Venezia nei campielli. Un percorso fra 217 luoghi minori della città e della Laguna, edito da Supernova, è il titolo del libro che sarà presentato in Auditorium “Cesare De Michelis” di M9, Mestre, sabato 15 gennaio alle ore 17.30. Saranno presenti gli autori: lo storico Giorgio Crovato, l’architetto Franco Mancuso e il fotografo Franco Vianello Moro.
Posti limitati. Ingresso su prenotazione: ufficiogruppi@m9museum.it | t. 334 7093012
Per partecipare sarà necessario esibire il Green Pass rafforzato, ottenuto esclusivamente tramite vaccino o guarigione (no tampone), e indossare la mascherina FFP2.
La nostra recensione del libro


Venezia nei campielli è il frutto di un’indagine su un aspetto poco studiato della città – quello degli spazi pubblici minori dei sestieri e delle isole – svolta da un gruppo di lavoro composto da un fotografo, uno storico, un urbanista e un editore, che ha analizzato e descritto i campielli presenti in Laguna: nel testo, con le caratteristiche di “guida storica”, sono descritti i 217 campielli sparsi tra i sei sestieri, Giudecca, Malamocco, Murano, Burano e Pellestrina.
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Perché “nei campielli”? Perché nei campielli si esprime, in maniera umile e significativa, la bellezza degli spazi originali. Perché nei campielli si respira l’arte e la società che vive sull’acqua. Perché nei campielli si respira l’atmosfera dell’umanità lagunare. Perché nei campielli si riscopre la città inedita che testimonia epocali passaggi storici e urbanistici, gli antichi mestieri, le antiche istituzioni, le famiglie che hanno resa grande la città e la sua storia millenaria – sia di patrizi sia di cittadini –, e personalità da ricordare, il grande rispetto delle fedi religiose, l’attenzione e ospitalità alle comunità foreste di variegata provenienza. E nei campielli si ritrova tutto questo.

Precisa l’autore delle fotografie, Franco Vianello Moro:
Questo è un lavoro con un’impostazione fondamentalmente di catalogazione, di schedatura di tutti i campielli di Venezia. Partendo dai cinquanta che Lorenzetti nella sua celebre “Guida di Venezia” cita all’interno dei dodici itinerari di visita della città, sono stati rilevati anche tutti gli altri, utilizzando lo Stradario Ufficiale del Comune di Venezia. È stato poi interfacciato con “Calli, Campielli e Canali – Guida di Venezia e delle sue isole”, Helvetia Editrice, una guida preziosa e dettagliata che permette di visualizzare in pianta tutti i particolari dello stradario abbinati ai numeri anagrafici […].
Non sempre la definizione ‘campiello’, che originalmente rappresentava il luogo del ritrovo e della vita sociale degli abitanti delle case viciniori, offre ancora oggi spazi adatti allo scopo. Perché lo sviluppo dell’edilizia urbana nel periodo otto-novecentesco, quello delle attività commerciali e in particolare la presenza turistica di questi ultimi decenni, che ha indotto una crescita dei pubblici esercizi davvero significativa con la relativa espansione dei loro plateatici, ha trasformato alcuni di questi luoghi, li ha ridotti, li ha ancor più racchiusi, in qualche caso li ha ‘violentati’. Poi c’è anche la toponomastica ufficiale che ne cambia la denominazione in ‘campo’ per almeno un paio di quelli importanti, creando qualche confusione e qualche sovrapposizione. In altri casi nel tempo si sono trasformati in ‘corte’ o in ‘calle’ con la definizione dello Stradario che contraddice la denominazione del toponimo evidenziato nel nizioleto (piccolo rettangolo bianco che riporta sugli intonaci e sui muri delle case il toponimo).



Il contributo dello storico Giorgio Crovato si concentra su “Il linguaggio della toponomastica”:
L’armonia e l’interconnessione tra acqua e terra ha prodotto luoghi che non trovano riscontro in alcun altro centro urbano, comprendendo anche realtà cittadine con analoga, importante, millenaria storia. Luoghi che rendono benefica e accogliente la vita quotidiana, forse compromessa, in tante altre città, dalla evoluzione del traffico su gomma e su ferro, che ha modificato e anche condizionato le relazioni tra cittadini.
L’urbanista Franco Mancuso precisa che
In una città nella quale da sempre ci si muove a piedi, lungo percorsi fitti e non di rado tortuosi, rasentando frequentemente spazi d’acqua e canali da scavalcare con ponti, e dove la densità del costruito è elevatissima, il reticolo degli spazi pubblici si estende su tutto l’abitato, ed è intrinsecamente legato ai caratteri dei tessuti urbanistici ed edilizi di volta in volta intersecati. È un reticolo che ha una trama fittissima, ed inimmaginabile se non la si percorre (o la si osservi attraverso una buona mappa della città): una trama fatta di percorsi per lo più angusti – le calli – che sfociano di tanto in tanto su spazi ampi e luminosi – i campi – per lo più dominati dall’edilizia ricca e sontuosa di chiese e palazzi; ma che assai più frequentemente incrociano spazi più piccoli – le corti e i campielli – dove l’edilizia è quella domestica della Venezia minore. […] La trama dei campi, dei campielli e delle corti va dunque anche interpretata come la vera rete idrica cittadina (prima che, ma siamo solo alla fine dell’ottocento, non fosse arrivato a Venezia l’acquedotto pubblico): tanti, tantissimi pozzi, e tante tantissime “vere” sistemate al centro di spazi aperti, modellati e pavimentati in modo da convogliare l’acqua piovana nelle cisterne sottostanti appositamente congegnate per consentirne la raccolta dopo il filtraggio. Ecco quante se ne erano contate in un apposito censimento condotto dall’Ufficio Tecnico Comunale nel 1858: 180 appartenenti a pozzi pubblici, e dunque presenti nei campi maggiori, ma ben 6046 negli spazi minori, corti e campielli (e se oggi sono assai meno di quelle di un tempo – 2500 ne ha stimate Alberto Rizzi nella sua ricerca edita a Venezia nel 1985, nella quale riporta anche i dati del censimento sopra indicato – è a causa della commercializzazione, e di vera razzia, di molte di loro avvenuta fra Ottocento e Novecento.
E Mestre? Possibile che la città gemella, accanto alla Laguna, con antiche radici paleovenete e romane, ancorché cresciuta a dismisura nel Novecento, non abbia conservato alcuna memoria di campielli nella sua toponomastica? Però…

Un “fotografo” d’eccezione del Settecento, come Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, ci propone in una sua notissima stampa il Canal Salso che si affaccia con grandi scalinate sul Campiello delle Barche, con ben evidenti il palazzo della Antica Posta e lo stazio delle gondole di Mestre. Questo il nome originale di quello spazio che diventerà per i mestrini Piazza Barche. Se con i fatti storici a ricordo dell’epopea risorgimentale, la modernità dei mezzi di comunicazione, l’estensione ad uso del traffico cittadino, l’abbattimento di antichi edifici, con numerosi interventi al nucleo urbano preesistente, hanno portato alla nuova denominazione ufficiale di Piazza XXVII Ottobre, nella accezione comune e consolidata dei residenti è per tutti Piazza Barche. Una promozione a Piazza dell’antico Campiello, senza offendere la memoria.

Immagine di copertina: Campiello de la Porpora, Sestier de Canaregio (foto: Franco Vianello Moro)

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