#Pci100anni. Quando le riunioni si facevano in barca

Cent’anni fa nasceva il Partito comunista italiano, anche a Venezia. Dei primi passi di quello che all’epoca si chiamava Pdci tratta il libro di Giovanni Sbordone, “Echi lontani della rivoluzione. Le origini del Partito comunista a Venezia (1921 e dintorni)”
GIUSEPPE SACCA'
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Cent’anni fa nasceva il Pci, anche a Venezia. Dei primi passi di quello che all’epoca si chiamava Pdci (Partito comunista d’Italia) tratta il libro di Giovanni Sbordone Echi lontani della rivoluzione. Le origini del Partito comunista a Venezia (1921 e dintorni), Cierre Edizioni. 

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Affrontare la storia di un partito che non c’è più, un partito nato a seguito di una scissione e quindi segnato subito da conflitti tra ex compagni – un modo di agire profetico per la sinistra italiana – potrebbe sembrare una lettura per addetti ai lavori o per soli appassionati del tema.

Ma in Echi lontani della rivoluzione c’è molto di più, un libro ad anelli dove ciò che potrebbe sembrare una divagazione rispetto alla storia di un pensiero che si fa azione, è invece un modo di procedere a cerchi concentrici, una tecnica di “allineamento” che permette al lettore di tornare al punto di partenza aggiungendo elementi utili alla comprensione complessiva e rendendo interessante la Storia anche ad un pubblico ampio.

Il libro dà infatti conto del contrasto tra socialisti e comunisti definendolo “teatrino tragicomico” perché intanto il fascismo prende spazio, nonostante in Provincia di Venezia nel 1924 il listone fascista prenda il trenta per cento a differenza di un sessanta per cento a livello nazionale (e l’autore ben ricorda che il Psi alle politiche sia del 1913 sia del 1919 in città aveva raggiunto la maggioranza assoluta dei voti). Ma Sbordone approfondisce tutto ciò mettendo in risalto luoghi e personaggi. Storie di spazi pubblici e di vite.

Una targa ancora indica l’ingresso a quella che, a Cannaregio, era la sezione del Partito comunista italiano.

Vite spesso date alla politica, o nelle quali la politica è un elemento regolatore di ciò che vi sta attorno, lavoro e famiglia; vite che mantengono sempre un agire all’insegna di un’idea che travalica personalismi e individualità, seppur il confronto spesso degeneri arrivando agli insulti personali; vite che pongono sempre al primo piano un’idea di società, di comunità che va oltre il tornaconto personale. Luoghi che raccontano di spazi pubblici che pulsano; città chiassose, pulsanti, abitate, nella quali l’impegno civico è molto forte; città nelle quali la partecipazione al dibattito politico – anche in forme violente come ben ricorda Sbordone – in quegli anni è altissima e probabilmente senza precedenti, quasi una continuazione della mobilitazione bellica. 

I delegati comunisti al Teatro San Marco di Livorno

Per chi conosce il lavoro di Sbordone quest’approccio è tutt’altro che una novità, si potrebbe arrivare a sostenere che è la sua peculiarità, basti pensare a Nella Repubblica di Santa Margherita. Storie di un campo veneziano nel primo Novecento (2003). Sbordone descrive i fatti della Storia dando una centralità tale al dibattito politico da renderlo storia urbana e storia di uomini (pochissime le donne, ma questo certo non per colpa dell’autore ma per ciò che era la società italiana solo un secolo fa. E su questo ambito ancora moltissimo resto da fare).

Grazie a questo mix di ingredienti la lettura scorre piacevole e assai interessante alternando registri differenti.

Un tomo che dovrebbe essere nelle intenzioni della Fondazione Rinascita 2007, che ha voluto questo libro in collaborazione con l’IVESER del quale Sbordone è direttore, il primo di una ricostruzione del Pci veneziano che arrivi per lo meno al 1989. E ci auguriamo che il piano dell’opera venga rispettato.

Casa del popolo del Malcanton (Foto da Fondazione Rinascita 2007)

I luoghi e i protagonisti evocati non sono solo veneziani seppur Venezia insulare abbia più spazio e non poteva essere altrimenti nella prima metà del Novecento quando la Città storica mantiene un indiscutibile primato tanto demografico quanto economico: la classe politica di fine Ottocento era riuscita in un rilancio che aveva del miracoloso e infatti prima della Grande Guerra Venezia è l’ottavo comune d’Italia per residenti e il secondo porto del Regno. A Venezia si edificavano industrie e università e si viveva ancora di attività commerciali e artigianali. In poco più di cent’anni tutto è cambiato. Così troviamo la Casa del popolo del Malcanton nei pressi di campo di Santa Margherita (e l’autore ci ricorda che oggi è anch’essa parte della sola economia della città storica essendo diventata un albergo), ma conosciamo luoghi anche di Sambruson, Cavazuccherina (oggi Jesolo), Mestre, San Michele al Tagliamento, Chioggia e, per tornare a Venezia, i primi circoli del Pci in Giudecca, a Cannaregio, a Castello: stanze piccole e anguste, al piano terra che, già nelle parole di chi ha contribuito ad aprirle, appaiono delle “topaie”. 

Anni in cui il Pci deve subito confrontarsi con il montante fascismo tanto che ben presto torneranno a essere centrali nell’agire politico alcuni spazi della socialità politica quali le osterie e le barche. Molto interessanti e suggestive le parti dedicate a quest’ultima forma “organizzativa” poiché la barca permetteva riservatezza, possibilità di scorgere eventuali ospiti indesiderati e anche ampie via di fuga. E così scopriamo che gli specchi della laguna più utilizzati per queste attività erano nei pressi dell’isola di San Michele e dietro la Giudecca.

I delegati comunisti al congresso del Psi, all’esterno del Teatro Goldoni di Livorno.

Città satura di storia che a volte si fa leggenda anche nel Novecento, come per la visita di Antonio Gramsci in occasione delle elezioni politiche del 1924 seppur è certo mai mise piede in città in quella campagna elettorale se non in qualche ricordo annebbiato dei militanti. Sono molte le figure che si avvicendano nelle pagine del libro, più o meno note: Iginio Morin, Ribelle Spina che frequenterà la scuola di partito a Mosca fino a maturare una disillusione totale verso il sistema staliniano, Gioacchino Giordano, Elia Musatti, Arrigo Bernau che sarà inghiottito da Auschwitz, Carlo Costa e Angelo Rossi che raggiungono la capitale del socialismo al pari di Ribelle Spina ma non vi faranno ritorno perché morti nei gulag per “attività controrivoluzionaria”.

Sbordone ci racconta quindi in maniera documentata e avvincente i primi passi del Pci a Venezia quasi a rinsaldare un legame naturale con quanto era avvenuto a Livorno dove tutto ebbe inizio in luoghi “venezianissimi” come i teatri Goldoni e San Marco, spazi dove mosse i primi passi un Partito che ha tanto dato alla storia italiana per l’affermazione della democrazia, delle libertà all’insegna dell’uguaglianza. Un partito legato indissolubilmente al secolo passato, ma che ha molto ancora da raccontarci come Echi lontani della rivoluzione ben testimonia.

Immagine di copertina: Giulio Turcato, Comizio, 1946

#Pci100anni. Quando le riunioni si facevano in barca ultima modifica: 2022-01-07T19:34:58+01:00 da GIUSEPPE SACCA'
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