Dal Cile novità latinoamericane: sinistra giovane, meticcia, nuova

L‘elezione di Gabriel Boric Font alla presidenza del Cile consolida la possibile inversione di rotta politica in America latina rispetto alle ripresa delle destre nell’ultimo decennio. Ciò che è avvenuto, in un paese simbolo, per la sua storia dolorosa con il golpe del 1973 e per il sistema politico/sociale che assomiglia alle società europee, va analizzato in profondità, a iniziare dalla peculiare biografia del suo presidente.
ALDO GARZIA
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Il saggio che pubblichiamo apparirà sul prossimo numero di Alternative per il socialismo, trimestrale diretto da Fausto Bertinotti.
Ringraziamo Fausto Bertinotti e il condirettore Alfonso Gianni per averci concesso il diritto di riproduzione.

L’elezione di Gabriel Boric alla presidenza del Cile il 19 dicembre 2021, con il 55 per cento di consensi, consolida la possibile inversione di rotta politica in America latina rispetto alle ripresa delle destre nell’ultimo decennio. Ha battuto al ballottaggio José Antonio Kast (Frente social cristiano, estrema destra). Si torna perciò agli inizi degli anni 2000, quando la sinistra in varie forme plurali – moderate o radicali – si affermava in Venezuela, Brasile, Bolivia, Uruguay, Cile, Argentina e finanche Ecuador? I fatti indicano probabilmente di sì. Ma non si tratta di una semplice rivincita politica. Vanno individuate le ragioni di questo possibile cambiamento di ciclo politico. Ciò che è avvenuto in Cile – paese simbolo per la sua storia dolorosa con il golpe del 1973 e per il sistema politico/sociale che assomiglia alle società europee – va analizzato in profondità, a iniziare dalla peculiare biografia del suo presidente.

Gabriel Boric Font è nato a Punta Arenas l’11 febbraio 1986, i bisnonni erano emigrati dalla Croazia. La sua prima notorietà si deve al ruolo di dirigente del movimento degli studenti che ha preso le mosse nel 2011 (si è laureato in giurisprudenza). Militava nel raggruppamento denominato Izquierda autónoma che insieme al movimento studentesco chiedeva la gratuità degli studi in un paese dove ha prevalso finora il modello liberista dei Chicago boys che ne avevano fatto una sorta di laboratorio economico/sociale. Boric è stato eletto in precedenza presidente della Federazione degli studenti presso l’Università di Santiago succedendo a Camila Vallejo, nota esponente del Partito comunista ora chiamata a diventare la portavoce di Boric presidente della Repubblica, che è stato eletto deputato per la prima volta nel 2014, a soli 27 anni, nelle fila del partito di sinistra Convergencia social nato nel 2018 dalla confluenza di varie organizzazioni studentesche e libertarie, definitosi nello statuto “partito femminista, socialista, emancipazionista, ecologista che contribuisce alla costruzione di una vita dignitosa e di un nuovo rapporto con i beni comuni”. Quindi, nessun riferimento ideologico da parte di Boric al passato dei partiti comunisti o socialisti o alle esperienze di Cuba e Venezuela. Convergencia social è poi confluito nell’alleanza del Frente amplio, formatasi nel 2017, di cui Boric è diventato candidato alla presidenza della Repubblica dopo aver vinto le primarie contro Daniel Jadue, esponente del Partito comunista. Dal 2019 la compagna di vita del neo presidente è la trentenne Irina Karamanos, antropologa, padre di origine greca: ha dichiarato di non aver nessuna intenzione di farsi imbalsamare nel ruolo di first lady avendo una sua professionalità e dimensione politica.

Gabriel Boric Fon al Centro de las artes, la cultura y las personas di Santiago, con uno dei progettisti, Miguel Lawner, e con la sindachessa della capitale, Irací Hassler Jacob.

