Le forme della migliore tradizione

Nel cuore delle colline del prosecco, tra Conegliano e Valdobbiadene, Latteria Perenzin è una storica azienda casearia con solide radici familiare eppure fortemente innovativa. ytali l’ha visitata.
ARIANNA TOMASI
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[BAGNOLO DI SAN PIETRO DI FELETTO (TV)]

Latte, sale, caglio: il punto di partenza. E poi ore, settimane, mesi, anni. Di odori, sapori e colori, lavoro, innovazione e tradizione. Come vuole la storia della Latteria Perenzin, nel cuore delle colline del prosecco tra Conegliano e Valdobbiadene. La trovate lungo la strada che porta verso Tarzo. È lì dal 1958. Mezzo secolo prima, nel 1898, era stato Domenico Perenzin ad aprire la prima latteria di famiglia, a Tarzo. L’azienda è cresciuta nel corso dei decenni, passando di generazione in generazione ed è ora guidata da Emanuela Perenzin, pronipote di Domenico. Oggi al suo fianco ci sono i figli Erika e Matteo Piccoli, che insieme ai quasi trenta dipendenti attuali di Latteria Perenzin formano una squadra appassionata, affiatata e piena di nuovi progetti, rinnovando una lunga e bella vicenda costellata di riconoscimenti e premi. Incorniciati e messi bene in mostra lungo le scale che portano al piano inferiore dell’azienda, insieme a teche con oggetti e utensili utilizzati sin dalla fine dell’Ottocento per la produzione di formaggi e burro. Come la zangola o gli stampi decorati per il burro. 

Il profumo di formaggio è già nell’aria. Poco prima di entrare nei locali in cui avviene la stagionatura delle forme di formaggio, ecco arrivare Matteo Piccoli, l’altro figlio di Emanuela. Professione: casaro. Matteo ci guida tra i vari locali della stagionatura e racconta le fasi della produzione del formaggio.

Dopo una prima lavorazione e trascorso il tempo previsto nella stanza della salatura – che può essere di 24 ore come di diverse settimane, a seconda della grandezza della forma, del tipo di formaggio e dal grado di sapidità e si vuol conferire al prodotto -, le forme sono disposte in una cella fredda e molto ventilata: l’odore del latte lavorato che sta diventando formaggio è intenso. Tutte le forme sono girate a mano e si vede nettamente la differenza tra le prime forme depositate – ormai giallognole – e le ultime aggiunte, ancora di colore bianco candido. 

La stanza più grande è quella della stagionatura: qui vi sono file e file di tavole di legno – che devono essere lavate e asciugate a ogni utilizzo – disposte una sopra l’altra a distanze ben precise che sorreggono centinaia di forme di formaggio differenti. Matteo fa notare che la prima fila in basso e l’ultima in alto sono sempre lasciate vuote per far capire quale deve essere la direzione verso cui spostare le forme affinché continuino a stagionare: verso l’alto e spostando le forme disposte più in avanti verso dietro e quelle posteriori nella tavola superiore. 

Molte forme sono ricoperte di una muffa del tutto naturale. Deriva dalla lavorazione dei fermenti lattici o dalle “infiltrazioni” aggiunte dal casaro a seconda della tipologia di formaggio che si sta producendo. Al termine della stagionatura la muffa è sciacquata via utilizzando unicamente le mani del casaro e l’acqua: nulla di più. Questa tecnica – spiega Emanuela – è decisamente all’avanguardia e del tutto innovativa, soprattutto per i formaggi del territorio del Nord Est, dove solitamente si utilizzano macchine apposite per “pulire” la crosta del formaggio, raschiandola, prima di metterle in produzione. Una tecnica che Matteo ha impiegato circa cinque anni per affinare.

Le ultime celle sono conosciute come “i privé”: più piccole e di temperature diverse a seconda delle tipologie di formaggio al loro interno. Infine, la “stanza dello spirito del tempo”, come ama chiamarla Matteo, richiamando il cartone animato Dragon Ball. Al suo interno sono conservate forme di formaggio prodotte con il latte munto nella stagione attuale (da marzo a ottobre) ma che, grazie all’utilizzo del sottovuoto e alla temperatura molto bassa della cella, potranno essere vendute anche l’anno successivo mantenendo la stessa stagionatura senza “invecchiare” e, al contempo, senza sprecare la grande quantità di latte prodotto dalle capre. 

Matteo racconta di essere voluto “tornare a casa” dopo diverso tempo passato all’estero. L’ultima tappa, fino al 2017, era stata la Nuova Zelanda, dove avrebbe potuto starsene comodo,

aspettando un paio d’anni per ottenere la citizenship e vivere comunque bene. Invece, il richiamo della mia terra, il mestiere che avevo osservato fare sin da quando ero un bambino e di cui ho una passione sconfinata mi hanno fatto ritornare. E qui sento che voglio trasmettere questa stessa sensazione ai miei coetanei e ai tanti giovani che spesso vanno via perché sentono che qui non ci sono motivi per restare. Non è così: il nostro territorio offre tanto ed è giusto valorizzarlo. 

