“Voi siete qui”, recitano le mappe delle indicazioni cittadine per segnalarci esattamente dove siamo posizionati rispetto all’area più ampia raffigurata. Da quel puntino possiamo capire che strada fare per arrivare dove vogliamo. Ma come capiamo dove siamo, cosa abbiamo intorno, che forma ha la città dove ci troviamo, se le informazioni della mappa sono parziali, omissive o non verificate? Come scegliamo la strada da percorrere?
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La metafora è di poco prezzo ma serve a circoscrivere il caso del giorno, la diatriba Fedez-Rai, questione che diventa interessante, e molto, se presa come filo rosso per provare a indagare lo stato del dibattito pubblico, del confronto civile e politico nell’Italia di oggi. Noi siamo qui, ma dove? Di cosa parliamo e come, sulla base di che informazioni. Come nasce l’agenda del dibattito. E quella delle scelte politiche.
Al “Concertone” del Primo Maggio, tradizionale appuntamento dei sindacati, tra gli ospiti c’è il cantante Fedez, nome d’arte di Federico Lucia. Si sa che parlerà del Disegno di legge Zan, che estende le aggravanti della legge Reale-Mancino a quello dell’omotransfobia. Si è impegnato pubblicamente sul tema, entrando aspramente in polemica con la Lega, in prima fila nel contrasto al provvedimento e al suo percorso parlamentare.
Le scintille iniziano prima del concerto. Alle 16:27 le agenzie battono un comunicato di membri leghisti della commissione di Vigilanza Rai:
Se Fedez userà a fini personali il concerto del primo maggio per fare politica, calpestando il senso della festa dei lavoratori, la Rai dovrà impugnare il contratto e lasciare che i sindacati si sobbarchino l’intero costo dell’evento.
La Lega conosceva i contenuti e, nel caso, chi gli aveva dato il testo? Fedez risponde in alcune storie su Instagram:
Io vado al concertone a gratis e pago i miei musicisti che non lavorano da un anno e sul palco vorrei esprimermi da uomo libero senza che gli artisti debbano inviare i loro discorsi per approvazione preventiva da voi politici. Il suo partito ci è costato 49 milioni di euro.
E aggiunge:
È la prima volta che mi succede di dover inviare il testo di un mio intervento perché venga sottoposto ad approvazione politica, approvazione che purtroppo non c’è stata in prima battuta, o meglio dai vertici di Raitre mi hanno chiesto di ometterne dei partiti e dei nomi e di edulcorarne il contenuto. Ho dovuto lottare un pochino ma alla fine mi hanno dato il permesso di esprimermi liberamente. Come ci insegna il Primo maggio, nel nostro piccolo dobbiamo lottare per le cose importanti. Ovviamente da persona libera mi assumo tutta la responsabilità di ciò che dico e faccio. Buon primo maggio.
Il tema “censura” viene così introdotto e partono le dichiarazioni politiche.
Il primo è Elio Vito di Forza Italia:
Ha perfettamente ragione Fedez, i valori del Primo maggio, quelli per i quali si sono battuti milioni di lavoratori, sono anche quelli di democrazia e libertà, compresa quella d’espressione per gli artisti.
Parte il bombardamento dalle fila del Pd. Valeria Fedeli: “Chi voleva sindacare sulle parole di Fedez?”; Matteo Orfini: “surreali gli attacchi leghisti a Fedez e il comportamento della Rai”; Andrea Romano: “chi in Rai voleva censurare Fedez”; Michele Bordo, componente della commissione di Vigilanza Rai:
Quanto emerge dalle dichiarazioni di Fedez sul tentativo di censura preventiva della Rai nei suoi confronti è davvero gravissimo. È inaccettabile che un’artista venga sottoposto a verifica politica prima ancora di esibirsi. I vertici Rai devono chiarire immediatamente come sono andate le cose e di chi sono le responsabilità. Sarebbe ancora più grave se tali comportamenti dell’azienda fossero legati a quanto detto stamattina da esponenti politici leghisti, a cominciare da Salvini.


L’obiettivo del Pd, e di M5s, è la dirigenza nominata dai leghisti in Rai quando governavano coi 5s, che indicarono peraltro l’attuale direttore del Tg3, Franco Di Mare.
