Reale società Querini. 120 anni gloriosi di voga veneta

L’antica remiera veneziana a un nuovo giro di boa. Una vita e un’attività intimamente intrecciate con quelle della città e della laguna. Un’interazione che esalta l’unicità di Venezia e sottolinea l’urgenza di salvaguardarla, a iniziare dalla minaccia del moto ondoso.
BARBARA MARENGO
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Tra pochi giorni sarà il compleanno numero 120 della Reale società canottieri Francesco Querini: cuore di Venezia, inizio delle Fondamente Nove, tra il rio di Santa Giustina e la Laguna, con vista sull’isola di San Michele e Murano, oggi incuneata tra i restauri della vicina Santa Maria del Pianto e dell’ex gasometro, la Società un tempo includeva il nome “rari nantes”, (sport oggi impossibile da praticare in Laguna), ed è federata Coni per le specialità legate naturalmente alla voga. Voga Veneta (che a livello nazionale – non senza differenze – è denominata voga in piedi) e canoa sono il vanto di questa antica associazione di appassionati vogatori. Francesco Querini, veneziano dei Querini di San Samuele, giovane ufficiale di marina al seguito della spedizione del duca degli Abruzzi Amedeo di Savoia per la conquista del Polo Nord, a soli trentadue anni morì con la sua squadra tra i ghiacci dell’Artide, nella primavera del 1900: a lui è dedicata la Società che lo ricorda per le sue doti di navigatore, geografo e curioso esploratore, una società che è stata insignita della Stella d’oro al merito sportivo e che racchiude nell’elegante sala del consiglio una serie impressionante di trofei e medaglie.

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D’altra parte in in centoventi anni di storia e di voga, come racconta il presidente Alfredo Baroncini, in una città dedicata al mare come Venezia, è naturale che, di campioni del remo, ne siano passati tanti, tra questi pontili e capannoni. “Qui col moto ondoso non si può più andar fuori”, subito Baroncini mette in evidenza il più grave dei problemi comune a tutte le società e le remiere veneziane, che vale specialmente per la Querini, così esposta alle onde prodotte dalle barche a motore, taxi, motoscafi, mezzi pubblici, natanti di tutti i tipi, soprattutto barchini che impazzano in quello che sarebbe il naturale campo di allenamento degli oltre cento atleti iscritti.

Alfredo Baroncini, presidente della Reale società canottieri Francesco Querini

E pensare che nell’anno della fondazione, quel maggio del 1901, la Società (una costola della Bucintoro) aveva la sua prima sede affacciata al canale della Giudecca, ma si spostò a Castello nel 1929, per via del moto ondoso dovuto al traffico commerciale che rendeva difficile allenamento e voga vicino al porto.

Il cantiere di Castello era originariamente un antichissimo deposito di legname direttamente collegato con Barbaria delle Tole alle spalle, la calle che appunto prende il nome dalle tavole di legno che lungo l’arco di secoli giungevano lungo i fiumi in Laguna con un sapiente itinerario ideato dalle maestranze della Serenissima per rifornire Arsenale e squeri.

Fu da qui varato tra fine XIX ed inizio XX secolo il primo “vaporetto “ della Società Veneta di Navigazione a Vapore Lagunare municipalizzata con il nome di ACNIL, e il cantiere occupava fino a trecento operai: e ancora prima, a fine XIX secolo, officina meccanica e fonderia s’occupavano della manutenzione e assistenza dei bastimenti della Compagnia Generale Italiana Florio e Rubattino. Oggi le specialità – fiori all’occhiello della Società Querini – sono la canoa e la voga veneta, complicate proprio da quel moto ondoso che oramai coinvolge tutta la città di Venezia anche in tempi di pandemia: il lavoro di atleti e istruttori non è facile, come denuncia il presidente, anche perché manca un campo di gara e di allenamento protetto, non solo per la Querini ma per tutte le società federali e le remiere, anche se sembra impossibile che in 550 chilometri quadrati di Laguna non si trovi qualche chilometro protetto dalle onde dove si possano allenare atleti che, come spesso accade, per allenarsi come si deve emigrano in società lungo il Po o il Sile.

Accanto a canoa e voga Veneta, la specialità del canottaggio sta passando in Querini un momento di riorganizzazione, sempre a causa delle onde che rendono impossibile persino il varo delle barche, e a nulla è valsa la barriera che il Magistrato alle acque costruì qualche anno fa per agevolare le manovre, piccolo Mose che in poco tempo fu distrutto e del quale oggi rimangono solo i piloni senza barriere di protezione.

Ottanta natanti, tra barche alla Veneta, da canottaggio e canoe, 130 iscritti, un programma di allenamento che grazie agli istruttori federali porta avanti squadre ben consapevoli: dal capannone centrale che racchiude il fascino di ogni cantiere veneziano, con le barche ben sistemate a incastro e le prue che si sfiorano con le poppe, s’intravvede il laboratorio dove lavora un socio carpentiere dalle mani d’oro. Al piano superiore, una palestra con vista spettacolare (remoergonometri e pagaiaergonometri) introduce in altri due vasti locali dove si alleno gli atleti con attrezzature isogoniche e per cardiofitness.

Qui venti ragazzi formano la squadra della voga alla veneta che parteciperà al campionato VIP 750 nella categoria due di punta seniores. Sono allenati da Fabio Maresca, 19 anni, campione italiano juniores di voga in piedi, cioè alla veneta ma con barche di alluminio. E qui arriva la particolare spiegazione che fa la differenza tra voga alla veneta e voga in piedi: la prima è caratteristica tutta lagunare, antichissima, adattata nei secoli dagli abitanti alla conformazione lagunare, un remo o due e la vogata in piedi verso prua appoggiato alla forcola, con barche di legno basse sull’acqua, le barche che i veneziani conoscono e amano – sandoli, pupparini, mascarete, gondolini -, oltre alle più grandi caorline per non parlare della “disdotona”, la 18 remi vanto della Querini.

