COP26. Il pianeta vicino al collasso

L'appuntamento di Glasgow è un’occasione importante per ridurre il nostro impatto sulla Terra: non rimane più molto tempo, è ora di agire se vogliamo evitare che la crisi climatica peggiori ulteriormente mettendo a rischio la nostra stessa civiltà e la vita come l'abbiamo conosciuta finora.
MARCO MILINI
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Il 31 ottobre a Glasgow, Scozia, si aprirà la COP26. Si tratta di un appuntamento importante e la speranza è che la politica sia all’altezza del compito e prenda decisioni adeguate per fronteggiare la crisi climatica e ambientale in cui ci troviamo. Una crisi in cui ci troviamo per colpa nostra. La scienza è chiara a riguardo e sono sotto gli occhi di tutti gli effetti del nostro sistema di sviluppo economico, dei nostri stili di vita, di tutte quelle esigenze umane la cui soddisfazione grava pesantemente su questo pianeta, di cui siamo parte integrante – cosa che troppo spesso si tende a dimenticare.

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Non rimane più molto tempo, anzi, siamo già abbondantemente in ritardo, e se non saranno presi provvedimenti gli scenari sono catastrofici. È tempo che ci assumiamo le nostre responsabilità, prima che sia troppo tardi e incendi, alluvioni, inondazioni, desertificazione, deforestazione, inquinamento, perdita drammatica di biodiversità siano l’unica faccia visibile – non vivibile – della natura. Un futuro apocalittico, ma non per questo meno possibile. La crescita sconsiderata e il conseguente consumo inesorabile di risorse portano queste all’esaurimento.

In Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, Jared Diamond cerca di spiegare come sia accaduto che alcune società umane siano, appunto, collassate e sparite dalla faccia della Terra. L’esempio più lampante e rappresentativo è offerto dalla descrizione dettagliata delle ragioni del declino e della scomparsa della società dell’isola di Pasqua. Volendo riassumere in poche parole: si sono fatti fuori tutto. Diamond è più elegante:

Per il loro completo isolamento, gli abitanti dell’isola di Pasqua costituiscono un chiaro esempio di società che si autodistrusse attraverso lo sfruttamento eccessivo delle sue risorse.

Proprio quello che stiamo facendo noi. Il pianeta Terra è un’isola nell’Universo e infatti per Diamond “i paralleli che si possono tracciare tra l’isola di Pasqua e il mondo moderno sono così ovvi da apparirci agghiaccianti”.

Ma ci sono anche grandi differenze. Se gli abitanti dell’isola di Pasqua non sono riusciti a fermarsi in tempo e la loro società è andata incontro alla sparizione, non è detto che debba succedere anche a noi. Diamond si dichiara anche moderatamente ottimista riguardo alla nostra situazione. Certo, più di quindici anni fa… Ma resta il fatto che noi disponiamo delle capacità, delle conoscenze, degli strumenti, delle tecnologie per fermarci prima che sia troppo tardi.

Serve però la volontà di cambiare, per ridare respiro al nostro meraviglioso pianeta. In un bellissimo documentario su Netflix, Una vita sul nostro pianeta, che è al tempo stesso un testamento e un manifesto, David Attenborough racconta di come durante la sua vita di pioniere del documentario naturalistico, iniziata negli anni Cinquanta, abbia girato tutto il pianeta e con i suoi occhi, anno dopo anno, lo abbia visto cambiare. In peggio. Il messaggio finale è un accorato invito a fermarsi, a ridare spazio alla natura. Di tempo ce n’è ancora, poco, ma ce n’è.

A fronte di tutti gli sconvolgimenti ambientali che stanno cambiando il volto della Terra, la politica dimostrerà questa volontà di evitare perlomeno il peggio? Anche se riusciremo a evitare l’apocalisse climatica, più si rimanda qualsiasi azione utile più il futuro assomiglierà sempre meno alla vita in un pianeta sano e florido che tutti auspichiamo.

Lo chiedono i ragazzi di Fridays For Future che hanno ripreso a manifestare, è quello che chiedono da decenni le associazioni e i movimenti ambientalisti e tutte quelle sensibilità e posizioni che si è troppo spesso deciso di non ascoltare, di tollerare, o reprimere. Il pensiero va anche al G8 di Genova, di cui ricorrono quest’anno i vent’anni: si tende sempre a ricordarlo per i fatti violenti, trascurando però il messaggio che lanciavano i movimenti di allora che componevano i lunghi e variegati cortei e davano vita ai social forum: così non va bene, serve un mondo più rispettoso, sostenibile, aperto, equo, per tutti.

Sono passati vent’anni e siamo dunque arrivati alla COP26. Un appuntamento importante che forse – Greta Thunberg è pessimista – deluderà. Resta il fatto che l’impegno dovrebbe essere rinnovato, da parte di tutti, in ogni modo. In Collasso Diamond non offriva solo esempi negativi ma anche positivi, di società capaci di limitare il loro impatto sull’ambiente e vivere in armonia con esso, evitando uno squilibrio che espone a conseguenze fuori da ogni umano controllo.

Ciò che decidiamo di fare oggi per salvare il nostro pianeta determinerà ciò che saremo domani e in che mondo vivremo. Intanto, mentre esitiamo ad agire, fuori dalle nostre case fa sempre più caldo, il ghiaccio si scioglie, le specie animali e vegetali che si estinguono a ritmi allarmanti non torneranno mai più e con loro se ne va parte di quello che siamo e potremmo essere.

COP26. Il pianeta vicino al collasso ultima modifica: 2021-10-22T14:52:02+02:00 da MARCO MILINI
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