Attorno alle 21:00, quando entra in scena il cantante, l’attesa è grande. Inizia l’intervento. Fedez inizia parlando di un tentativo di censura subìto “dai vertici di Rai3”. “Sappiate che il contenuto di questo intervento è stato definito dalla vicedirettrice di Rai3 inopportuno”. Dopo, in forma di lettera a Draghi – “Caro Mario” – parla delle difficoltà dei lavoratori dello spettacolo e passa al tema del ddl. Attacca Andrea Ostellari – presidente leghista della commissione Giustizia del Senato dai tempi del Conte bis, strenuo oppositore della legge che ha deciso di assegnare a se stesso il ruolo di relatore del testo in commissione – e mette insieme una serie di raccapriccianti dichiarazioni omofobe di esponenti minori della Lega e continua per qualche minuto, quattro sui sei minuti di performance complessiva.
La Rai a stretto giro emette un comunicato in cui nega volontà censorie.
Recita, tra l’altro, il testo:
È fortemente scorretto e privo di fondamento sostenere che la Rai abbia chiesto preventivamente i testi degli artisti intervenuti al tradizionale concertone del Primo Maggio, per il semplice motivo che è falso, si tratta di una cosa che non è mai avvenuta. Né la Rai né la direzione di Rai3 hanno mai operato forme di censura preventiva nei confronti di alcun artista del concerto, la Rai mette in onda un prodotto editoriale realizzato da una società di produzione in collaborazione con Cgil, Cisl e Uil, la quale si è occupata della realizzazione e dell’organizzazione del concerto, nonché dei rapporti con gli artisti. Il che include la raccolta dei testi, come da prassi.
Fedez risponde pubblicando sul suo profilo Twitter un video con la registrazione della telefonata. Così la introduce:
La Rai smentisce la censura. Ecco la telefonata intercorsa ieri sera dove la vicedirettrice di Rai 3 Ilaria capitani insieme ai suoi collaboratori mi esortano ad ‘adeguarmi ad un SISTEMA’ dicendo che sul palco non posso fare nomi e cognomi.
Nell’audio si sentono tronconi di frasi, voci maschili, inizia con un uomo che dice “Non è editorialmente opportuno…”, subito sovrastato da Fedez che accalorato difende il suo diritto di artista alla libera espressione: “Sono un artista, salgo sul palco e mi assumo la responsabilità di quello che dico”. Chiede perché non può riferire dichiarazioni fatte pubblicamente. “Perché non posso dire che in pubblica piazza un consigliere leghista ha detto che un figlio gay lo brucerebbe nel forno?”. Taglio, riprende la voce maschile: “Le sto chiedendo, soltanto, di adeguarsi a un sistema, che probabilmente lei non lo riconosce però è quello…”. “E qual è questo sistema” – interrompe Fedez – “visto che non lo riconosco mi rappresenti questo sistema”. Stacco. Rientra subito Fedez che chiede: “Qual è la parte incriminata che a voi non sta bene del testo?”. “Tutte le situazioni che lei fa con nomi e cognomi, quelle non possono essere citate”. “Perché” – chiede Fedez – non sono vere? Avete verificato se sono vere?”. “A prescindere, perché quelle situazioni possono essere dette in contesti che non sono…”. “Ah, sì? – interrompe Fedez – Quindi dire che se avessi un figlio gay lo metterei nel forno in un contesto diverso assume un significato diverso?”. “Sto dicendo che questo non è il contesto corretto per dire…”, risponde l’uomo immediatamente interrotto dal cantante. “Ma chi lo stabilisce, io sul palco devo poter dire quel cazzo che voglio, mi scusi il francese. Non lo stabilisce lei cosa posso o non posso dire sul palco, mi perdoni”. Stacco e a un certo punto si sente una voce di donna che si presenta: “Fedez mi scusi, sono Ilaria Capitani, vice direttore di Rai 3”. Stacco, rientra Capitani: “Anche io ritengo inopportuno il contesto ma questo…”. “Perfetto” – interrompe Fedez – ma io potrei fare quello che voglio, visto che non c’è un contesto di censura. Posso salire e fare delle cose che per voi sono inopportune ma per me sono opportune? Posso?” Stacco. Rientra “È una domanda semplice – incalza – sì o no?”. Ma a rispondere è un uomo: “Sì, devo parlare io? Cioè Fedez, vedi, noi siamo in difficoltà…”. “Perché non avete neanche il coraggio di rispondere a questa domanda”, interrompe Fedez. Stacco. “Mi state dicendo che questo palco rappresenta la riapertura e il futuro, nel vostro futuro i diritti civili sono contemplati oppure no?, fatemelo capire”. “Assolutamente sì, assolutamente sì…”. “E allora perché – gridando – non posso parlare di questa cosa?”. “Perché il contesto in cui lo stiamo facendo, con questi termini non crea…” Stacco. Fedez: “Nonostante nel mio testo non ci sia turpiloquio, non ci sono bestemmie, riporto solo fatti” Stacco. Rientra Fedez: “Sono imbarazzato per voi. Sono veramente imbarazzato per voi”.