La voga in piedi è specialità che solo dal 2009 è entrata a far parte delle regate organizzate dalla Federazione italiana canottaggio sedile fisso, e utilizza barche in alluminio con scalmo a U: Maresca voga in entrambe le specialità e allena come preparatore i ragazzi, assieme a Luca Schiavon, da vent’anni alla Querini come allenatore federale, per la voga alla veneta e per il canottaggio.

Schiavon riconosce che quest’anno la squadra è buona, per uno sport duro e faticoso per il quale c’è bisogno di grande dedizione e sacrificio: nota dolente, il sacrificio, che queste giovani generazioni non sembrano praticare, anche se quest’anno di pandemia ha spinto molte famiglie a iscrivere i figli all’unico sport che si poteva esercitare all’aperto, la voga. Schiavon (sotto i suoi occhi varie generazioni si sono cimentate nella voga) afferma che oggi forse sono troppe le distrazioni che circondano i ragazzi, e ne soffre la concentrazione che per lo sport è parte del tutto.

Venezia inoltre soffre del dramma dello spopolamento che si riflette sulla sempre più scarsa presenza di giovani: oltre che della poca educazione e rispetto verso la Laguna che è essa stessa una palestra di vita. E la mancanza di rispetto si traduce soprattutto nelle velocità esagerate e nelle manovre spericolate delle decine di barchini che impazzano nonostante i controlli, pericolosissimi per tutti i natanti lagunari e sopratutto per chi voga e per chi allena in acqua ragazzi e bambini.

Gli obiettivi per la Società sono chiari, nonostante le difficoltà economiche, sociali e ambientali, e mirano ad aumentare le iscrizioni con l’antico metodo del passaparola, della tradizione e della riconosciuta professionalità dello staff sociale. Staff che comprende anche Simone Gabbia, responsabile per gli adulti della voga alla veneta, coordinatore della squadra dei ragazzi e organizzatore delle uscite sociali.

Accanto ai buoni propositi e al lavoro dei volontari restano le oggettive difficoltà organizzative legate alle trasferte, che con pulmini, atleti e barche partono dal Tronchetto: servirebbero dei parcheggi dedicati alle Società che gli atleti possano raggiungere agevolmente. Ma la meta finale è quella che sillaba senza perifrasi il presidente Baroncini: “vincere le gare”.

E allora vinciamole queste gare, pensando a quelle tante già vinte, alle coppe e alle medaglie, alle bandiere e ai gagliardetti conservati nelle bacheche della sala riunioni.

Una cornice ovale di grandi dimensioni conserva una serie di grandi medaglie, che rappresentano le vittorie ottenute in 120 anni di competizioni, titolo olimpici, mondiali, europei, italiani delle varie categorie (juniores, seniores ed italiani) per varie specialità, assieme alle coppe ed ai trofei conquistati nel mondo. Olimpiadi 1924, Parigi, medaglia d’argento due con timoniere,1976 Montreal XX Olimpiade, settimo classificato doppio misto, 1984 XXII Olimpiade Los Angeles, sesto classificato quattro di coppia misto, e poi Anversa Campionati mondiali 1980, medaglia d’oro agli Europei del 1906 a Pallanza, due con, a Lucerna quattro con nel 1908, insomma una lista lunga e gloriosa che annovera generazioni di nomi veneziani, con 28 titolo per la Voga veneta,63 per il Canottaggio, 17 di Canoa olimpica.

Problemi e soddisfazioni, passione e tenacia, “fasso baruffa tutti i giorni” con gli incoscienti schegge impazzite della velocità, come dice Schiavon, ma soprattutto la presenza dei giovani, delle squadre che s’impegnano e apprezzano assieme alla voga la natura ed il sistema lagunare da conoscere, tutelare, tramandare.Il Presidente Baroncini, dal 1955 iscritto alla Società, più volte ai vertici e da un mese di nuovo in poppa, parla con malcelato orgoglio delle tre disdotone appartenute alla Querini: la prima costruita nel 1903 e andata distrutta, la seconda costruita dai Cantieri Carraro nel 1926 e ora in mostra al Museo Navale di Venezia, e la terza del 1973, ora sotto una tesa in Arsenale.

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Una barca a diciotto remi governati da un timoniere, lunga 25 metri, con un rapporto larghezza-lunghezza pari a quattordici volte (nella gondola tale rapporto è otto). La seconda disdotona in particolare rappresenta un condensato di storia veneziana, poiché fu costruita grazie al contributo della famiglia Foscari, in ricordo di Piero, fondatore della Società, assieme a varie donazioni di enti pubblici e di privati cittadini.

Una storia che parla di solidarietà e di tradizione quindi e che come la storia della Società stessa riallaccia fili di grande partecipazione di popolo, quel popolo di veneziani un tempo molto numeroso in una città viva e dinamica. Particolare l’album fotografico tratto dagli archivi della Querini: le visite del Patriarca Roncalli futuro papa Giovanni XXIII e di Albino Luciani futuro papà Giovanni Paolo I per le benedizione degli armi, oltre alla partecipazione delle maggiori Società nazionali come ad esempio la Sade, che sovvenzionava assieme a molte altre realtà economiche locali i sodalizi sociali cittadini. Un modo per rimanere agganciati alla vita di Venezia, un modo di partecipare alla vita di una città che oggi, faticosamente, cerca di tenere insieme un gomitolo sfilacciato che rischia di disfarsi tra mille emergenze.

Reale società Querini. 120 anni gloriosi di voga veneta ultima modifica: 2021-05-11T16:30:26+02:00 da BARBARA MARENGO
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