Il volere del fato, i capricci del mito

In “Le Metamorfosi. Un viaggio tra i miti”, Idalberto Fei s’immedesima in Ovidio giovanetto immaginando quello che il futuro poeta avrebbe appreso dal suo precettore e dalla vita durante quel viaggio che tutti i ragazzi romani di ceto elevato dovevano compiere nel Mediterraneo.
BARBARA MARENGO
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Al volere del fato non si scappa, e ai capricci del mito neppure. Quel racconto lungo millenni che pervade le nostre esistenze è il mito, anche se non lo sappiamo, visto che gli uomini dai tempi immemorabili vivono – soffrono, amano, amoreggiano, odiano, invidiano, gioiscono, temono… – intrecciati in ogni loro azione da un filo lunghissimo che affonda appunto nel mito. “Mitico” è l’esclamazione ricorrente di Homer Simpson protagonista del celebre cartoon; mitiche sono le gesta di chi racconta un’avventura, un viaggio, un fatto personale pervaso da un’aura quasi magica; mitico è definito un personaggio, un amico, un cantante, una musica, un film…

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Le Metamorfosi. Un viaggio tra i miti è l’agile volume edito da Giunti scritto da Idalberto Fei, che ci fa percorrere un viaggio di iniziazione compiuto nel I secolo aC da un ragazzo, e che ragazzo: Publio Ovidio Nasone (43 aC – 18 dC), poeta nato a Sulmona e morto a Tomi sul Mar Nero dove era stato relegato dall’imperatore Augusto, che lo volle punire forse per un fraintendimento in un verso di un carmen del poeta.

Fei s’immedesima in Ovidio giovanetto immaginando quello che il futuro poeta avrebbe appreso dal suo precettore e dalla vita durante quel viaggio che tutti i ragazzi romani di ceto elevato dovevano compiere nel Mediterraneo. Insegnamenti e racconti che più tardi in età matura Ovidio rielaborò nei versi immortali delle Metamorfosi: quindici libri in esametri che con sublime eleganza racchiudono oltre duecentocinquanta storie di miti, studiati nel corso dei duemila e passa anni successivi da letterati, pittori, scultori, filosofi e dai normali mortali che, volenti o nolenti, sono inciampati in nomi, storie, esseri mostruosi o fatati…

Sono gli Dei i motori di questi avvenimenti, che il giovane Ovidio a bordo della nave scuola impara a conoscere e temere, e sono gli uomini con le loro debolezze e le donne con le loro bellezze e ingenuità a intersecare le loro vite con animali mostruosi, mostri marini, cani dalle cento teste, serpenti dalle spirali mortali.

Idalberto Fei

Ovidio lascia la natia e bella Sulmona e s’imbarca, compiendo un viaggio che è già mitico da sé: quel Mediterraneo che a ogni onda, a ogni scoglio, a ogni spiaggia, si riferisce ai suoi antichi abitanti, tra terra e cielo. Ma quando è nato il mito? Queste storie incredibili, ma alle quali gli umani credono, con divinità e uomini a confronto, con gli elementi primordiali come comprimari, il fuoco, la terra, il mare, le acque di fiumi, oceani e ruscelli… Guardando in fondo in fondo e affacciandoci nel tunnel profondissimo della storia, vediamo che il mito accompagna da sempre, dalle prime azioni, gli esseri umani, che cercavano spiegazioni, interrogando spaventati o felici oracoli e simulacri.

Il giovane Ovidio tra un sonnellino e un sogno, tra una chiacchiera e un incontro, entra a gambe tese nel vortice della storia, ed ecco Giove e Giunone, Ercole e Bacco, Arianna e Teseo, le Nereidi e le Gorgoni, Enea e Didone, Aci e Galatea, Mercurio e Narciso, in una corsa senza fiato tra dei e uomini, dove le donne già dai primordi facevano la parte di fanciulle ingenue preda di appetiti sessuali, di sacrifici a prezzo della vita, di baratti e compromessi. Molto difficile anche ai nostri giorni scalzare questo “mito” della fanciulla indifesa da tenere ben nascosta o peggio, e recentissimi e dolorosi fatti di cronaca quotidiana ci parlano di “femminicidi”, uccisioni di donne d’ogni età colpevoli di non sottostare alle volontà maschili: per non parlare di Afghanistan, Arabia Saudita e compagnia dove essere donna non è certo un vantaggio.

La statua di Ovidio a Costanza (l’antica Tomi) realizzata dallo scultore Ettore Ferrari nel 1887. Una copia del monumento, realizzata nel 1925, si trova a Sulmona, città natale del poeta.

Ovidio ragazzino si trova di fronte a centinaia di storie, non tutte a lieto fine, in un mondo a volte idilliaco tra frasche e ruscelli e a volte terribile tra gorghi e tempeste, tra uomini e donne volitivi e coraggiosi, tiranni prepotenti, animali miti e belve feroci, mostri dotati di forza bestiale, il tutto dominato dall’alto da ineffabili dei e dee, anche loro dotati di sentimenti umani, meschini o splendidi, vendicativi e dispettosi, magnanimi e pietosi, capaci di fare scoppiare guerre per gelosia (mele d’oro in quantità, Ilio ovvero Troia e tutto quello che ne deriva, Roma compresa).

E siccome il mito è tra noi, ecco storie come quella di Ifide, ragazza cresciuta come un maschio e diventato tale dopo le suppliche a Giunone da parte di una madre infelice quando la figlia/figlio era alle soglie del matrimonio con la fanciulla amata: e che dire della storia di Filemone e Bauci, poveri contadini che accolgono e nutrono, ospitano e curano gli ospiti sconosciuti, ricevendo come ricompensa da Giove la salvezza come i giusti e il privilegio di finire la loro vita d’amore insieme. Come non riconoscere il dramma di profughi o rifugiati che disperatamente cercano vite più degne. 

Per non parlare dei superbi, come Fetonte figlio del Sole, auriga sprovveduto, come sprovveduto fu Icaro, troppo sicuro del suo volo stupefacente: insegnamenti del mito che sono qui tra noi, con noi, presenti attraverso racconti o leggende che vediamo, che so, raffigurati in quadri come Leda e il cigno o come la giovenca Io alle prese con il desiderio di Giove, o come località geografiche, Scilla e Cariddi, Aci ed Europa…

Leggere, non basta leggere: bisogna capire e scavare quello che il Mito millenario vorrebbe insegnare agli uomini, se fosse ascoltato. Fei scivola tra nomi e luoghi che ancora oggi potremmo visitare ripercorrendo il vero viaggio del piccolo Ovidio lungo il mare Mediterraneo, esso stesso custode e ispiratore di quanto ha da millenni regolato la vita dell’uomo.

Grandi e piccoli potranno leggere queste pagine, fluide e dense, accompagnate da carte geografiche che mostrano l’unità di questo mare e la vicinanza di rive non sempre percepite così vicine.

Anche a questo serve Le Metamorfosi. Un viaggio tra i miti, a ricondurci là da dove tutti veniamo, la storia della quale volenti o nolenti siamo artefici e protagonisti.

Immagine di copertina: La trasformazione di Filemone e Bauci, Janus Genelli (1801), Galerie Neue Meister, Dresda

Il volere del fato, i capricci del mito ultima modifica: 2021-09-14T12:00:00+02:00 da BARBARA MARENGO
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