Un volo con un drone che dal mare e dalla laguna sale verso la pianura, le colline, i fiumi, le montagne, i laghi e le risorgive di quel vasto e vario territorio che si chiama Nordest: un insieme di Microcosmi e paesaggi. Geonarrazioni a Nordest (ediciclo editore) scritto da Carlo Rubini che in 265 pagine presenta una regione geografica ricchissima: in appena duecento chilometri il paesaggio cambia e stupisce, acque e vette altissime si uniscono e si completano.
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Fondatore della sezione Triveneto di Trekking Italia, Rubini, veneziano, camminatore curioso e critico, da ex insegnante di geografia cerca di narrare “il piccolo e il grande, la spazialità di un contesto sì geografico” ma anche economico, storico, scientifico, botanico e agricolo, partendo dal genius loci che caratterizza ogni paesaggio. Ed ecco che il territorio diventa “palcoscenico nel quale si muovono donne e uomini in compagnia di altri esseri viventi, animali e piante” oltre a quanto di bello o brutto è stato aggiunto o sottratto dagli abitanti. Un insieme “emotivo ed estetico”, questo paesaggio che nel Nordest – termine relativamente di recente origine, legato soprattutto al boom economico di piccole e medie imprese – è passato da rurale a una realtà industriale trainante per tutto il paese, nel bene e nel male.

Rubini afferma che questo territorio – Veneto, Triveneto, insomma Nordest – dai confini fisici ben definiti contiene “un numero di realtà paesaggistiche che non ha eguali non solo in Italia, ma anche in Europa”.
Punto di partenza è conoscere la geografia innanzitutto, come afferma l’autore, collocando la spazialità anche per capire la storia e con la storia anche il presente. Disciplina oggi abbastanza vilipesa, questa benedetta geo-grafia che in passato fu scienza fondamentale per capire il mondo, con la maggior parte delle persone che oggi non sanno da che parte esaminare una carta geografica.
I capitoli del libro costituiscono un viaggio ideale dal mare alla montagna, una chiave di lettura che scala gradini e ambiente in uno spazio ristretto dove sono contemplate tutte le tipologie ambientali, dalle dune marine alla tundra artica. Una regione che, proprio per la sua ricchezza, non ha una sua tipizzazione di paesaggio, come ad esempio la Toscana, che evoca immediatamente meravigliosi scorci collinari e filari di cipressi. Nel Triveneto è impossibile fissare un unico paesaggio, tale è la varietà e la ricchezza dei paesaggi stessi. Nel Triveneto camminando a piedi (e non sempre si può), si scopre un insieme che consente in progressione di vedere un mondo a 360 gradi spaziando con lo sguardo in maniera sicura, guardandosi attorno.

I nativi del Triveneto sono quindi particolarmente fortunati? In un certo senso sì, afferma Rubini, che ha passato l’infanzia sulle sabbie del Lido di Venezia per camminare fino ai laghi, alle colline, alle pianure, alle paludi e alle montagne, non senza una lettura critica di territorio e insieme sociale, prendendo in considerazione anche quanto di estetico lascia in ognuno di noi la vista di un paesaggio “bello bellissimo”, come la maggior parte delle fotografie che in quantità sono pubblicate sui “social”. In effetti, afferma Rubini, la parola “paesaggio” non implica necessariamente la bellezza, paesaggio è anche ad esempio Porto Marghera, paesaggio industriale non certo “bello”.
Un manuale, composto da “Microcosmi e paesaggi”, che Rubini ha voluto compilare per dare strumenti per rivedere consapevolmente nostre percezioni spesso erronee, legate a stereotipi che a loro volta sono legati all’idea di “viaggio” durante il quale “ciascuno di noi vede quel che vuole vedere”. Analizzando geografia e storia, botanica e acque in una visione olistica, il libro acquisisce un senso compiuto, e Rubini descrive i suoi percorsi di trekking, ad esempio, attraverso i vigneti da Conegliano a Valdobbiadene, in un paesaggio oggi dedicato alla monocoltura del “prosecco” che “ammazza la biodiversità“ in un territorio dove l’acqua prende vie di fuga rapidissime e impetuose non più frenate dalle originarie colture, mettendo anche a rischio la vita delle persone.

Una memoria della regione è ben sedimentata nei secoli, e lo vediamo attraverso i quadri di Giorgione, Tiziano, Cima da Conegliano…
Un capitolo, quello dedicato a San Pietro di Feletto [nell’immagine di copertina], che Rubini ama particolarmente, per aver frequentato e conosciuto questa zona collinare fin da bambino, e come molti veneziani veneziani le sabbie di “Litorali e dune degli Alberoni”, e le montagne delle Dolomiti. Territori abitati da quel genius loci, lo spirito del luogo che si sta visitando, e che va al di là della mera percezione. Fino a toccare “il nocciolo duro nascosto” che esprime la personalità del luogo.

Giudecca, luogo di resistenza, Po di Maistra con le antiche opere idrauliche della Serenissima, l’Idrovora di Termine (ce ne sono ben ottanta, di idrovore) che se non ci fosse vivremmo tutti in collina, la bassa pianura e la fascia delle risorgive (da Sesto al Reghena a Cordovado, il Prato della Valle, il Sile (silente e maestoso), Rivalta, la Noalese e Noale (dove è impossibile fare trekking causa traffico), la pianura alta dei Magredi del Friuli e Schio, San Pietro di Feletto, le Prealpi, i laghi, Canale d’Agordo e la Paganella, le Terre Alte e le Torri dei Sabbioni, un viaggio da interpretare in varie maniere sempre con alla base la cultura del territorio, che significa conoscenza.
Scendiamo dal nostro drone dopo questo volo dal mare ai monti, con planate ad accarezzare le colline e a sfiorare le acque delle risorgive, stupiti senza alcun dubbio della enorme ricchezza che abbiamo a portata di cammino, perdendoci tra natura e paesaggio urbano, arte e scienza, ma consapevoli della
rapacità moderata, rimescolata in un nuovo habitat che riesce a modo suo a ricreare paesaggio che narcotizza ogni sentimento […] lasciando qua e là qualche traccia del vecchio mondo…


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