Così si conclude il video caricato su Twitter. È domenica due maggio, il tempo è incerto, c’è poco da fare e i social si incendiano. A stare all’audio, le cose sembrano chiare. Chi è pro Fedez, chi contro, chi ha dubbi, molti meno, si litiga. Sui social si dibatte se sia più grave rendere pubblica una telefonata, se sia un reato o meno, oppure se sia peggio tentare di imporre una censura. Ma davvero, e su cosa? Perché ancora non è chiaro l’oggetto della conversazione di cui Fedez ha fornito la sua sintesi: gli vogliono vietare di parlare del ddl Zan oppure a creare problemi è la lista delle raccapriccianti dichiarazioni di esponenti leghisti? La Rai nega nuovamente volontà censorie:
In riferimento al video pubblicato […] notiamo che l’intervento relativo alla vicedirettrice di Rai 3 Ilaria Capitani [l’unica persona dell’azienda Rai tra quelle che intervengono nella conversazione pubblicata] non corrisponde integralmente a quanto riportato, essendo stati operati dei tagli.
E fornisce il virgolettato dell’intervento di Capitani (anche loro hanno registrato la telefonata):
Mi scusi Fedez, sono Ilaria Capitani, vicedirettrice di Rai 3, la Rai non ha proprio alcuna censura da fare. Nel senso che… La Rai fa un acquisto di diritti e ripresa, quindi la Rai non è responsabile né della sua presenza, ci mancherebbe altro, né di quello che lei dirà. […] Ci tengo a sottolinearle che la Rai non ha assolutamente una censura, ok? Non è questo […] Dopodiché io ritengo inopportuno il contesto, ma questa è una cosa sua.
Ma sui social e nelle dichiarazioni politiche, sulle incertezze si fondano condanne contro i conosciuti mali della Rai, la lottizzazione, le censure; oppure si dice che Fedez vuole solo promuoversi, che i testi delle sue canzoni sono misogini (“Ho peccato anche io. Da giovane ho sicuramente detto delle cose omofobe”, ammetterà il cantante). La confusione, visti i dati a disposizione, non potrebbe essere più grande nel web, dove come sempre alla parzialità dell’informazione si sopperisce proiettando le proprie certezze.
Le idee chiarissime le hanno invece i dirigenti politici, in particolare nel Pd. Sono appena le 10:13 quando il segretario del Pd Enrico Letta, a Il caffè della domenica di Maria Latella su Radio24, dice:
Credo che ci aspettiamo parole chiare dalla Rai, parole di scuse e di chiarimento. Voglio ringraziare Fedez perché il fatto che una persona come lui parli di questi temi con la forza con cui ne ha parlato lui rende possibile rompere i tabù per i quali sembra che non si possa parlare di diritti perché siamo in pandemia, che non si possa parlare di temi legati al ddl Zan perchè siamo in una fase in cui l’uscita dalla pandemia ci obbliga a occuparci solo di queste questioni.
Per il segretario del Pd non ci sono dubbi: la Rai ha tentato di impedire di “parlare di temi legati al ddl Zan”. La mossa del segretario viene anticipata dalla dichiarazione di Michele Bordo, deputato e membro della commissione di vigilanza Rai e della commissione Giustizia, che alle 9:30 annuncia su Twitter:
Ho chiesto le dimissioni dei vertici Rai coinvolti nella vicenda della censura a Fedez. La libertà di espressione in Rai deve essere tutelata sempre. A nessuno può essere consentito di minare questo valore.


L’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini, al centro del mirino, solo attorno alle 13 si manifesta:
Di certo in Rai non esiste e non deve esistere nessun ‘sistema’ e se qualcuno, parlando in modo appropriato per conto e a nome della Rai, ha usato questa parola mi scuso.
