzare il suo nuovo nome e i pronomi femminili. Ed è ancora più successo. Ottiene oltre un milione di follower su Twitter in quattro ore e tre minuti, stabilendo un nuovo record e superando quello dell’allora presidente Obama, che, un mese prima, aveva compiuto la stessa impresa in quattro ore e cinquantadue minuti.

Caitlyn Jenner diventa in breve tempo la voce della comunità transgender, grazie alla sua fondazione per la prevenzione dei suicidi. E soprattutto grazie a I Am Caitlyn, una trasmissione televisiva in cui affronta tematiche social legate al transgender. Un’attività quella di Jenner che attira critiche dalla comunità LGBTQ ma che, secondo Outsports.com, una rivista online per atleti LGBTQ, ha un impatto sul paese, visto che l’80 per cento delle persone negli Stati Uniti non ha mai incontrato una persona transgender e “all’improvviso, le persone nel mezzo del paese hanno visto una persona transgender per la prima volta”.

La famiglia Kardashian-Jenner

Parte delle critiche arrivano dalle scelte politiche di Jenner, che è da sempre una repubblicana. Nel 2016 sostiene inizialmente Ted Cruz, nonostante le posizioni del senatore del Texas molto dure sui diritti LGBTQ. Poi decide di sostenere l’amico Donald Trump. Durante le elezioni del 2016, esprimerà più volte la sua totale contrarietà nei confronti di Hillary Clinton (“a fucking liar” la definisce).

So che il Partito Democratico ha posizioni migliori sulle le questioni LGBTQ, non sono stupida. Ma filosoficamente sono repubblicana. Ho opinioni conservatrici. Ma sono anche trans. Preferirei di gran lunga convincere i repubblicani a fare meglio con le questioni LGBTQ piuttosto che cercare di convincere i democratici ad abbassare le tasse e ad avere meno regolamenti e meno governo. Lavoro sodo, soprattutto dietro le quinte, per cambiare le opinioni dei repubblicani. Quando mi siedo con i senatori repubblicani, mi dicono che non hanno mai incontrato una persona trans prima d’ora e menzionano la loro fede. Spiego come la fede abbia giocato un ruolo importante in ciò che ho fatto e sto facendo in questo momento. Il solo fatto di sedersi attorno a un tavolo con qualcuno può far cambiare idea alle persone.

Jenner dichiara di essere sicura che la comunità LGBTQ non ha nulla da temere da una presidenza di Donald Trump. Dichiara anche, partecipando all’inaugurazione presidenziale a gennaio, che Trump avrebbe rafforzato le linee guida federali per la protezione dei giovani transgender stabilite dall’amministrazione Obama. Trump in realtà rimuoverà le linee guida, preferendo consentire ai singoli stati di decidere. Un colpo duro per Jenner. Ma la reazione “politica” tra i due peggiora. Più tardi il presidente repubblicano emana anche un ordine esecutivo per ripristinare il divieto per le persone transgender di prestare servizio militare. Infine l’amministrazione decide di limitare la definizione legale del genere di una persona a quella assegnata alla nascita. Decisioni che portano alla rottura pubblica tra i due. Nell’ottobre del 2018 in un editoriale sul Washington Post Jenner scrive di essersi sbagliata su Trump: “la realtà è che la comunità trans è inesorabilmente attaccata da questo presidente.” In un’intervista del 2018 con Broadly, Jenner dichiara poi che Trump, sulle questioni LGBTQ, era “il peggior presidente che abbiamo mai avuto”. Non smette però di sostenere il Partito repubblicano.

Penso che la cosa migliore che il Partito repubblicano possa fare sia abbracciare le differenze delle persone. Penso che potrebbe fare miracoli. Ci vorranno un paio di generazioni per cambiare il modo di pensare delle persone, ma la percezione che i repubblicani siano cristiani ricchi, bianchi, evangelici e anti-LGBTQ potrebbe essere cambiata.

Alla domanda sulle sue intenzioni di voto per il 2020, Jenner preferisce non rispondere, scherzando sulla possibilità di votare per l’allora genero, il rapper Kanye West.

Anche se la relazione politica con Trump si è interrotta, la decisione di Jenner di candidarsi come governatrice della California – la prima repubblicana a farlo e la seconda transgender ad ottenere una nomina da parte di uno dei due participiali partiti – è supportata da una squadra di trumpiani di ferro. Tra questi Brad Parscale, l’uomo della campagna social di Trump nel 2016 e nominato nel 2020 alla guida della campagna presidenziale del repubblicano, prima di essere sostituito. È Parscale che aiuta Jenner a costruire la squadra per la campagna: Steven Cheung, un ex collaboratore di Trump che ha anche lavorato nel 2003 alla campagna di Arnold Schwarzenegger; e Caroline Wren, una nota fundraiser – ricercatrice di finanziamenti – del Partito repubblicano, che ha lavorato per Trump e ha aiutato ad organizzare l’incontro pubblico che ha preceduto l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio.

