Si è tenuto a Venezia, alla Fondazione Giorgio Cini, un incontro dedicato al tema “Salvare Venezia e la sua Laguna: come ripartire e ricostruire meglio?” promosso dai Comitati Privati Internazionali per la Salvaguardia di Venezia in collaborazione con Europa Nostra. L’incontro, che si è svolto il 22 settembre nel corso del Summit annuale di Europa Nostra “Per una Nuova Rinascita Europea” (22-24 settembre), è nato con l’intento di gettare le basi per un’azione europea comune volta a salvare la città Patrimonio dell’Umanità e la sua Laguna.
Sono intervenuti esperti, accademici, rappresentanti istituzionali e culturali nazionali e locali, esponenti del mondo dell’economia, della società civile, della politica cittadina. Molti i temi toccati e le proposte avanzate: dal futuro del Porto al transito delle navi, dal Mose al problema dello spopolamento, dalla residenzialità alla creazione di nuovi posti di lavoro, al potenziamento dei servizi pubblici e sociali, all’eventualità della creazione di uno Statuto Speciale per la città, fino alla regolamentazione del turismo.
Al termine dell’incontro è stato lanciato l‘Appello di Venezia per una rinnovata cultura urbana”.
Tra gli interventi, quello di Gianpaolo Scarante, presidente dell’Ateneo Veneto, che qui di seguito pubblichiamo.


Mi rivolgo a questa Assemblea in qualità di rappresentante della società civile veneziana e in particolare della sua componente attiva nel mondo della cultura. Quella società civile demograficamente depauperata e moralmente avvilita che ha toccato il limite delle cinquantamila unità nel centro storico e delle ottantamila unità nel comprensorio lagunare.
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Io rappresento un’antica istituzione culturale cittadina, l’Ateneo Veneto di Scienze Lettere ed Arti, che opera sin dal lontano 1812. Ma gli enti, gli organismi, le associazioni che operano nel settore della cultura veneziana sono moltissimi e ammirevoli per la passione e la tenacia con le quali svolgono la loro missione. Tutte queste realtà concorrono a fornire un’offerta culturale complessiva estremamente ampia e diversificata, ma il loro ruolo non mi sembra venga riconosciuto in maniera corretta. Nella migliore delle ipotesi la loro attività è considerata un motivo di interesse aggiuntivo a quelli esistenti, nella peggiore un richiamo per attrarre altro turismo.
La loro azione costituisce invece una componente imprescindibile dell’identità dei suoi abitanti nonché della nostra città quale è percepita dall’esterno: sono il motore che alimenta la sua straordinaria capacità di attrazione, sono la ragione per cui Venezia è Venezia. Se i marmi e i palazzi sono la materia della quale è costituita la nostra città, l’attività culturale che la circonda è la narrazione con cui Venezia si affaccia sul mondo.
Per tale ragione non vi può essere né ripartenza né futuro per Venezia se non si riserva una speciale attenzione al mantenimento della pluralità delle espressioni culturali in laguna e se non si assicura un giusto sostegno verso chi opera nel settore.
È un mondo, quello della cultura veneziana, che ha bisogno di cure e di affetto perché svolge anche un’altra importante funzione: quella di antidoto contro la rassegnazione nei confronti della nostra presente condizione di cittadini di Venezia e della sua laguna. È una rassegnazione che viene anche dal sentirci in balia di eventi più grandi di noi, che appartengono alla storia e quindi sembrano da noi incontrollabili.