Alle 13 del giorno dopo il Dg della Rai ancora non sa se e a nome di chi siano state dette delle cose, e quali, e non ha parole per difendere la dirigente Rai sotto attacco.
Mentre sui social si duella, Ilaria Capitani per il paese è la censora. Le dichiarazioni si susseguono. Intervengono Conte, Salvini, Di Maio, Fiano, in un susseguirsi di repliche e controrepliche. E si conoscono i nomi delle persone registrate. Sono Massimo Cinque, dirigente della società iCompany che ha organizzato l’evento, Massimo Bonelli, direttore artistico del concerto. In serata esce anche l’audio integrale della telefonata.
Sono oltre undici minuti che riassumiamo soltanto. Ci sono anche i tre conduttori, Stefano Fresi, Ambra e Lillo. Sono tutti molto imbarazzati, Fedez è accalorato, stentano a intendersi, ci sono spesso fraintendimenti. Uno dei passaggi che più scandalo ha suscitato, quello del “sistema” di cui parlava Massimo Cinque, nella versione integrale si capisce che non era riferito a un sistema politico ma a quello del contraddittorio:
”Tutte le citazioni che lei fa con nomi e cognomi non possono essere citate, perché non c’è la controparte”. E continua: “Tu puoi dire tutto quello che vuoi ma dovresti avere anche le persone che citi nel tuo discorso le quali potrebbero difendersi”. “Qual è questo sistema – chiede Fedez – per cui io non posso esprimere un pensiero su un disegno di legge di iniziativa parlamentare…” “No – interrompe Cinque – io non ho detto questo, non abbiamo detto questo, nessuno di noi ha detto questo”. L’audio originale restituisce a Capitani la completezza delle sue affermazioni. “Fedez, mi scusi, sono Ilaria Capitani – spiega la vicedirettrice di Rai 3 -. La Rai non ha proprio censura da fare. Se posso finire di parlare ne sarei grata. La Rai fa un acquisto di diritti e ripresa, quindi la Rai non è responsabile né della sua presenza né di quello che dirà, ci mancherebbe altro”. “Quindi in questo momento lei non ha voce in capitolo – interrompe Fedez – vorrei capire con chi parlare, chi è che mi sta muovendo questa richiesta”. Massimo Bonelli afferma: “Io rispondo a Rai e ai sindacati, perché la Rai mi dà un incarico”. E Fedez: “Il vicedirettore della Rai ha appena detto il contrario, che tu non rispondi alla Rai”. “No, Federico non è così – risponde Bonelli – la Rai acquista i diritti e vuole un prodotto editoriale che abbia delle caratteristiche” . Fedez: “La vicedirettrice della Rai in questo momento ha detto ‘tu puoi salire sul palco e dire quello che vuoi'”. Al che Capitani: “No no, non ho detto questo”. “Ah quindi io non posso salire sul palco e dire quello che voglio”. “No, ci tengo a sottolinearle che la Rai non ha assolutamente una censura. Dopo di che io ritengo inopportuno il contesto, ma questa è una cosa sua”. Fedez: “Perfetto, quindi io potrei benissimo fare quello che voglio, visto che non c’è un contesto di censura. Posso salire e fare le cose che per voi sono inopportune ma per me sono opportune? Questa è la domanda”. Capitani: “Assolutamente”. “Ho fatto leggere il testo a miei amici giornalisti, Peter Gomez, Marco Travaglio, al direttore di Repubblica, nessuno ha notato cose in questo testo che vertano in qualcosa di sgradevole. Riporto fatti che non sono contestabili”, afferma inoltre Fedez, che poi telefonerà a Maurizio Molinari per scusarsi dell’errore, non ci aveva parlato.

Sembra evidente che il problema sia quello della lista delle ributtanti dichiarazioni omofobe dei leghisti, non certo che non si debba parlare del ddl Zan. Che ci siano continui fraintendimenti, che Fedez non capisca le esigenze della Rai. Sarebbe interessante capire esattamente il ruolo di Marco Travaglio nella vicenda. Capitani appare nella difficile posizione di dover rappresentare gli interessi dell’azienda, rispettando il ruolo che ricopre. Il punto è, chi l’ha mandata a compiere quella missione, il direttore Franco di Mare? Allertato da chi, dalla casa di produzione, dai sindacati, dalla Lega? Certo è che non ci sono “collaboratori” di Capitani ma lei sola, che gli interlocutori sono della produzione dell’evento, che la “censura”, se veramente si può definire tale, non è avvenuta. Ha commesso un infortunio Fedez nel denunciare una censura manipolando un audio e levando le parti che non confermavano il suo racconto o è “malafedez” consapevole? A questo punto importa poco e forse non cambia molto.
