Referendum in Nouvelle Caledonie, terzo e ultimo atto

Con il voto di domenica si potrebbe concludere il percorso decennale dell'arcipelago francese nel Pacifico alla ricerca dell'indipendenza. Gli Stati Uniti osservano con particolare attenzione il referendum che potrebbe aprire le porte a un nuovo alleato, la Cina. E, soprattutto, accerchiare l'Australia.
MARCO MICHIELI
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[PARIGI]

Domenica 12 dicembre si vota in Francia. O, meglio, si vota a quasi diciassettemila chilometri da Parigi. Nella Nouvelle Caledonie, infatti, una “collecitvité territoriale sui generis”, si svolgerà il terzo e ultimo referendum per l’indipendenza dell’isola, come previsto dagli accordi di Noumea del 1998. Nelle prime due consultazioni il “no” all’indipendenza ha vinto con il 56,7 per cento nel 2018 e 53,3 per cento nel 2020. Il referendum è stato richiesto dai due partiti che formano il Front de libération nationale Kanak et socialiste (FLNKS), che riunisce le formazioni pro-indipendenza. Kanak è il nome della popolazione indigena melanesiana.

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Nonostante la loro iniziale richiesta, i partiti pro-indipendenza hanno però successivamente sostenuto la necessità di tenere il referendum nell’aprile del 2022, in concomitanza con le elezioni presidenziali, a causa della pandemia di Covid-19 che ha avuto un impatto notevole sulla popolazione dell’isola. Il fronte anti-indipendenza ha sostenuto invece che la pandemia fosse usata come pretesto per rinviare la “probabile sconfitta” degli indipendentisti. La decisione di tenere la consultazione elettorale il 12 dicembre ha spinto quindi i partiti indipendentisti al boicottaggio. Inoltre, che vinca il “sì” o il “no” all’indipendenza, al referendum seguirà un periodo di transizione di diciotto mesi durante i quali si dovrà scrivere una costituzione per il nuovo stato, in caso di vittoria del “sì”, o un nuovo statuto, in caso di vittoria del “no”.

Le precedenti consultazioni avevano sollevato numerose polemiche in un paese profondamente fratturato. I kanak si erano espressi per lo più in favore dell’indipendenza, mentre la popolazione d’origine europea si era espressa contro. Differenze che si sono manifestate anche tra aree ricche e povere, che si sovrappongono a quelle etniche, con le aree più ricche del Sud contro l’indipendenza e quelle povere del nord a favore. Anche questa volta saranno inoltre esclusi circa il 17 per cento degli elettori che vivono nell’arcipelago, perché l’accordo di Nouméa consente di votare sull’indipendenza soltanto a coloro che vi si sono stabiliti prima del 1994. Il partito L’Éveil océanien che rappresenta la comunità di Wallis e Futuna nell’arcipelago e ha di solito un ruolo di kingmaker all’interno del sistema politico della Nouvelle Caledonie ha annunciato il proprio voto contrario all’indipendenza.

Gli abitanti della Nouvelle Caledonie originari delle isole Wallis e Futuna potrebbero essere decisivi per il risultato del referendum

La Nuova Caledonia ha una storia travagliata alle spalle. Divenuta ufficialmente francese nel 1853, dopo anni di contrasto tra le missioni protestanti britanniche (i primi a metterci piede furono gli inglesi, quando nel 1744 James Cook vi sbarcò durante il suo secondo viaggio alla scoperta del Pacifico) e gli esploratori francesi, la Francia trasformò l’arcipelago in una colonia penale per i detenuti politici, come i Comunardi, e poi per i responsabili di crimini più efferati, come l’omicidio o la violenza sessuale. I Kanak furono invece spinti sempre più ai margini della società della nuova colonia, prima con lo spostamento forzato della popolazione, poi rinchiudendoli in riserve. Alla marginalizzazione forzata seguirono la confisca delle terre delle tribù e la creazione di un sistema di giustizia per i bianchi e uno per i Kanak. Le rivolte della popolazione Kanak furono poi sedate con estrema violenza.

La situazione iniziò a cambiare soltanto dopo la Seconda guerra mondiale. La Francia infatti decise di abbandonare il termine colonia per riferirsi all’arcipelago e di abolire il code de l’indigénat, le regole che privavano i Kanak dei loro diritti. Il governo francese inoltre “attribuì” la cittadinanza francese e il diritto di voto alla popolazione Kanak nel 1946 (all’elité Kanak) e, poi, nel 1951 e 1957 a tutta la popolazione autoctona. Le tensioni sociali ed economiche degli anni Settanta però sfociarono nella violenza degli anni Ottanta, con il loro culmine nel 1988. In quell’anno furono firmati gli accordi di Matignon che prevedevano l’istituzione di uno status transitorio di dieci anni che sarebbe culminato in un referendum sull’autodeterminazione. Nel 1998 gli accordi di Nouméa prevedevano una forte autonomia per l’arcipelago e rinviava però il referendum finale sulla questione dell’indipendenza a un periodo compreso tra il 2014 e il 2018.

Il risultato del referendum nella Nuova Caledonia sarà osservato anche dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nel Pacifico, Australia e Nuova Zelanda in testa. È infatti un’area, quella del Pacifico, dove la Cina cerca di espandere la propria influenza. Molti temono che l’indipendenza dell’arcipelago possa comportare il progressivo ingresso della Nuova Caledonia nella sfera d’influenza cinese.

Un’influenza che già oggi è rilevante, secondo il rapporto Les opérations d’influence chinoises dell’Institut de recherche stratégique de l’École militaire (IRSEM), un istituto di ricerca del ministero della difesa francese. I ricercatori dell’IRSEM infatti sostengono che la Cina incoraggi i movimenti indipendentisti, per recuperare quote di mercato o per indebolire i potenziali avversari. Ad esempio, dicono i ricercatori, nel tentativo di espandere la propria influenza sulla Nuova Caledonia, la Cina ha creato l’Associazione d’amicizia sino-caledone, vicina al movimento degli indipendentisti.

Secondo il rapporto, una vittoria degli indipendentisti consentirebbe alla Cina di isolare l’Australia, poiché, oltre a Nouméa, la capitale della Nuova Caledonia, Pechino potrà contare su Port Moresby (Papua-Nuova Guinea), Honiara (Isole Salomone), Port-Vila (Vanuatu) e Suva (Fiji), il frutto della strategia di espansione delle propria influenza su molte isole del Pacifico. Inoltre, una Nuova Caledonia indipendente fornirebbe alla Cina “una fornitura di materie prime, in particolare di nichel”. L’isola detiene infatti il venti per cento delle riserve mondiali del metallo, una componente chiave delle batterie per auto elettriche e indispensabile per la fabbricazione di acciaio inossidabile.

Proprio i rischi legati all’indipendenza della Nuova Caledonia e ai legami tra la Cina e il movimento indipendentista erano stati alla base degli accordi tra Francia e Australia, quest’ultima intimorita dall’atteggiamento aggressivo della Cina e dal progressivo accerchiamento da parte di Pechino e dei nuovi alleati nelle piccole isole del Pacifico. Una partnership profondamente danneggiata dalla vicenda dei sottomarini, quando l’Australia ha deciso di rompere l’accordo da novanta miliardi di dollari con la Francia, a favore dei sottomarini a propulsione nucleare degli Stati Uniti o del Regno Unito come parte del patto Aukus.

Immagine di copertina: la barriera corallina della Nouvelle Caledonie

Referendum in Nouvelle Caledonie, terzo e ultimo atto ultima modifica: 2021-12-10T14:40:41+01:00 da MARCO MICHIELI
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