Partiamo quindi da quest’ultimo punto. Venezia non è un’isola, è vero. Essa è composta da molte isole collocate in una splendida laguna. Ma possiamo considerarla un’isola se la collochiamo immersa nel flusso del cambiamento epocale che l’intera umanità oggi attraversa. Un mutamento che coinvolge tutte le dimensioni dell’agire umano: economia e politica, socialità e cultura, e molte altre, tutte oramai profondamente interconnesse fra di loro. Si affermano nuovi parametri, spesso opposti a quelli precedenti, per valutare la qualità della vita e il modo di lavorare: l’attenzione alla salubrità del vivere quotidiano, l’affermazione del mondo digitale, l’arrivo dell’intelligenza artificiale, il rapporto con la natura, il ruolo del patrimonio culturale e ambientale nello sviluppo delle società, le nuove frontiere delle infrastrutture di trasporto e comunicazione. Potrei continuare.
Per quanto concerne Venezia, il triangolo concettuale dato dalla preservazione di una vera comunità residente, del suo ripopolamento e del lavoro sembra al momento di difficile se non di impossibile soluzione. La novità da cogliere è quella del telelavoro, che se coadiuvato sul piano legislativo o semplicemente amministrativo può indure imprese o singoli lavoratori a scegliere Venezia o le isole quale centro delle loro attività e innescare un motore di sviluppo più ampio e generalizzato. Città europee si apprestano ad attrezzare a tale riguardo interi quartieri dotandoli di infrastrutture dedicate, quali reti informatiche e altro.
Lo scopo è intercettare chi vuole lavorare a distanza, non necessariamente in via permanente ma per periodi più o meno lunghi. Facciamolo anche noi: Venezia, inclusa la sua laguna, ahimè, dispone oggi di vasti spazi non abitati e non utilizzati. L’opportunità del telelavoro è straordinariamente congeniale alle caratteristiche del vivere nella nostra città e può attrarre proprio quelle forze produttive legate alla creatività e all’immateriale la cui presenza è da tempo auspicata, ma mai veramente incoraggiata.

Così è anche per la preservazione del patrimonio naturale e culturale che è stato sino ad oggi considerato in primo luogo un dovere etico e morale, spesso ignorato o trascurato. Oggi si è finalmente affermata la convinzione che i patrimoni collettivi di natura naturale e umana sono il motore del nuovo sviluppo. Sotto questo profilo noi disponiamo sia sul piano naturale che culturale di un patrimonio immenso che non valorizziamo e non tuteliamo adeguatamente. Dobbiamo ricordare che il patrimonio naturale di cui disponiamo concorre anch’esso, come la cultura, alla definizione della nostra stessa identità e alla sua rappresentazione verso l’esterno: conservarlo in tutti i suoi aspetti è da sempre un dovere ma oggi è anche una necessità. È la conservazione del patrimonio naturale di Venezia e della sua laguna che può mettere in moto la ripartenza e non la sua compromissione qualunque ne sia la finalità.
A tale riguardo se un sistema di trasporti moderno e efficiente è la base per ogni effettiva ripartenza, sarebbe opportuno un rovesciamento del paradigma oggi imperante. Non è la nostra laguna che deve adattarsi ai mezzi di trasporto, ma sono i mezzi di trasporto che devono essere coerenti con le caratteristiche del nostro ambiente.
Ovviamente mi riferisco all’inquinamento e al moto ondoso, in primo luogo, ma anche ad altre caratteristiche. Ad esempio invece di prevedere scavi di canali in luoghi morfologicamente intatti della laguna, sarebbe preferibile utilizzare mezzi di trasporto a basso pescaggio compatibili con le profondità già oggi esistenti. Anche questo sarebbe un modo per preservare tutte le variegate forme in cui si esprime la cultura di questa città.
Concludo ricordando che sono molte le istituzioni che a vario titolo concorrono oggi alla produzione di cultura nel contesto veneziano. La loro forza è data dalla varietà, dal numero e dalla qualità della loro offerta, che non ha pari in altri contesti. La loro debolezza è data dalla frammentazione con la quale operano nel tessuto cittadino e verso l’esterno.
Trovo francamente sorprendente che non si senta la necessità di istituire una qualche forma di concertazione permanente, che nel tutelare la loro specificità e la loro autonomia indichi una direzione condivisa e alcune linee di fondo da promuovere in ogni sede opportuna, che sia locale, nazionale o internazionale. La creazione di una forma di coordinamento, leggera e qualificata e magari sotto un’egida internazionale, sarebbe estremamente utile sotto ogni profilo e aiuterebbe l’intera città a definire con maggior consapevolezza il proprio futuro.

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