Ma poi, le censure si attuano, non si chiede di adeguarsi per favore. Quello che l’audio completo ci restituisce è il tentativo, goffo e imbarazzato -perché la macchina da social Fedez ne ha reso manifesta tutta la sua incongruità – di evitare le sicure polemiche e la rissa politica che la lista delle infamie leghiste avrebbe generato – la commissione di Vigilanza, le interrogazioni parlamentari, il can can informativo di una stampa di editori che sono anche concorrenti radiotelevisivi. Tutte cose che certamente non è detto che il pubblico e il dibattito sui social debba tenere in conto ma appare sinceramente non accettabile che giornalisti e figure che si occupano di informazione non conoscano e non debbano valutare, quando si trovano a giudicare questi fatti, quando mettono l’etichetta di censura a quella che è una normale dialettica, che si condivida o meno, tra editore pubblico e fornitore di un prodotto. Si può ritenere che la Rai debba essere altro ma non fingere di non sapere cosa sia, cosa ci gira attorno, quali siano gli obblighi di chi la rappresenta.
Ma l’audio integrale arriva a tarda sera, quando tutti sono impegnati a seguire Fabio Fazio che intervista un altro dei cinque vicedirettori della rete, Sigfrido Ranucci di Report. – Perché Fazio ha chiamato un omologo della diretta interessata? È stata cercata e si è negata? Ranucci è stato “mandato dalla rete”? Anche queste domande meriterebbero una risposta. – Il volto di Report comunque approfondisce.
È stata data una delega a una società esterna, le voci al telefono che parlano di ‘sistema’ e dicono che in Rai non si possono fare nomi e cognomi, sono quelle di due persone che nella telefonata parlano di esigenze di un non ben identificato editore, che non è sicuramente la Rai. Sono due persone che sono abituate a gestire anche eventi per la politica e che ragionano per logica di par condicio. È un fatto grave, bisogna prendersi delle responsabilità. Mi dispiace che c’era anche Ilaria Capitani, una collega bravissima di Rai 3, che conosco personalmente e che sono sicuro non è mai stata animata da una logica di censura. Però bisogna mettere le cose in chiaro, l’azienda semmai deve fare autocritica nella gestione di questi eventi, nel lasciare che vengano gestiti da personaggi che poi rispondono alla politica.
Sono le prime parole in difesa della vicedirettrice del Tg3 che provengono dalla Rai, ma a titolo personale.
E qui è il momento di fare una precisazione, personale e giornalistica. Anche io conosco Ilaria Capitani da tempo, una collega di cui conosco il percorso, autonomo e portato avanti con le sue sole forze e qualità professionali, a differenza di quanto insinuato o affermato in questi giorni. L’ho sentita solo per messaggistica per esprimerle la mia solidarietà personale. “Che casino”, mi ha risposto. Non le ho chiesto la sua versione, in questo articolo tutto è elaborato a partire dalle sole fonti pubbliche che tutti possono verificare, qui non ci sono messaggi per conto terzi né fonti anonime. Capitani ha scelto di non accettare le tante richieste di interviste che certamente le sono arrivate, da dirigente che tutela l’azienda per cui lavora. Anche io, come Fedez, “da persona libera mi assumo tutta la responsabilità di ciò che dico e faccio”, com’è il giornalismo di ytali.com.
