Italia-Africa, un’occasione da non perdere

La presidenza italiana del G20 sarà un momento favorevolissimo per rilanciare il dialogo tra Italia e Africa che vada al di là del “registro caritatevole” e dei pregiudizi che spesso caratterizzano i rapporti con il continente a noi più vicino.
MATTEO FAVERO
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Alla luce di un quadro geopolitico mediterraneo complesso e in rapida evoluzione esiste un’“intelligente necessità” per la politica estera italiana di ripercorrere e rafforzare – anche con atti simbolici – la via dell’Africa. L’Africa è un’antica priorità della nostra diplomazia. È accaduto con obiettivi diversi in una fase storica che non vorremmo più rivivere, lo è oggi come volano di sviluppo e futuro comune. Una relazione di crescita condivisa, necessaria ad affrontare insieme le tante sfide globali, dalla salute allo sviluppo del capitale umano, dal cambiamento climatico alla tutela delle risorse naturali, dalla formazione di una nuova classe dirigente africana alle migrazioni.

Nel rilancio socioeconomico post-pandemia l’Italia può mandare un nuovo chiaro messaggio anche all’Europa, forte della sua conoscenza sul campo, specie per il contesto dell’Africa orientale, ma anche per la Libia, la Nigeria, l’Angola, il Mozambico, il Camerun, il Sud Sudan. Un’occasione preziosa anche per non presentarci ai paesi africani come europei sempre divisi, ma allargando al contrario orizzonti di cooperazione. Abbiamo infatti tante questioni che, con gradi diversi, ci accomunano: disoccupazione, rischi ambientali, povertà, parità di genere, lotta al terrorismo che hanno bisogno di soluzioni serie, sostenibili e rapide. Una reale opportunità di co-sviluppo duraturo.

È poi indiscusso che l’Africa, dal bacino del Mediterraneo all’area sub-sahariana, abbia assunto un ruolo strategico per l’Italia e l’Europa: un continente giovane, con un’età media che s’aggira attorno ai vent’anni, che continuerà a crescere demograficamente arrivando nel 2050, secondo le ultime stime Onu, a oltre un quarto della popolazione mondiale. Una terra immensa che presto sarà il nuovo – o forse l’unico – terreno fertile per le nostre economie già fiaccate dal Covid-19.

Tralasciando la questione libica tra geo-strategia e questione migratoria ed energetica, in questo scenario è l’Etiopia, secondo paese continentale per popolazione e forza stabilizzatrice per altre realtà del Corno quali Sudan, Eritrea e Somalia, ad assumere un ruolo estremamente rilevante per l’Africa. In questa relazione l’Italia è attore primario a sua volta. Della stabilità di questo nostro partner privilegiato molto ci riguarda. Tanto si è detto e scritto della recente crisi politica del paese con l’intervento dell’esercito federale. E non si vuole certo derubricare gli scontri cruenti e le vittime recenti nel Tigray, al confine nord con l’Eritrea, ma le tensioni tra etnie hanno da sempre caratterizzato l’Etiopia sin dalla sua indipendenza dopo il periodo coloniale italiano con il ritorno di Hailé Selassié. Per questo anche con la fine del regime del Derg di Menghistu e l’arrivo al potere del Fronte democratico rivoluzionario nel 1991, i militari hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nel sedare sul nascere le tendenze separatiste in qualche area dell’Altipiano etiopico.

I primi timidi passi verso una democrazia pluripartitica, l’elezione della prima presidente donna capo di stato in tutta l’Africa, Sahlework Zewde, il premio Nobel per la Pace 2019 ad Abiy Ahmed, premier etiope artefice dell’accordo di pace con l’Eritrea e di etnia oromo, il rallentamento dell’economia, il rinvio delle consultazioni elettorali a causa della pandemia al 5 giugno 2021, i tentativi di costituzione di un sentimento unitario nel paese a discapito delle rendite di posizione e di potere che per decenni hanno giocato a favore dei tigrini, hanno contribuito ad acuire le tensioni in atto.

In Africa l’Italia non può che stare dalla parte della pace e dello sviluppo umano integrale e favorire il più possibile ogni nascita, pur accidentata, della democrazia. Lo impongono la nostra antica e intensa azione in Africa, articolata non solo su calibrate scelte politiche; le molteplici iniziative diplomatiche della cooperazione allo sviluppo italiana; la radicata esperienza delle nostre ong e dei volontari, sul ruolo delle missioni religiose e di quelle archeologiche; le numerose comunità di connazionali, molti dei quali imprenditori; la nostra Costituzione. L’esempio padovano del Cuamm – Medici con l’Africa è eclatante per quanto è positivo.

E il partenariato lanciato dal governo italiano e la presidenza del G20 saranno momenti favorevolissimi per rilanciare il dialogo tra Italia e Africa, che vada al di là del “registro caritatevole” e dei pregiudizi che spesso caratterizzano i rapporti con il continente a noi più vicino.

Nessuno poi può rimproverarci l’assenza di un importante impegno multilaterale attraverso la partecipazione a missioni di pace delle Nazioni Unite: in Mali, Sudan del Sud, Gibuti, Libia, Golfo di Aden e nell’Oceano Indiano. Bilanciando così gli interessi europei troppo rivolti verso il Sahel. Con la Cina giocatore silente ma efficace.

L’Italia è infine attesa nuovamente da protagonista ad Addis Abeba come in altre importanti cancellerie africane. Per esserlo serve oggi, proprio per la bontà delle considerazioni sin qui descritte, uno strumento speciale per la nostra diplomazia che disciplini ad ampio spettro forme di partecipazione italiana al processo di stabilizzazione e sviluppo dell’Africa, per contribuire a consolidare definitivamente il ruolo politico del nostro paese. Con la legge 84/2001 lo abbiamo fatto per i Balcani con riconosciuto successo all’indomani della guerra nell’ex-Yugoslavia, lo possiamo fare oggi partendo con i paesi chiave per il nostro sistema di relazione politiche, commerciali, strategiche. Un investimento sul futuro di tutti noi. Con l’Africa.

Italia-Africa, un’occasione da non perdere ultima modifica: 2021-05-29T16:49:20+02:00 da MATTEO FAVERO
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