Quando nella serata elettorale, ormai più di un anno fa, giunsero i primi risultati delle elezioni presidenziali di alcune contee, tra i democratici ci fu più di un qualche giustificato timore. I dati che arrivavano infatti dalla contea di Miami-Dade, tradizionalmente democratica, indicavano una vittoria dei repubblicani. Una debolezza non limitata agli elettori di origine cubana, tradizionalmente repubblicani. La debolezza di Biden – o meglio dei democratici – con gli elettori latini era molta più ampia. Nel sud della Florida, Biden infatti aveva perso terreno anche con gli elettori latini originari di Porto Rico, Venezuela e Colombia.
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Stessa sorte per le contee del sud del Texas. In queste aree caratterizzate dalla presenza di una forte popolazione di origine latina, il presidente repubblicano ha ottenuto importanti risultati. Più precisamente, i Democratici hanno avuto prestazioni estremamente deludenti nella Rio Grande Valley del Texas. Qui Trump ha per esempio vinto la contea di Zapata, al confine con il Messico. Una conte che è per l’84 per cento latina. E che nel 2016 Hillary Clinton aveva vinto con trenta punti di distacco.
I risultati deludenti dei dem con gli elettori latini non erano però limitati a Florida e Texas. In tutto il paese Trump aveva vinto una quota maggiore di elettori latini rispetto a quattro anni prima, con notevoli miglioramenti in città democratiche come Houston, Las Vegas, Philadelphia, Chicago, Los Angeles e New York.
Nelle settimane successive i democratici si sono interrogati su questa debolezza. Quest’elettorato è infatti quello in più rapida crescita negli ultimi vent’anni e sono oggi il secondo blocco di elettori più grande del paese per etnia. Pur non essendo un gruppo monolitico, i latini sono sempre stati considerati elettori affidabili per i democratici. Tuttavia un recente rapporto di Equis Research, un’organizzazione di ricerca sui latini vicina al Partito democratico, ha scoperto che mentre il comportamento di voto tra gli elettori bianchi, neri e asiatici è rimasto relativamente stabile dal 2016 al 2020 (nessuno dei due si è spostato più di tre punti verso i democratici o i repubblicani) il voto latino si è spostato di 8 punti. Dal 71 per cento degli elettori latini che hanno votato per i democratici nel 2016 si è passati al 63 per cento nel 2020.

Equis è un’organizzazione che si batte da tempo per far comprendere che è riduttivo considerare i latini come una comunità unica e che si debbano definire dei messaggi politici-elettorali mirati. Perché in realtà, dicono, la situazione è più complessa. Lo confermano anche altri centri di ricerca. Secondo il Pew Research, i Messicano-Americani costituiscono il 53,5 per cento dell’elettorato latino, il 13,8 per cento sono portoricani, i cubani sono il 6,6 per cento e i centroamericani e sudamericani insieme sono il 18,8 per cento. Tra questi gruppi, i latini di origine cubana hanno il più alto tasso di affluenza alle urne – circa il 40 per cento -, seguiti dai portoricani (25,4) e dagli elettori di origine messicana (24,3).
Quello che Equis ha messi in rilievo è anche la capacità di Donald Trump di guadagnare notevoli consensi nell’ultimo anno del suo mandato tra gli elettori di solito ai margini della politica, cioè gli elettori latini che partecipano meno alle elezioni. Secondo l’organizzazione, le barriere che nel 2016 avevano trattenuto alcuni latini dal votare per Trump è scomparsa durante la pandemia di Covid-19. In particolare il dibattito politico su confinamenti e riaperture, cioè tra le priorità all’economia o alla salute pubblica, ha dato l’opportunità a una parte di elettori latini di votare per Trump, mentre precedentemente erano esitanti a sostenerne la candidatura.
Second il report di Equis, l’economia e il Covid-19 sono diventati le principali priorità degli elettori latini nel 2020 – a spese dell’immigrazione. Se, nel 2016, alcuni elettori latini, che avrebbero potuto votare per Trump in base alla loro demografia e ideologia, sono stati trattenuti dal farlo per le sue dure posizioni sull’immigrazione, questa preoccupazione è venuta meno nel 2020.
Se le questioni economiche in tempo di pandemia hanno aperto la strada al voto pr Trump per alcuni latini, il resto lo ha fatto la retorica repubblicana sulla minaccia socialista rappresentata dai democratici e dalla “svolta a sinistra” del Partito democratico. Una retorica che avrebbe avuto successo sulle persone che ricevono informazioni via WhatsApp e media di destra, insieme a coloro che più credono nella mobilità sociale attraverso il duro lavoro.

Contrariamente, inoltre, a quello che è stata affermato da commentatori ed opinionisti subito dopo i risultati elettorali, le questioni razziali non hanno contato. O meglio non nel senso che molti sostenevano. Le proteste legate all’omicidio di George Floyd non hanno spinto in generale i latinos a una contrapposizione con gli Afro-Americani. Anche se hanno svolto un ruolo. In entrambe le direzioni. Hanno spinto cioè i latini più interessati dalle questioni di sicurezza pubblica verso i repubblicani e quelli più interessati alle questioni di equità razziale verso i democratici.
Il report di Equis è estremamente rilevante. A novembre di quest’anno si terranno le elezioni di metà mandato e i democratici potrebbero perdere la maggioranza sia alla Camera dei rappresentanti sia al Senato, dove è già non sufficiente. Una cambio di maggioranza che potrebbe mettere in discussione gran parte dell’agenda politica di Joe Biden e avere conseguenze sulle elezioni presidenziali del 2024. Secondo l’organizzazione vicina ai dem, il Partito democratico ha ancora dei vantaggi sui repubblicani con l’elettorato latino. Il primo infatti è percepito come più attento alle questioni del lavoro e delle opportunità, mente i repubblicani sono considerati migliori per le grandi aziende. Però i democratici affrontano molte debolezze.
Primo, quello di considerare i latinos come un blocco unico, senza differenziare la comunicazione politica. Per esempio, le preoccupazioni per il socialismo differiscono in base alla nazionalità d’origine: se i cubani nati all’estero sono più preoccupati dei cubani nati negli Stati Uniti, i latini nati negli Stati Uniti e di origine portoricana o da altri paesi latinoamericani sono più preoccupati di quelli nati all’estero.
In secondo luogo, proprio il fattore “paura per il socialismo” si manifesta con una certa preoccupazione anche tra i latini vicini ai democratici, e non solo in Florida. Tra gli elettori latini è infatti un fenomeno nazionale: circa 4 latini su 10 che hanno votato nel 2020 si dicono preoccupati. E più aumenta la preoccupazione per il socialismo tra questi elettori, più cresce la probabilità di votare per Trump.
Infine, molti latini ritengono che i loro voti siano dati per scontati dai democratici. Una critica non diversa da quella delle comunità Afro-americana nei confronti dei dem.

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