Lunedì il direttore di rete Franco Di Mare viene convocato in commissione di Vigilanza. “Sarà quella la sede per fare chiarezza”, scrive su Facebook, puntando il dito contro le “manipolazioni” dell’audio e esprimendo solidarietà a “Ilaria Capitani (cui va la mia vicinanza umana e la mia stima professionale) che vi invito ad ascoltare attentamente confrontandola con la versione pubblicata dall’artista”. Dal direttore ci si aspetterebbe qualcosa di più di una vicinanza, la netta difesa e assunzione di responsabilità dell’atto della sua vice. Forse arriverà in commissione. Nel frattempo brilla per assenza anche il sindacato Rai. Solo lunedì il segretario Vittorio di Trapani interviene:
Nel servizio pubblico che vogliamo non esiste alcun sistema. In questi anni un sistema lo abbiamo visto: ed è stato quello della partitocrazia che continua ad occupare la Rai. Il primo maggio è la Festa dei Lavoratori. Il 2 maggio è andata in onda la festa dell’ipocrisia. Ovvero i partiti che in coro si sono indignati per gli effetti di una malattia. Ma sono loro i responsabili di questa malattia. Bisogna uscire da questa partitocrazia, curare la malattia, liberare la Rai dal controllo dei partiti e dei governi. L’editore della Rai sono i cittadini, perché sono loro a pagare il canone. La Rai appartiene a noi tutti cittadini. Poi c’è il Parlamento che, a nome dei cittadini, è chiamato a vigilare sulla Rai. Ma vigilare, non controllare.
Un intervento generico la cui parola chiave mi sembra “ipocrisia”: il segretario del sindacato Rai non trova una parola da spendere per la collega sottoposta a una manipolazione delle sue dichiarazioni, abbandonata dall’azienda per la tutela dei cui interessi si è esposta e sopporta una situazione difficilissima.
Dove siamo dunque? Attorno alla Rai si scatenano sempre tempeste che prendono strade inaspettate. Questa volta è stato Fedez. Padrone dei social ha travolto la controparte, goffamente incastrata nel tentativo di ridurre il rischio politico derivante dal testo del cantante. I social non hanno il tempo né la voglia di aspettare, capire, discriminare. Si può pensare tutto, che la Rai abbia tentato la censura, che Fedez si faccia i suoi interessi, che abbia sbagliato a manipolare la telefonata, che lo abbia fatto in buona fede o con furbizia, che sarà utile alla causa del ddl, che avrebbe avuto più coraggio se avesse parlato dei lavoratori di Amazon con cui firma sontuosi contratti, che la Rai ha diritto di sapere cosa manda in onda, che il giorno della festa dei lavoratori si debba parlare di lavoratori, che sia importante che si parli anche di altri diritti. In tutte queste posizioni c’è una parte di verità. Del resto nei social ognuno parla principalmente a sé. Non è mica la vita vera. E non lo è, però, neanche la politica. Che il Pd inizi una campagna contro i vertici Rai sulla base di queste dinamiche, rinunciando a ogni approccio critico ai fatti, cavalcando Fedez e promuovendo senza dubbi la sua posizione, mettendo nelle pesti una professionista avallandone non provate volontà censorie, appare di grande tristezza, prima di tutto.
Oggi interviene Zan:
Certo è che la Rai in questo frangente non ha fatto una bella figura. Mi auguro che queste cose non succedano più, in un paese civile ed avanzato come l’Italia non ci può essere nessuna forma di censura.
Non sembra che la politica ne esca meglio, neanche quella del suo partito. Interviene anche Angelo Guglielmi, storico direttore di Rai 3, intervistato da La Stampa:
Quello che è accaduto in queste ore è frutto di una scelta fatta dai Cinquestelle e dalla Lega che, all’indomani delle elezioni, forti del 33 per cento e del 17 per cento, decisero per questa dirigenza. Sono loro che per star tranquilli hanno tentato di controllare il testo di Fedez,
dice sorvolando sul resto.
Questa storia ci rimanda un paese unito, in alto e in basso, nei social e nelle segreterie dei partiti, molle – e rancido – come burro lasciato tre giorni al sole. Ogni cosa che solleciti le nostre rabbie, frustrazioni, preconcetti, interessi immediati, annulla ogni approccio critico alle cose. Se lo scopo è attaccare l’avversario non importa cosa sia accaduto, aspettare di capire, che ruolo vi abbiano i protagonisti, quale sia il contesto, chi viene travolto. E ci costringe a chiederci quanto questa politica sia utile o quanto, viceversa, dannosa. E che azienda sia la Rai che, qualsiasi cosa si pensi del fatto, abbandona al linciaggio politico e mediatico una dirigente che non ha fatto che fare quanto il suo ruolo impone, tutelare gli interessi dell’azienda. Noi siamo qui. Ma dove? Dove si è cacciata la nostra democrazia, in un vicolo cieco o in un viale? O in una piazza, mediatica, dove le cose, alla fine, sono sempre meno importanti del loro possibile utilizzo.

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