La sua candidatura ha però sollevato l’immediata reazione di Equality California, la più grande organizzazione statale per i diritti civili LGBTQ+ della nazione che ha dichiarato via Twitter:

Non vediamo l’ora di eleggere un governatore #trans della California. Ma Caitlyn Jenner ha passato anni a dire alla comunità LGBTQ+ di fidarsi di Donald Trump. Abbiamo visto come è andata a finire. Ora vuole che ci fidiamo di lei? Dopo che Trump ha vietato ai transgender di prestare servizio militare, ha attaccato studenti transgender e ha persino cercato di consentire ai rifugi per i senzatetto di allontanare le donne trans, Caitlyn Jenner fa affidamento alla sua ex cerchia ristretta per condurre la sua campagna. I californiani – e in particolare i trans-californiani – comprendono fin troppo bene il rischio di eleggere un’altra star di reality tv che si preoccupa più della fama e del denaro che dei diritti civili, dell’assistenza sanitaria e della sicurezza delle nostre comunità. Non possiamo lasciare che ciò accada. Il governatore Gavin Newsom è un sostenitore dell’uguaglianza e ha trascorso la sua carriera combattendo per i diritti civili LGBTQ+ e la giustizia sociale.

Il democratico Newsom è stato al centro di molte polemiche per la gestione della crisi sanitaria. Repubblicani e democratici si sono espressi contro le direttive dello scorso marzo che presumibilmente hanno portato a riaperture premature. Ha ricevuto anche critiche per la distribuzione iniqua dei vaccini e per le truffe miliardarie legate ai sussidi per la disoccupazione. Anche se secondo i sondaggi il 56 per cento degli elettori si dichiara contrario al recall, oltre il 58 per cento degli elettori preferirebbe un nuovo governatore nel 2022.

In teoria Newsom però non dovrebbe rischiare nulla. La California resta oggi infatti una roccaforte dei democratici, anche se nel passato i repubblicana hanno vinto tutte le elezioni presidenziali dal 1952 al 1992 (tranne quelle del 1964). A partire dalle elezioni presidenziali del 1992, la California è diventata sempre più democratica, con ampi margini (i democratici vincono le contee della costa e i repubblicani le contee interne). Il sistema del recall è però insidioso.

La California è uno dei diciannove stati che consentono agli elettori di rimuovere i funzionari statali prima della fine del loro mandato (il recall). Non è necessario alcun motivo: basta il 12 per cento degli elettori delle ultime elezioni per quella carica, di almeno cinque contee (quindi 1.495.709 di firme valide). Gli attivisti repubblicani hanno cercato di sostituire Newsom poco dopo la sua elezione nel 2019, con cinque tentativi andati a vuoto. Anche se inizialmente la sesta petizione di recall rimproverava le politiche progressiste di Newsom (come lo stop alla pena di morte), la pandemia l’ha trasformata. Innanzitutto perché sono stati prorogati i termini temporali per la raccolta di firme, a causa dell’emergenza sanitaria. Inoltre alcune notizie hanno favorito la mobilitazione a favore del recall: ad esempio la notizia della partecipazione di Newsom senza maschera a una cena con lobbisti nell’elegante ristorante French Laundry, mentre chiedeva ai californiani di mascherarsi ed evitare la socializzazione; oppure la chiusura delle scuole pubbliche mentre quelle private rimanevano aperte, consentendo anche ai figli di Newsom di continuare a studiare.

Agli elettori verranno poste due domande: “volete rimuovere Newsom, sì o no?; e, se più del 50 per cento degli elettori dice “sì”, “chi dovrebbe sostituirlo?”. Non c’è limite al numero di candidati che possono candidarsi per sostituire Newsom. Il problema per i democratici sarà decidere se presentare una candidatura nella lista dei possibili sostituti di Newsom. Per i repubblicani saranno molti probabilmente a presentarsi: oltre a Jenner, si sono detti interessati sia il miliardario John H. Cox, sia l’ex sindaco di San Diego Kevin Faulconer. Chi ottiene il maggior numero di voti vince, anche senza la maggioranza. Quindi è del tutto possibile che qualcuno possa essere eletto in un recall con meno della metà dei voti. È quello che è successo nel 2003, quando l’allora governatore democratico Gray Davis fu sostituito col dal 55 per cento di “sì”. Si candidarono 135 persone persone per sostituirlo, dividendosi i voti e permettendo alla star del cinema d’azione Arnold Schwarzenegger di vincere con il 48,6 per cento.

Gavin Newsom, il governatore della California
Caitlyn Jenner, star, trans, repubblicana. Sognando California ultima modifica: 2021-04-24T15:54:26+02:00 da MARCO MICHIELI
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