Le lotte del biennio 2019-2020

Una delle ragioni politiche principali del successo di Boric sta nel fatto che Frente amplio ha sostenuto le mobilitazioni del biennio 2019-2020 contro l’aumento delle tariffe (a iniziare da quelle della metropolitana di Santiago e dei servizi) all’insegna della richiesta di disegnare finalmente uno Stato sociale il cui primo passo sarà nel futuro molto prossimo la formulazione di una nuova Costituzione in modo da rendere evidente il superamento dell’eredità della dittatura di Augusto Pinochet. Il programma elettorale di Boric prevede infatti un sistema pensionistico pubblico, l’introduzione di tasse progressive per le aziende e i redditi, l’aumento del salario minimo, la riduzione della settimana lavorativa a 40 ore, oltre all’aumento della spesa sociale e alla decarbonizzazione dell’energia. Tra gli obiettivi ci sono la riforma delle forze di polizia, radicali misure ecologiche per contrastare il cambiamento climatico. Il tutto è stato riassunto nell’efficace, semplice e assai comunicativo slogan della campagna elettorale: “Per vivere meglio”. Niente paroloni, bensì obiettivi concreti.

La seconda ragione della vittoria di Boric sta nell’ampiezza rappresentativa e nel pragmatismo di Frente amplio di cui fanno parte forze di ispirazione socialista, socialdemocratica, ecologista, partecipativa ottenendo il sostegno del Partito comunista ma pure di democristiani e liberali di orientamento democratico. Da segnalare, in questo quadro di alleanze, la novità positiva della scelta dei comunisti che hanno messo da parte ogni forma di settarismo e hanno scelto di votare Boric anche dopo la sconfitta del proprio candidato nelle primarie.

Nella campagna elettorale di Boric ha svolto una funzione fondamentale la trentacinquenne Izkia Siches. Medico di chiara fama, è stata la presidente del Colegio Médico de Chile, l’associazione dei chirurghi. Figura notissima e molto rispettata nel panorama politico cileno, Siches ha avuto un ruolo centrale durante la lotta contro la pandemia e nel rush finale delle elezioni presidenziali, quello del ballottaggio nei confronti del candidato della destra. Ha infatti deciso di lasciare il proprio incarico pubblico per diventare responsabile della campagna di Boric, dando ad essa ulteriore prestigio e credibilità. 

Il ruolo di primo piano delle donne e delle femministe è un’altra delle novità politiche cilene. L’inclusione politica è stata la richiesta delle donne e delle femministe sotto forma di parità di genere all’interno dell’Assemblea costituente che dovrà riscrivere la Costituzione con lo slogan Nunca más sin nosotras (Mai più senza noialtre). L’Asamblea feminista plurinacional, nata con questo obiettivo, include singole femministe e più di trenta organizzazioni. Con il sistema delle quote, il Cile sarà di conseguenza .il primo paese ad avere una Costituzione scritta dallo stesso numero di donne e di uomini. Il ruolo delle donne e dei movimenti femministi cileni è stato fondamentale nel processo di trasformazione sociale che ha mutato i rapporti di forza nella società cilena. In particolare, l’attivismo del collettivo Las tesis ha contributo alla nascita del primo partito cileno di sole donne fondato nel 2020: il Partido alternativa feminista (Paf). Le donne cilene chiedono che la nuova Costituzione preveda parità di retribuzione, diritto a vivere una vita libera dalla violenza, educazione non sessista, “reddito di base universale”. 

Il neopresidente – per età anche slegato dalle contrapposizioni del passato cileno e dagli anni della dittatura di Pinochet pur riconoscendosi appieno nell’eredità politica di Salvador Allende (El pueblo unido jamas será vencido, canzone simbolo degli Inti illimani, è tornata a riecheggiare nelle piazze) – rappresenta dunque una nuova sinistra meticcia nei riferimenti culturali e ideali capace di criticare la coppia dinastica e autoritaria degli Ortega al potere del Nicaragua, l’eccessivo immobilismo politico pur significativamente resistente di Cuba, l’isolazionismo del Venezuela (basta ripercorrere su internet le sue dichiarazioni in campagna elettorale quando gli hanno chiesto cosa pensasse di quelle esperienze). 

