Ex Orto botanico: via l’hotel, tornano case e verde pubblico?

Si torna alla destinazione d’uso prevista dal Piano regolatore. Riflessioni veneziane: dopo il Covid si può andare oltre il turismo? Il Comune ne faccia un’occasione di partecipazione.
MARIO SANTI
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Apprendere dai giornali locali che nell’area dell’ex orto botanico di San Giobbe è saltato l‘ennesimo albergo a Venezia fa riflettere sulla possibilità di orientare l’uso degli spazi urbani – pubblici e non – non sempre e solo al turismo ma a funzioni e servizi (almeno in parte) dedicati agli abitanti. 

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Un privato – il Gruppo Marseglia, che già gestisce a Venezia numerose strutture di alta qualità alberghiera – aveva acquisito l’area a seguito del fallimento della precedente proprietà (la San Giobbe srl), con l’intenzione di farne un hotel di lusso. Un nuovo albergo a cinque stelle della catena Hilton-Canopy in una posizione strategica, vicino alla stazione ferroviaria.

Per farlo aveva bisogno del cambiarne la destinazione d’uso, che il PRG prevede a verde e residenza. A questa soluzione si sono sempre opposti gli abitanti della zona con assemblee e mobilitazioni.

L’amministrazione comunale nelle ultime due consiliature – a guida Brugnaro – ha avuto un atteggiamento nei confronti delle trasformazioni alberghiere che definire “ambivalente” è forse troppo benevolo.

Da una parte, infatti, è stata approvata una delibera che impedisce l’apertura di ulteriori strutture ricettive (nel 2017, quindi comunque “chiudendo le porte della stalla quando già gran parte dei buoi erano scappati”). Dall’altra, servendosi delle possibili “motivate eccezioni” previste dalla stessa delibera, si è sostanzialmente consentito (e si vorrebbe consentire tutt’ora, vedi il recente caso di Sant’Anna a Castello) l’apertura di numerose nuove attività alberghiere in nome dell’occupazione, della valorizzazione di immobili abbandonati e degli “interessi della città” (sic).

Nel caso dell’ex orto botanico, viceversa, l’amministrazione comunale si era dimostrata poco propensa a concedere il cambio di destinazione d’uso. A fronte della difficoltà a ottenerla, l’imprenditore si è fatto un po’ di conti e ha deciso che la sua presenza a Venezia fosse già sufficientemente presidiata, sul terreno della ricettività di alto livello, dalle strutture che già oggi gestisce (dall’Hilton Mulino Stucky a Ca’ Sagredo, dall’hotel Carlton on the Grand Canal al Palazzo Veneziano – Venice collection) e che forse conveniva tornare al “progetto iniziale”, definito da una convenzione tra la precedente proprietà e il Comune (ed ereditata al momento del subentro).

Cannaregio e, in basso, l’area verde dell’ex orto botanico

Ed ecco allora l’idea di tornare alla destinazione iniziale prevista per l’area in base alla pianificazione urbanistica vigente: quella di un complesso residenziale da circa 160 alloggi, di cui il venti per cento offerti a prezzo concordato in base agli accordi stipulati a suo tempo dal Comune coi precedenti proprietari. Lungo questa linea si pensa di finalizzare un investimento di circa quaranta milioni di euro.

Dalle dichiarazioni dei rappresentanti della proprietà si ricava che essa è in attesa del via libera alla realizzazione delle reti di sottoservizi e tecnologiche: rete fognaria, idrica e antincendio, di distribuzione del gas metano, di distribuzione dell’energia elettrica, telefonica e d’illuminazione pubblica. Per poi passare alla realizzazione dei 160 alloggi e alla trasformazione dell’ex orto botanico in parco pubblico. 

Verrebbe anche realizzato il collegamento dell’area direttamente con il polo universitario di San Giobbe con la realizzazione di un nuovo ponte, vicino a quello dedicato a Valeria Solesin.

Se è senz’altro positivo il blocco della costruzione di un ennesimo albergo, sarà però necessario porre la massima attenzione alla costruzione e gestione delle case, per non togliere spazio al parco e luce alle abitazioni esistenti. 

Certo che 160 nuove case in una città “a stock fisso” come Venezia hanno una rilevanza maggiore che 160 nuove case a Roma o Milano. Sarebbe interessante spingere la proprietà a proporre un’offerta totalmente in linea con la domanda che andrebbe privilegiata per rilanciare la città.

È necessario prima di tutto presidiare con la massima attenzione (attraverso graduatorie trasparenti e costi compatibili) che almeno il 20 per cento dell’edilizia convenzionata sia destinata a quei “nuovi veneziani” – nativi e di importazione – che mantengono o portano le professioni legate alla tradizione artigianale e alla vocazione culturale e ambientale della città. E non solo al turismo.

E sarebbe necessario fare uno sforzo perchè l’A.C. utilizzi tutti gli strumenti di incentivazione e disincentivazione fiscale e amministrativi in suo possesso per spingere la proprietà a mettere anche le case destinate al mercato libero su un mercato “interno” e non su quello delle residenze turistiche di lusso.

Credo sia importante sottolineare un elemento.

Che cioè il Comune ha in mano qualche strumento (dalle politiche urbanistiche alle scelte ammnistrative) che può indirizzare la città verso scelte e attività diverse dal solo turismo. Bisogna saperli e volerli perseguire.

È infine utile proporre, da ultimo ma non certo ultimo per importanza, un vero coinvolgimento della popolazione nella definizione degli atti necessari al passaggio alla fase di operatività. A partire magari dalla costruzione di un atto (delibera) di indirizzo (e dei successivi atti esecutivi) attraverso una istruttoria partecipata. 

Si pone il problema del coinvolgimento sia della Municipalità che degli abitanti in quanto tali, singoli o organizzati in comitati o associazioni di zona, nella discussione del futuro del territorio che li riguarda. 

Nuovo verde e nuove case nella città storica veneziana sono un’occasione troppo importante per lasciarla solo alle dinamiche del mercato e per rinchiudere la discussione tra soggetti economici e addetti ai lavori istituzionali.

Partecipazione, se ci sei batti un colpo.

Ex Orto botanico: via l’hotel, tornano case e verde pubblico? ultima modifica: 2021-11-02T11:22:00+01:00 da MARIO SANTI
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