Christian Lindner, da “Bambi” a falco

Enfant prodige dei liberali, in meno di vent’anni è diventato l’uomo forte del partito. Ora, per la seconda volta in quattro anni, sarà determinante nella formazione del nuovo governo tedesco. Ma il suo sogno è un altro.
MATTEO ANGELI
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Metà Europa lo teme, l’altra metà conta su di lui. Christian Lindner, il quarantaduenne leader dei liberali della FDP, punta al secondo posto più importante nel prossimo esecutivo tedesco. Quello di ministro delle Finanze. Fuori dalla Germania egli è noto soprattutto per le sue sparate. Si è espresso a favore dell’uscita temporanea della Grecia dall’eurozona e contro i piani di Emmanuel Macron per trasformare l’UE in un “sistema di tipo sovietico”. Riguardo al nostro paese ha detto: “Non possiamo usare i risparmi dei tedeschi per salvare quelli degli italiani”.  

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Francia e Italia fanno pressione per cambiare il patto di stabilità e crescita – attualmente sospeso fino alla fine del 2022. Lui, così come otto stati membri “frugali”, ne reclama la reintroduzione.  

Il responsabile delle Finanze in Germania è il “vero ministro degli Affari europei”, come direbbe Hans Eichel (SPD), che occupò il posto dal 1999 al 2005. La storia recente lo conferma. Si pensi al ruolo centrale di Wolfgang Schäuble nell’imporre agli stati membri indebitati il rispetto delle regole di bilancio europee. O a quello di Olaf Scholz, che ha contribuito ad allentare questi vincoli durante la pandemia.  

Ora la sfida per il prestigiosa poltrona è tra Lindner e Robert Habeck, il co-leader dei Verdi. Da un lato, i liberali ne hanno bisogno per assicurarsi che venga rispettata la loro priorità: un doppio “no”, all’indebitamento e all’aumento delle tasse. Dall’altro, i Verdi devono assicurarsi di avere abbastanza risorse per finanziare la transizione ecologica in Germania. La loro candidata, Annalena Baerbock, ripete: serviranno cinquanta miliardi di euro d’investimenti in più all’anno. 

Già nel 2017 Lindner cercò di diventare l’inquilino del ministero situato al numero 97 di Wilhelmstrasse. Era il periodo in cui CDU, FDP e Verdi negoziavano la cosiddetta “coalizione Giamaica”. Il piano però non andò in porto, perché fu lo stesso leader liberale a desistere. “È meglio non governare, che governare male”, disse Lindner quattro anni fa. E Merkel tirò fuori dal cilindro un’altra grande coalizione.  

Da sinistra a destra: Christian Lindner, Angela Merkel e Katrin Göring-Eckardt, nel 2017, durante i negoziati per una coalizione “Giamaica”

Quest’anno il mantra in campagna elettorale era l’opposto: governare a tutti i costi, preferibilmente con la CDU. Le urne hanno premiato la FDP, arrivata quarta, con l’11,5 per cento dei voti. Il pessimo risultato dei cristiano democratici, obbliga però i liberali a cercare un’alleanza con socialdemocratici e Verdi. Poco conta, Lindner sa che questa volta non può mancare l’appuntamento del governo. E pensa già al 2025. Il grande sogno: sorpassare al “centro” la CDU. 

Del resto Lindner è un politico dall’ambizione sconfinata. Ciò gli ha permesso di scalare in maniera folgorante i vertici del partito. Christian Wolfgang Lindner nasce nel 1979, a Wuppertal, nel Land più popoloso, la Renania Settentrionale-Vestfalia. I nonni erano panettieri, il padre insegnante. Il giovane Christian cresce però in un’altra città del Land, Wermelskirchen, dove vive con la madre, in seguito alla separazione dei genitori. 

Nel 1995, a sedici anni, entra nella FDP. Tuttavia, inizialmente per lui la politica è solo un hobby. Vuole diventare imprenditore. Durante gli studi lavora come consulente aziendale e nel commercio di energia elettrica. Fonda anche una società online, che farà poi fallimento. È riservista dell’aeronautica. Studia scienze politiche, diritto pubblico e filosofia all’università di Bonn, dove si laurea nel 2006 con una tesi sulla concorrenza fiscale. A scuola ci va con una vecchia Porsche. 

Al posto del dottorato, sceglie la carriera politica. Diventa presto presidente della sezione giovanile della FDP in Renania Settentrionale-Vestfalia. Nel 2000 è eletto a soli ventun anni deputato nel parlamento del Land. È il più giovane nella storia. Un primato che gli vale il soprannome di “Bambi”. Ad affibbiargli il nomignolo è un “vecchio cervo” della FDP, Jürgen Möllemann, vice-cancelliere ai tempi di Helmut Kohl. 

A venticinque anni batte un altro record: è segretario della sezione regionale del partito. Nel 2009, a trent’anni, il salto. Entra per la prima volta al Bundestag e viene nominato segretario del partito a livello federale. Il più giovane nella storia della FDP. Erano i tempi in cui il leader dei liberali era il compianto Guido Westerwelle, ministro degli Esteri nel governo Merkel II. 

Christian Lindner (a destra) con l’ex leader del partito, Guido Westerwelle, che nel 2009 lo volle segretario generale

Nel ruolo di manager del partito, Lindner viene descritto dai media come “una versione migliore di Guido” (con riferimento a Westerwelle), o la “bella faccia del liberalismo”. Entrato nel Bundestag, inizialmente fa il gioco dell’ala neoliberale. È restata negli annali la sua affermazione “lo stato è un costoso rammollito” che deve essere riportato ai suoi compiti fondamentali. Ciononostante, dopo la crisi bancaria che colpisce duramente la Germania, abbandona – perlomeno a parole – il “freddo neoliberismo”, facendo appello a un “liberalismo compassionevole”. 