La storia e le storie della latteria arrivano al momento più atteso dal visitatore: la degustazione. I prescelti sono quattro dei loro formaggi: il formaggio prodotto con latte crudo, quindi non lavorato, il formaggio aromatizzato al timo, il “Capra Traminer” e il “San Pietro” in cera d’api: eccellenti! I casari, qui, adottano gli stessi criteri di naturalezza anche per i formaggi realizzati con il latte convenzionale, senza l’utilizzo di sostanze chimiche e conservanti ma adottando un attento controllo qualità, per garantire al consumatore la massima tranquillità. Il benessere degli animali, qui, non è un optional, anche perché un animale che sta bene produce latte buono, quindi s’ottengono formaggi migliori. 

In termini di sostenibilità, l’azienda attua e segue alcune procedure che permettono il riciclo dell’acqua di scarico degli impianti frigoriferi, con il recupero del calore altrimenti disperso. Mentre al Cheese Bar, che ospita diversi tavoli e tavolini per degustare i prodotti all’interno, è servita l’acqua purificata proveniente dall’acquedotto e servita in bottiglie di vetro simili a quelle usate per il latte, si sta al momento studiando anche un sistema per il recupero del calore del siero della ricotta. Stessa filosofia anche negli uffici: si utilizza solo carta riciclata cercando di evitare stampe inutili. E il caseificio è dotato di un impianto fotovoltaico da 50 kW.

Latteria Perenzin produce e commercia formaggi tradizionali e biologici di capra, vacca e bufala, formaggi affinati e ubriacati, premiati nei concorsi sia italiani che internazionali. Nonostante i ritmi più lenti imposti dalla pandemia, lo scorso anno la produzione di Latteria Perenzin non si è arrestata, anzi: “spesso ci trovavamo nelle condizioni di non riuscire a rifornire tutte le richieste dei nostri clienti, ma abbiamo ottenuto comunque degli ottimi risultati”: bilancio 2020 chiuso in positivo e nei primi sei mesi del 2021 si è già registrato un aumento del 24 per cento. 

In Italia, oltre ai punti vendita PER Bottega & Cheese Bar a San Pietro di Feletto, i prodotti di Latteria Perenzin sono acquistabili nei negozi biologici specializzati (NaturaSì), nei negozi Eataly e nei migliori ristoranti e gastronomie. Ma il mercato non è solo italiano, anzi. Oggi Latteria Perenzin esporta il 24 per cento dei suoi prodotti in Australia, Canada, Cipro, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Europa, Giappone, Indonesia, Libano, Réunion, Stati Uniti, Thailandia e Vietnam. 

Commerciare all’estero non è sempre facile, puntualizza Emanuela, soprattutto per una realtà artigianale come Latteria Perenzin. Sebbene “il prodotto italiano sia da sempre ricercato e gradito all’estero”

soprattutto se parliamo di formaggi […], le problematiche per le piccole spedizioni di un’azienda artigiana (non parliamo di container ma di bancali) sono soprattutto di ordine logistico per i costi elevatissimi di trasporto. Inoltre, le piccole dimensioni aziendali non permettono investimenti promozionali all’estero, per cui si delega la promozione all’importatore, per il quale spesso sei solo un piccolo puntino, che fa poca differenza in ordine di fatturato

Inoltre la competizione cresce sempre di più e non si limita più alla sola Europa: basti pensare che

gli artigiani del formaggio americani sono cresciuti in qualità, hanno smesso di copiare dalla vecchia Europa e stanno facendo prodotti eccellenti. Primo segnale di questa rivoluzione americana si è visto al World Cheese Awards: il primo classificato assoluto è stato un formaggio blu americano.

Entrando al PER Bottega Cheese & Bar, il locale adiacente al caseificio, si distinguono subito la “Bottega del Gusto”, dove si possono acquistare non solo i prodotti della latteria ma anche di molti altri produttori locali e nazional Tra tante eccellenze, troneggia, all’angolo del bancone, il Premio San Lucio 2021, conquistato dalla squadra di Latteria Perenzin formata da Luca Longo, Riccardo Tonon, Matteo Piccoli ed Erika Piccoli un paio di mesi fa, vincendo il concorso caseario nazionale più prestigioso e più tecnico del settore. Il formaggio vincitore è il “Capra Fava Tonka e Vermouth” ed è Erika, responsabile del Marketing e della comunicazione digitale, nonché della gestione della Bottega e del Cheese Bar, a raccontare l’idea dietro questo progetto. “Il Capra Fava Tonka e Vermouth fa parte della linea “AFFINITA’ ELETTIVE”, nome nato un po’ per caso da un’idea della nostra grafica, peraltro non destinato in origine a questo progetto. Il richiamo all’opera di Goethe per rimandare ai contrasti presenti anche nel Capra Fava Tonka e Vermouth – formaggio che io conoscevo perché i casari ci stavano lavorando da tempo e seguivo il loro processo soprattutto di combinazione degli ingredienti – ci è sembrata un’idea davvero vincente”. È così è stato. Il “Capra Fava Tonka e Vermouth” sarà disponibile alla vendita dal 30 settembre prossimo in edizione limitata.

Le fotografie del servizio sono di Arianna Tomasi, tranne dove specificato altrimenti.

Le forme della migliore tradizione ultima modifica: 2021-07-22T12:04:45+02:00 da ARIANNA TOMASI
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