Stati Uniti. Scuola e razzismo, la nuova guerra culturale

Il Partito repubblicano intensifica lo scontro su razzismo e identità. Obiettivo: la Critical Race Theory che, dicono, avrebbe invaso il sistema dell’istruzione pubblica e privata del paese.
MARCO MICHIELI
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Migliaia di insegnanti hanno protestato sabato contro le decisioni di quindici stati a guida repubblicana di limitare l’insegnamento a scuola del ruolo avuto dal razzismo nella storia del paese. Alcuni stati hanno infatti presentato e approvato delle leggi che impediscono l’insegnamento della cosiddetta Critical Race Theory – la teoria critica della razza – che collega la discriminazione razziale alla fondazione stessa e al sistema istituzionale e legale del paese. Gli organizzatori della marcia, parte dello Zinn Education Project che promuove e sostiene l’insegnamento della storia delle persone appartenenti ai gruppi minoritari del paese, hanno anche reso pubblico un impegno sottoscritto da quasi quattromila docenti per educare gli studenti al ruolo del “razzismo sistemico” nella storia americana. 

La scuola è il nuovo terreno di scontro nella guerra culturale tra repubblicani e democratici. E la Critical Race Theory è l’oggetto di discussione perfetto. Il prossimo anno infatti vi saranno le elezioni di Midterm e razzismo e identità saranno temi rilevanti della campagna elettorale. I repubblicani in particolare hanno individuato nella teoria, per quanto distorta a fini di comunicazione elettorale, un argomento efficace per contrastare le conversazioni sulla pervasività del razzismo negli Stati Uniti e in relazione alla sua storia.

Negli Stati Uniti esiste da tempo un dibattito, più accademico che politico, sul ruolo del razzismo nella storia del paese e su come insegnarlo a scuola. E oggi, soprattutto dopo l’omicidio di George Floyd, molte scuole hanno tentato di rivedere l’insegnamento della storia, cercando di predisporre delle lezioni specifiche che guardassero alla storia americana di schiavitù, segregazione e discriminazione e al ruolo centrale che leggi e istituzioni nate in quel contesto continuano a svolgere, in particolare nell’impedire ai neri americani e ad altri gruppi emarginati di vivere vite normali. La teoria in quanto tale è insegnata attualmente in due università – Harvard e Cornell University – che hanno corsi specifici. Nella scuola primaria e secondaria, oggetto delle polemiche, non c’è alcun insegnamento di questo tipo. Anche se lo sguardo “critico” nei confronti della storia degli Stati Uniti, una versione semplificata di un approccio complesso e variegato quale è la Critical Race Theory, è sicuramente alla base dei tentativi di creare occasioni scolastiche per affrontare il tema del razzismo. Come è però accaduto con altre espressioni – “woke culture”, “cancel culture”, “politically correct” – la Critical Race Theory è diventata uno slogan brandito da politici e media conservatori.

Come ha spiegato Adam Harris su The Atlantic, è Fox News che comincia a parlarne. Lo fa in concomitanza con le manifestazioni di Black Lives Matter seguite all’omicidio di George Floyd. La rete di Murdoch cerca inizialmente di collegare l’ex presidente Barack Obama a Derrick Bell, il docente di Harvard che è considerato l’ideatore della teoria, trasmettendo immagini pubbliche di un abbraccio tra i due. Ma è grazie all’impegno di Christopher Rufo, uno studioso del think tank libertario Manhattan Institute, che il tema diventa centrale nella discussione politica nei media conservatori. Rufo infatti ha scritto una serie di articoli sulle sessioni di formazione che molte città americane organizzano per i propri dipendenti, alcuni dei quali hanno descritto questi corsi di formazione come l’espressione di una “superiorità razziale” contro i bianchi. Rufo è stato invitato poi su Fox News dal noto giornalista e star della destra Tucker Carlson e poi contattato dalla Casa Bianca che ne ha sposato la causa. Trump ha quindi cominciato a parlare di Critical Race Theory, che viene “insegnata forzatamente nelle scuole”, “invade” le università, “rompe i legami tra amici, vicini e famigli”, “viene imposta nei corsi di formazione sul posto di lavoro”:

È una dottrina marxista che sostiene che l’America sia una nazione malvagia e razzista, che anche i bambini piccoli sono complici dell’oppressione e che la nostra intera società deve essere radicalmente trasformata.

In poche settimane il presidente repubblicano firma quindi un ordine esecutivo col quale vieta l’uso della Critical Race Theory da parte di dipartimenti federali. Il provvedimento viene poi impugnato in tribunale poiché molte organizzazioni che forniscono queste sessioni di formazione la ritengono una violazione della libertà di espressione. A dicembre, un giudice federale dà ragione a queste organizzazioni e una volta eletto il presidente Joe Biden revoca l’ordine esecutivo. Una revoca tuttavia che non impedisce ai repubblicani di continuare nella loro battaglia a livello statale, dove vengono presentati decine di disegni di legge volti a proibire l’insegnamento della “Critical Race Theory”.

