Demografia. Di doman c’è certezza, e non è rosea

Secondo l’Istat, nei prossimi cinquant’anni l’Italia sarà segnata dallo spopolamento e l’indice di vecchiaia salirà fino ad avere trecento anziani ultrasessantacinquenni ogni cento bambini e ragazzi fino ai 14 anni.
VITTORIO FILIPPI
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Mai come in questi tempi in cui l’imprevisto connota ontologicamente il presente, ha vieppiù senso dire che “di doman non c’è certezza”. Con una eccezione, probabilmente, la demografia. Perché i movimenti della popolazione hanno andamenti talmente lenti ed al tempo stesso difficilmente modificabili da renderli ragionevolmente prevedibili.

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Per cui diventa possibile – come ha fatto l’Istat – tentare di allungare lo sguardo sui prossimi cinquant’anni, al 2070. Certo, un tempo molto lungo e sicuramente denso di incognite, ma sui cui è possibile fare qualche considerazione.

La prima è che l’Italia sarà segnata dallo spopolamento: arriveremo ad avere 47 milioni di abitanti, con una drammatica frattura demografica tra il nord – in cui l’immigrazione dovrebbe compensare almeno in parte la denatalità – ed un sud del paese che tenderà invece a desertificarsi per l’effetto perverso di emigrazione, denatalità e scarsità di immigrazione. L’annosa questione meridionale accelererebbe, con incognite sulla stessa coesione nazionale.

Entriamo nell’epoca degli sbilanciamenti, il primo dei quali è quello tra nati e morti, dove i primi scenderanno fino a 350mila all’anno mentre i secondi – per il naturale effetto dell’invecchiamento, pur longevo – arriveranno a essere 830mila, con un deficit naturale di quasi mezzo milione di abitanti.

Un secondo sbilanciamento sarà quello generazionale, dato che l’indice di vecchiaia salirà fino ad avere trecento anziani ultrasessantacinquenni ogni cento bambini e ragazzi fino ai 14 anni. Addirittura alla metà del secolo la rarefazione dei bambini sarà tale che si avranno 150 anziani tra gli 80 e gli 89 anni (la quarta età) ogni cento bambini fino a nove anni. 

Rimane incerto il ruolo delle migrazioni, sia in entrata che in uscita. Cumulato sull’intero periodo di previsione, lo scenario mediano dell’Istat prefigura un insediamento a carattere permanente di 13,3 milioni di immigrati, anche se sono possibili due fotografie del futuro tra loro molto diverse, persino alternative. Da un lato quella di un Paese molto attrattivo, dall’altro quella di un Paese che potrebbe radicalmente mutare la sua natura di accoglienza per tornare a essere, come fu nel passato, un luogo da cui emigrare. Peraltro, nel quadro di tutte le simulazioni condotte dall’Istat, scaturisce che la probabilità che il Paese possa conseguire un saldo netto con l’estero di segno negativo è tutt’altro che scarsa, per quanto bassa. 

Infine le famiglie, che si moltiplicheranno però dimagrendo e pluralizzandosi in una ampia varietà di forme. Tanti stili di architetture affettive, ma dimensioni sempre più ridotte, tanto è vero che una famiglia su tre sarà composta da una sola persona mentre prima della metà del secolo le coppie senza figli potrebbero sorpassare quelle con figli. Dietro questo processo di miniaturizzazione della famiglia ci sono i fenomeni dell’invecchiamento, dell’instabilità coniugale, della persistente bassa natalità.

Ovvio pensare che le conseguenze della pandemia si rovesciano anche sulla demografia: nel 2020 abbiamo avuto 15 mila nati in meno e nel 2021 la tendenza denatalistica si accentua. Se il Pnrr (o altri provvedimenti di sostegno) fallisse, entro il 2040 potremmo avere quasi tre milioni in meno di persone in età di lavoro, con una ricaduta negativa sul Pil dell’1/2 per cento. Però “Dobbiamo essere guidati dal pessimismo della ragione e dall’ottimismo della volontà”, per dirla con Kant. Per cui, certo, non è detto che vada così; anzi, non dovrebbe proprio andare così. Ma se le tendenze demografiche future dovessero continuare ad inanellare segni meno, sappiamo per certo che le cause andrebbero cercate solo nel nostro presente, senza giustificazioni o alibi di sorta.

Demografia. Di doman c’è certezza, e non è rosea ultima modifica: 2021-12-24T15:43:31+01:00 da VITTORIO FILIPPI
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