Napoleone, bicentenario delle polemiche

Da un lato, coloro che difendono l'imperatore dei francesi e la sua eredità. Dall'altra parte, chi denuncia i suoi crimini. Ma è sopratutto il dibattito sul ripristino della schiavitù e sui massacri nelle isole caraibiche che assume centralità. Perché sono in gioco visioni diverse della Francia.
MARCO MICHIELI
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[PARIGI]

Il 5 maggio saranno passati duecento anni dalla morte di Napoleone. Sono previsti numerosi eventi in suo onore. Il presidente Emmanuel Macron terrà un discorso all’Institut de France per ricordarlo e poi deporrà una corona di fiori sulla tomba-sarcofago a Les Invalides. In che modo celebrare il generale è questione che molti si sono posti. Ricordarlo come l’uomo politico che ha trasformato lo stato francese, contribuendo attraverso le guerre a diffondere le idee dell’Illuminismo e della Rivoluzione oppure come un feroce despota che conquistò l’Europa, condannandola a numerosi anni di guerre, e soprattutto restaurò la schiavitù che la Rivoluzione aveva eliminato?

La questione non è di poco conto. Perché la celebrazione del bicentenario avviene proprio quando è in corso un forte dibattito attorno alle questioni della razza e dell’identità. Da un lato vi sono i difensori del modello repubblicano francese, secondo il quale la razza – non solo e ovviamente quella in termini biologici ma anche quella intesa come prodotto di assetti sociali e decisioni politiche – non esiste poiché l’identità primaria è quella del cittadino francese, che gode di tutti i diritti, a prescindere dall’appartenenza religiosa, etnica, razziale, di genere e di orientamento sessuale. Dall’altra vi sono i critici dell’universalismo francese i quali affermano che il non riconoscimento formale della razza non significa che le razze – nella loro accezione culturale e come prodotto degli assetti sociali – non esistano: questi considerano l’universalismo del modello repubblicano una forma di “color blindness” (per utilizzare un termine del dibattito statunitense), una “neutralità” fittizia politica e giuridica nei confronti delle differenze.

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Proprio nel tentativo di rimettere in discussione il modello repubblicano e la narrazione nazionale del paese come un campione dei diritti umani universali, tanto la lunga storia francese della schiavitù quanto quella del colonialismo sono recentemente e sempre più oggetto di dibattito da parte dei critici del modello repubblicano. L’idea è che mettere un velo e raccontare solo parzialmente la storia della schiavitù e del colonialismo nutrano dei risentimenti profondi in una società sempre più plurale e multiculturale e incoraggino le persone a ritirarsi nella propria identità.

E Napoleone non scappa a questa discussione. Come ha infatti scritto sul New York Times Marlene L. Daut, haitiano-americana e docente di studi sulla diaspora americana e africana:

La Francia intende celebrare l’uomo che ha restaurato la schiavitù nei Caraibi francesi, un architetto del genocidio moderno, le cui truppe hanno creato camere a gas per uccidere i miei antenati […] Ciò che necessita di più elaborazione, tuttavia, è il ruolo che il popolo francese ha svolto nel violento ritorno alla schiavitù del proprio paese. Ciò non è derivato unicamente dal capriccio di un terribile dittatore. I legislatori francesi e l’esercito francese, con ampio sostegno del pubblico, hanno sostenuto le azioni di Napoleone, dimostrando la perdurante incoerenza del repubblicanesimo francese.

Le atrocità commesse dall’esercito francese su ordine di Napoleone in quei territori sono documentate e conosciute. Eppure, dice Daut, si preferisce celebrare la memoria del Napoleone uomo di stato, ritenendola di maggiore rilevanza rispetto ai massacri della popolazione nera ad Haiti e in altre isole caraibiche. Un’opposizione che trova sostegno anche nei Dom-Tom, i dipartimenti d’Oltremare, della Martinica e della Guadaloupe. E che si estende alla constatazione della strada che resta da fare nel sistema dell’insegnamento francese delle pagine buie della storia del paese. La difficoltà da parte del paese, per alcuni, a confrontarsi con il razzismo endemico nella società francese.

La battaglia di Santo Domingo

Una parte dell’opinione pubblica ha reagito a questa visione di Napoleone, attaccando la “cancel culture” che vorrebbe giudicare l’ex imperatore dei francesi con una lettura contemporanea piuttosto che in relazione al contributo alla costruzione delle istituzioni del paese. Da una parte vi sarebbero i decostruttori della storia francese e dall’altra i cantori della France éternelle.

La questione è politicamente, oltre che socialmente, rilevante. Perché le commemorazioni sono sociali e politiche per definizione. Il processo del ricordo ha spesso dei fini politici ed è pertanto guidato. La stessa scelta delle forme con cui si commemorano eventi o persone sono scelte politiche. Per usare le parole di Maurice Halbwachs, la memoria collettiva, che la commemorazione si pone l’obiettivo di diffondere, è sempre un equilibrio tra i complessi meccanismi di manipolazione cosciente da parte delle élite e l’assorbimento inconscio da parte dei membri della società. Spesso i politici attingono a queste celebrazioni collettive del passato per mobilitare la memoria come strumento politico; qualche volta usano la commemorazione per creare delle analogie storiche per inquadrare, riflettere su questioni importanti contemporanee. E magari giustificare alcune azioni politiche. Tanta è la forza della commemorazione che, secondo Michael Kammen, le società di fatto ricostruiscono il loro passato piuttosto che “registrarlo” fedelmente, e lo fanno tenendo ben presenti le esigenze contemporanee, manipolandolo per plasmare il presente.

La lettura stessa della figura di Napoleone non ha mai smesso di cambiare dalla sua morte. Per parafrasare François Guizot, Napoleone è stato di volta in volta una gloria militare nazionale, una garanzia rivoluzionaria, un principio di autorità e di stabilità, un dittatore. Il ricordo e l’uso politico di volta in volta propagandato ha subito più metamorfosi perché nel tempo è cambiato molto come il personaggio storico è apparso agli occhi della popolazione e alle necessità delle istituzioni politiche.

E il dibattito sulla commemorazione di Napoleone presenta proprio questo dilemma per Emmanuel Macron. Quale visione della Francia privilegiare tra due visioni così contrapposte? Rinverdire la retorica della grandeur francese e della Francia eterna, con il suo modello repubblicano universalista, con tutte le sue magagne, oppure generare un effetto catartico per la nazione, portando al riconoscimento di errori e crimini passati?

Napoleone, bicentenario delle polemiche ultima modifica: 2021-05-03T12:59:10+02:00 da MARCO MICHIELI
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