Nel 2011 il partito è in crisi profonda. A maggio Westerwelle abbandona la leadership dopo la disfatta alle amministrative in vari Länder. A dicembre, anche Lindner lascia. Non sarà più segretario generale. Una mossa che lo libera della pressione che avrebbe solo qualche anno dopo travolto i vertici del partito.

Nel 2012, Lindner abbandona temporaneamente il palcoscenico berlinese per tornare nella sua Renania Settentrionale-Vestfalia. Una scelta anche questa, con il senno di poi, totalmente azzeccata. Lindner saluta la capitale federale a malincuore. Ma a Düsseldorf si vota di nuovo ed è grande la paura che i liberali restino fuori dal parlamento del Land. Lindner si lascia convincere a guidare la corsa della FDP. Con un dignitoso 8,6 per cento, questa conserva il suo posto nel Landtag. 

L’anno dopo, a livello nazionale, la FDP subisce una sconfitta storica. Ottiene solo il 4,8 per cento dei consensi. Non abbastanza per entrare nel Bundestag. L’allora leader del partito, Philipp Rösler, si dimette. Lindner si candida per succedergli ed è eletto. A trentaquattro anni è il più giovane leader nella storia della FDP.

L’unica tribuna che gli resta è Düsseldorf. Da qui rilancia il partito, rendendolo di nuovo attrattivo. Ha una grande retorica. Ad esempio, quando un collega in parlamento gli rimprovera il fallimento in gioventù della sua impresa nella new economy, Lindner capovolge la narrativa a suo vantaggio. Loda lo spirito imprenditoriale, parla dell’importanza di sostenere i giovani imprenditori e di garantire loro una seconda opportunità. 

Accentra tutto su di sé, non senza rischi. Alle elezioni federali del 2017, su tutti i cartelli elettorali della FDP c’è la sua faccia. “Posterboy”, lo chiamano in maniera critica i detrattori. Lui vince comunque anche questa scommessa. I liberali ottengono il 10,7 dei voti e fanno il loro ritorno al Bundestag. 

“L’impazienza è anche una virtù”, Christian Lindner su uno dei poster elettorali nel 2017

Il resto è storia recente. Dopo aver messo fine ai negoziati per una coalizione “Giamaica”, Lindner continua ad accumulare il potere su di sé. È capo del partito, capogruppo in parlamento e alle elezioni del 2021 di nuovo “Spitzenkandidat”. In nessun altro soggetto politico il potere è talmente concentrato nelle mani di una sola persona. Christian Lindner è la FDP. In meno di vent’anni, si completa la sua trasformazione da enfant prodige a “uomo forte”. 

Tra i suoi peggiori errori c’è la gestione della crisi di governo in Turingia, nel febbraio 2020. Qui il liberale Thomas Kemmerich si fa eleggere governatore anche con i voti dell’estrema destra. Per la prima volta nella storia della Germania, viene meno il cordone sanitario nei confronti dell’AfD. Kemmerich fa un passo indietro solo qualche giorno dopo. A Lindner viene rimproverato di aver gestito male la crisi e troppo temporeggiato. 

Scivola anche sui diritti delle donne. Nel settembre del 2020, saluta la segretaria generale uscente Linda Teuteberg, dicendo: “Negli ultimi quindici mesi, abbiamo cominciato almeno trecento volte la giornata insieme. Parlo della nostra nostra telefonata mattutina sulla situazione politica. Non di quello a cui pensate voi”. L’allusione sessuale gli vale le risate del pubblico ma anche il titolo di “uomo sessista dell’anno”, conferitogli dalla rivista Emma. Un’attitudine confermata anche dalla sua costante opposizione alle quote rosa.

Sugli altri temi, è un mix di conservatorismo economico e progressismo sui valori, che ben riflette la divisione del partito tra l’ala neoliberale e quella più social-liberale. Al di là del vecchio mantra sull’abbassamento delle tasse e il freno all’indebitamento, la FDP vuole rinnovare le infrastrutture, migliorare l’istruzione e promuovere la digitalizzazione. Sull’ambiente resta molto vaga. Sui diritti, spiccano le prese di posizione a favore della comunità Lgbt. 

Come finanziare la grande modernizzazione del paese? Su questo non si giocano solo i negoziati tra SPD, Verdi e FDP, ma anche il futuro politico di Lindner. Ora che andrà al governo dovrà finalmente rispondere a questa domanda, spiegare coi fatti cos’è un “liberalismo compassionevole”. Se diventerà ministro delle Finanze, avrà su di sé gli occhi del cancelliere Scholz, che ha il vantaggio di aver occupato prima di lui tale posto. Inoltre, come spesso accade, è probabile che la nuova funzione cambi il leader liberale, smussandone gli angoli. 

Ma non c’è da illudersi. Lindner dovrà fare di tutto per permettere al suo partito di emergere in una colazione che è un matrimonio d’interesse. Il suo sogno e quello della FDP è di affermarsi come veri interpreti del “Mitte”, il centro della società tedesca, ruolo finora svolto dalla CDU di Merkel. L’incubo è invece di crollare nei consensi, come l’ultima volta che la FDP andò al governo. Questa volta, per salvarsi, il capitano Lindner non potrà semplicemente abbandonare la barca. 

Christian Lindner, da “Bambi” a falco ultima modifica: 2021-10-27T09:36:30+02:00 da MATTEO ANGELI
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