Romanticismo e nazionalismo musicale. Chopin, Liszt, Smetana e gli altri

MARIO GAZZERI
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L’esplosione di patriottismo che in Italia, Spagna e Grecia accompagnò i moti liberali del 1820-21 (esattamente due secoli fa) e che si sarebbero ripetuti con alterne fortune dieci anni dopo e infine nel 1848, assunse un carattere del tutto particolare nei paesi dell’Europa centro-orientale. In quella regione, il sentimento romantico-nazionalista fu interpretato nella martoriata Polonia dal “poeta del pianoforte” Fryderyk Chopin, in Ungheria da Franz Liszt e nei territori dell’attuale Repubblica Ceca da Bedřich Smetana e, diversi anni più tardi, da Antonín Dvořák. Negli stessi anni di attività compositiva di quest’ultimo, un analogo risveglio dello spirito nazionale si sarebbe manifestato nella Russia zarista ma con modalità in cui il connubio tra rivoluzione e arte appare, a molti, meno evidente.

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Quel “ritorno alla natura”, che fu un elemento fondamentale anche nell’opera dei compositori romantici austro-tedeschi del primo Ottocento (si pensi a molti dei Lieder di Schubert o alla sinfonia Renana di Schumann), divenne la base stessa dell’arte pianistica di Chopin intrisa di folklore polacco, di melodie echeggianti musiche popolari e contadine, di nostalgia per quel suo paese vittima di infinite “spartizioni” tra Prussia, Russia e altri paesi. Destino storico che fu alla base anche dell’estremismo cattolico dei polacchi, sentito e vissuto come elemento nazionale di difesa e di antagonismo al protestantesimo tedesco e all’ortodossia russa. Non solo Le Polacche (Les Polonaises), ma anche le Ballate, le Mazurche, gli Improvvisi (Impromptu) e i Notturni (questi ultimi composti per lo più in tonalità minore a sottolinearne l’elemento malinconico) risuonano della nostalgia per la terra polacca abbandonata a malincuore con il suo trasferimento a Parigi dove poi morì nel 1849.

Anche l’ungherese Liszt, che ebbe come pianista un successo pari se non superiore a quello di Chopin, sentì fortemente il “destino avverso” del proprio paese, una pianura danubiana da sempre gravitante nell’orbita austriaca, isolata nella sua unicità etnica e linguistica, circondata da paesi nemici o da falsi amici. Il dolore per la tragedia della sollevazione ungherese del 1848, domata nel sangue dai russi accorsi al fianco degli austriaci, fu riproposto anni dopo nelle nove celebri Rapsodie Ungheresi orchestrate dal compositore sulla base di alcune delle sue precedenti 19 rapsodie per piano solo. E questi capolavori di Liszt (tutti in tonalità di “la minore”) furono riproposti da Radio Budapest in funzione patriottica nei drammatici giorni della rivoluzione del 1956, ancora una volta repressa dai russi, ormai sovietizzati da quasi quarant’anni. Liszt fu tuttavia molto apprezzato anche in Germania dove sua figlia, Cosima, sposò Richard Wagner portando nella famiglia del severo compositore di Lipsia un po’ di dolcezza danubiana.

Franz Liszt in un ritratto di Henri Lehmann (© Photo RMN-Grand Palais – Bulloz)

Ma negli stessi anni un altro grande musicista si affacciò sulla scena mitteleuropea, il ceco Bedrick Smetana nato nell’allora regno di Boemia (unito all’Impero Asburgico di Vienna ma con una forte presenza di tedeschi nei Sudeti). Pochi altri compositori riuscirono a infondere nelle loro opere quel senso di lirico patriottismo nato dall’amore per la propria terra, per i propri fiumi, per le antiche colonie contadine, patrimonio del paese e radici della sua civiltà. Il suo capolavoro assoluto, Ma Vlast (La mia patria) è forse, a nostro avviso, il poema sinfonico più commovente dell’Ottocento e, sicuramente, quello in cui romanticismo e nazionalismo patriottico si fondono nel più felice dei “matrimoni musicali”. In realtà Ma Vlast è a sua volta suddivisa in altri sei poemetti sinfonici tra i quali spicca ovviamente La Moldava (Vltava), il grande fiume che attraversa Praga e bagna le fertili terre boeme che conobbero infine la loro indipendenza nel 1918 a seguito della dissoluzione dell’Impero austroungarico.

Ma la gioia e l’amore che Smetana profuse nei suoi capolavori non vennero ricambiate dal destino. Come ricorda lo storico della musica Kurt Pahlen, “gli anni della felicità di Smetana furono brevi: su di lui, riunite, si abbatterono le tragedie di Beethoven e di Schumann. Sordo dal 1874, morì dieci anni dopo in stato di follia”. L’impronta di questi grandi compositori non rimase tuttavia isolata, alla morte di Smetana, già si affermava il genio di un altro compositore boemo, Antonin Dvorak, etnomusicologo e prolifico autore di sinfonie e concerti ma anche di una serie di Danze Slave che si inseriscono nel solco della musica classica di ispirazione nazional-folkloristica. Mentre, nella vicina Ungheria, Bela Bartok (siamo ormai ai primi del Novecento) dedicava il suo più famoso poema sinfonico all’eroe nazionale Lajos Kossuth, protagonista dei moti del 1848.

Fryderyk Chopin in un ritratto di Eugène Delacroix (Louvre)

Romanticismo e nazionalismo musicale. Chopin, Liszt, Smetana e gli altri ultima modifica: 2021-09-14T12:23:26+02:00 da MARIO GAZZERI
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