Uno degli ultimi disegni di legge ad essere introdotti è quello del Missouri che vieta ogni insegnamento che identifichi persone o gruppi di persone, entità o istituzioni negli Stati Uniti come intrinsecamente, immutabilmente o sistematicamente sessiste, razziste, anti-Lgbtq, privilegiati o oppressi. Se la proposta del Missouri è solo l’ultima di una serie, in molti altri stati questi provvedimenti sono già diventati legge. Dopo Idaho, Iowa, Oklahoma e Tennessee, è il Texas uno degli ultimi stati ad avere approvato questo tipo di norma. La legge texana vieta così agli insegnanti di discutere determinati punti di vista in classe, incluso il concetto che alcune persone siano “intrinsecamente razziste, sessiste o oppressive, consciamente o inconsciamente”. In Florida è invece il Board of Education che ha deciso di bandire completamente la Critical Race Theory nelle scuole pubbliche, una vittoria per il governatore repubblicano Ron DeSantis che ha dichiarato:

I gruppi della woke culture vogliono insegnare ai bambini a odiarsi a vicenda, piuttosto che insegnare loro a leggere, ma non permetteremo loro di portare ideologie senza senso nelle scuole della Florida. Trovo impensabile che ci siano altre persone in posizioni di leadership nel governo federale che credono che dovremmo insegnare ai ragazzi a odiare il nostro paese.

Che ci sia una strategia repubblicana volta ad esacerbare la polarizzazione sui temi dell’identità e della razza sembrerebbe essere confermato anche dalla testimonianza di alcuni strateghi repubblicani ad Axios. Come per molti altri ruoli pubblici, i componenti del Board of Education sono eletti dai cittadini e il Partito repubblicano ha cominciato a investire su competizioni elettorali ad oggi non oggetto di grande attenzione politica. Il consulente politico conservatore Ryan Girdusky, invece, ha pensato di organizzare un PAC – un comitato che raccoglie fondi per effettuare donazioni a sostegno di determinati candidati – per aiutare ad aumentare la consapevolezza e sostenere la campagna dei candidati agli education board che rifiutano la Critical Race Theory e l’insegnamento del Project 1619, un progetto giornalistico del New York Times e del New York Times Magazine che punta a riformulare la storia del paese ponendo le conseguenze della schiavitù e i contributi dei neri americani al centro della narrativa nazionale degli Stati Uniti.

Ma che cosa è in la Critical Race Theory? È un approccio teorico che nasce negli anni Settanta nell’ambito degli studi del diritto. Inizialmente gli studiosi che vi si rifanno cercano di esaminare il rapporto tra ordine pubblico e giustizia razziale. L’allora professore di diritto di Harvard Derrick Bell sosteneva che fosse necessario capire l’interazione tra la razza e il diritto per comprendere la storia americana di schiavitù, segregazione e discriminazione. Una comprensione che avrebbe dovuto portare poi all’azione sociale per consentire agli afro-americani e agli altri gruppi emarginati di vivere vite normali. Pur se concepita inizialmente in ambito giuridico, la teoria è stata poi sviluppata dagli allievi di Bell per descrivere come anche altre identità emarginate – dal genere all’orientamento sessuale – siano trascurate. 

La teoria è stata anche utilizzata per comprendere i meccanismi di esclusione in ambiti diversi da quelli iniziali. Per esempio la professoressa Kimberlé Crenshaw, docente all’Ucla e alla Columbia University, e la voce più importante in quest’ambito teorico, ha ampliato l’approccio e formulato la nota teoria dell’intersezionalità, che cerca di descrivere la sovrapposizione di diverse identità sociali e le relative discriminazioni associate a quelle identità sociali (per esempio omosessuali appartenenti a un gruppo etnico discriminati in base alla propria omosessualità e in base all’appartenenza etnica; oppure donne nere discriminate in quanto donne e contemporaneamente in quanto nere).

Alcune delle idee principali della teoria hanno ottenuto notorietà in questi anni, grazie a movimenti sociali come Black Lives Matter. Per esempio, l’idea che il razzismo non derivi soltanto da atti individuali, “poche mele marce”, ma che sia piuttosto radicato nella società e nella storia della formazione della nazione, ha influenzato anche molti movimenti anti-razzisti europei. Ancora idee come “razzismo strutturale”, l’idea cioè che ci sia un sistema in cui politiche pubbliche, pratiche istituzionali, rappresentazioni culturali e altre norme funzionano perpetuano iniquità razziali, e “razzismo istituzionale”, per riferirsi alle politiche e alle pratiche interne e trasversali alle istituzioni che, intenzionalmente o meno, producono risultati che favoriscono oppure svantaggiano un gruppo razziale rispetto ad un altro. Oppure ancora la nozione di “privilegio bianco”, i vantaggi storici attuali dei bianchi nell’accesso a un’istruzione di qualità, a posti di lavoro decenti e a salari più dignitosi, alla proprietà della casa, ai benefici pensionistici, alla ricchezza e così via.

Kimberlé Crenshaw
Stati Uniti. Scuola e razzismo, la nuova guerra culturale ultima modifica: 2021-06-14T16:41:29+02:00 da MARCO MICHIELI
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