Ieri sera, i tre candidati alla successione di Angela Merkel hanno incrociato le armi in prima visione. Il duello, anzi, triello è andato in onda sui canali pubblici ARD e ZDF, quando mancano esattamente due settimane allo scontro finale. Il 26 settembre gli elettori tedeschi voteranno infatti per il rinnovo del Bundestag, la camera bassa del parlamento tedesco. Per Armin Laschet, il candidato della Cdu, quella di ieri sera è stata delle ultime occasioni per invertire i sondaggi, che lo vedono inchiodato al 20 per cento, minimo storico per i conservatori.
Il cristiano democratico attacca a testa bassa, fin dall’inizio della trasmissione. Tenta di mettere in discussione la credibilità di Olaf Scholz, il candidato delle Spd, da alcune settimane saldamente in testa ai sondaggi. Laschet rimprovera all’avversario socialdemocratico di essere “privo di serietà”, “poco credibile”, “disonesto”. Scholz ribatte principalmente dando del “bugiardo” a Laschet. Nel mezzo Annalena Baerbock, candidata ecologista, al terzo posto nei sondaggi, che a tratti sembra un arbitro di una partita di tennis. Poco rilevante, ma almeno più simpatica dei due signori presi a litigare.
I primi minuti sono i più interessanti. I moderatori, Oliver Köhr dell’ARD e Maybrit Illner della ZDF, tentano di forzare i tre a sbilanciarsi sul tipo di alleanza che potrebbero formare dopo il voto. A Laschet viene chiesto se, in caso di sconfitta, i cristiano-democratici sarebbero ancora disposti a governare in una grande coalizione con la Spd, questa volta però nel ruolo di junior partner. Lui non dice di “no”. “E lei signora Baerbock, governerebbe con la Spd e con la Linke?”, è la domanda per la candidata ecologista. Lei non esclude questo scenario, dicendo che è tremendamente sbagliato mettere AfD (estrema destra) e Linke (da alcuni considerata come estrema sinistra) sullo stesso piano.
Di fronte alla stessa domanda – “Lei governerebbe con la Linke?” – Scholz ribadisce quanto già detto in passato: lui è disposto a governare solo con chi è convintamente pro Nato e pro Ue. In altre parole, o la Linke cambia corso o lui non ci farà mai un governo insieme. Non abbastanza per dissipare i dubbi sull’orientamento – per i detrattori, “troppo a sinistra” – che potrebbe avere un eventuale governo Scholz. “Con Lei cancelliere ci ritroviamo anche Saskia Esken ministra?”, chiede la moderatrice Maybrit Illner, facendo riferimento alla co-presidente del partito, esponente dell’ala sinistra della Spd e invisa all’elettorato conservatore. Scholz risponde con eleganza: “Con me cancelliere avrete un governo composto metà da donne e metà da uomini, tutti competenti”.

Si cambia tema e si parla degli scandali che hanno colpito Scholz come ministro delle Finanze e, prima, sindaco di Amburgo. Un tema che, a dirla tutta, finora non è mai stato veramente oggetto della campagna. Al socialdemocratico viene chiesto conto di tre cose. Le recenti indagini che hanno colpito una sezione del suo ministero, accusata di non essere stata abbastanza attiva di fronte a un’allerta di riciclaggio di denaro. Lo scandalo “Cum-ex”, vicenda di maxi evasione costata probabilmente miliardi di entrate pubbliche. Scholz sarebbe stato troppo lento a investigare quando era sindaco di Amburgo. E lo scandalo Wirecard, che ha visto l’omonima compagnia truccare i bilanci per anni, senza che l’autorità federale di vigilanza finanziaria se ne rendesse conto.
Laschet ha cercato di mettere in dubbio la credibilità di Scholz in quanto ministro delle Finanze. “Se il mio ministro delle Finanze lavorasse così, allora avremmo un grande problema”, ha attaccato il candidato conservatore, sottolineando le enormi perdite dello stato nello scandalo Cum-ex, e quelle degli investitori nella vicenda Wirecard. Scholz ha tenuto duro, discendo che le accuse di Laschet sono basate su falsità e disoneste. In realtà, si tratta di vicende note, che non hanno mai attecchito nel dibattito pubblico e per le quali Scholz non è mai stato davvero considerato direttamente responsabile.
Il resto del dibattito è sui contenuti. Digitalizzazione, clima, affitti e pensioni. Su Twitter si sprecano le critiche nei confronti dei due moderatori. Temi troppo tecnici e che al contempo permettono ai candidati di restare sulle loro posizioni, senza veramente sbilanciarsi. Non una domanda sull’Europa, non una di politica estera: verrebbe da credere che la Germania sia un’autarchia, sigillata su sé stessa.
Uno dei pochi sprazzi interessanti è quando viene chiesto a Laschet di esprimersi sull’immigrazione. Con molta coerenza rispetto alle prese di posizione passate, egli ha detto che la Germania ha bisogno di un’immigrazione qualificata – di gente che possa dare un contributo – ma ha al contempo anche sottolineato che non esiste un limite al diritto d’asilo. “Se una persona è perseguitata ha il diritto ad essere accolta”, ha messo in chiaro Laschet, che ha sempre difeso la decisione di Merkel di aprire ai rifugiati siriani nel 2015. Contrariamente a vari suoi colleghi di partito.
Nel complesso, il candidato conservatore è sembrato più spigliato del solito. Non abbastanza però per invertire una dinamica che lo vede perdente. Secondo una rilevazione effettuata subito dopo il dibattito, il più convincente è stato Scholz, con il 41 per cento dei voti, seguito da Laschet, 27 per cento e Baerbock, 25 per cento.
Significativa la reazione di Christian Lindner, leader dei liberali della Fdp, che a fine serata ha criticato: “Si è discusso solo di come redistribuire le risorse, ma non di come rilanciare l’economia”. Il suo partito sarà probabilmente decisivo nella formazione della prossima coalizione. Lindner ha chiarito più volte che i liberali, in termini di contenuti, sono molto più vicini alla Cdu che alla Spd. Cosa farà se i cristiano democratici arriveranno veramente secondi, dietro la Spd? I colpi di scena non sono esclusi: nel 1976 e nel 1980, il socialdemocratico Helmut Schmidt arrivò secondo, ma governò comunque, proprio grazie all’aiuto dei liberali. Le speranze della Cdu sono ora sempre più appese alla volontà di Lindner, il quale, non c’è dubbio, venderà a caro prezzo il suo sostegno. Laschet, ma soprattutto Scholz, sono avvertiti.

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