Boric rappresenta perciò una sinistra meticcia e giovane per età media dei suoi protagonisti, quasi tutti tra i trenta e i quarant’anni: una nuova generazione. I loro riferimenti ideali sono una miscela culturale e politica: ecologismo, socialismo, femminismo, azionismo per i diritti sociali e individuali, partecipazione dal basso, neocomunismo. La novità è che questa miscela non è restata astratto riferimento, bensì pratica di movimento e politica. Non basta infatti spruzzare nuovi riferimenti su vecchie pratiche, se non si cambia davvero il modo di fare politica e di costruire gruppi dirigenti rappresentativi. La centralità del conflitto sociale, motore del cambiamento in Cile, è stata definita dai suoi stessi protagonisti “energia destituente” e “estallido social” (esplosione sociale). Assemblee di quartiere e “comizi autoconvocati” hanno accompagnato passo dopo passo le scelte del movimento di massa contro l’aumento dei prezzi delle tariffe e per la costruzione del welfare, il che ha favorito l’elezione di molti indipendenti nell’Assemblea costituente. Il cambiamento è partito dal basso e, alla fine, ha raggiunto il palazzo della Moneda dove ha sede la presidenza della Repubblica.

Non mancano tuttavia problemi. La prima polemica politica innestata da Boric riguarda la preoccupazione della comunità israelitica cilena per il ruolo che può svolgere il suo collaboratore Daniel Jaude, comunista di origine palestinese. Sul possibile ruolo di Jaude, Boric ha replicato che risponderà soltanto quando la comunità ebraica – che intanto si è congratulata per la sua elezione – si opporrà alla politica di Israele nel conflitto israelo-palestinese. La comunità palestinese cilena conta all’incirca 350 mila persone ed è la più ampia al di fuori del Medio Oriente (è stata una dei bacini dell’elettorato progressista). Boric è da sempre schierato dalla parte dei palestinesi e per la soluzione politica del confitto.

Per ora, sono ottimi i rapporti con gli Stati uniti. Il 30 dicembre il presidente Joe Biden ha avuto un primo colloquio telefonico con Gabriel Boric con il quale si è congratulato per la vittoria elettorale definendo il voto in Cine “un forte esempio di democrazia per il resto del mondo”. Secondo una nota della Casa Bianca, i due leader hanno discusso “il loro comune impegno per la giustizia sociale, la democrazia, i diritti umani e la crescita inclusiva”. Biden, in particolare, avrebbe evidenziato “l’importanza della cooperazione Stati uniti-Cile per promuovere una ripresa verde ed equa dalla pandemia di Covid-19 e per far fronte alle minacce esistenziali poste dal mutamento climatico”. 

Gabriel Boric Font

L’iter verso la nuova Costituzione

Il primo impegno del nuovo Cile, come abbiamo già accennato, è la riscrittura della Costituzione. Si tratta di disegnare l’ordine costituzionale entro il quale si muoverà il paese nei prossimi anni tra diritti, doveri, obblighi e garanzie che devono consolidare la transizione democratica avviatasi nel 1990 dopo il referendum che nel 1988 chiudeva la stagione dei golpisti al potere. Ma bisogna fare un passo indietro. 

Nel 1980, sette anni dopo il colpo di Stato, Pinochet aveva promulgato una nuova Costituzione che favoriva il privato a danno del pubblico, la classe imprenditoriale a scapito di quella dei lavoratori dipendenti concentrando nelle mani dell’esecutivo ogni forma di interventismo politico. Sul piano economico si avvalse della collaborazione dei Chicago boys, una scuola economica liberista: sanità, istruzione, trasporti, previdenza furono privatizzati. L’elezione a presidente del Cile di Michelle Bachelet per due mandati (2006-2010, 2014-2018) sembrava aver chiuso la stagione post golpe, poi però le vittorie di Sebastian Piñera eletto a sua volta presidente in due occasioni (2010-2014, 2018-2022), esponente di una destra tornata aggressiva, ha rimescolato le carte. 

L’attuale Assemblea costituente, eletta nel maggio 2021, è formata da 155 rappresentanti. La sua composizione eterogenea ne è un tratto fondamentale. I seggi assegnati sono andati a 77 donne e a 78 uomini per rispettare la parità di genere (con una media di età di 45 anni). La sfida sarà produrre una carta condivisa che metta d’accordo le forze politiche o trovi punti avanzati di mediazione: le costituzioni stabiliscono infatti le regole del gioco e vanno scritte con il più largo consenso possibile. I lavori della Costituente dureranno un anno, più eventualmente tre mesi supplementari, e i singoli articoli della Costituzione dovranno essere approvati con una maggioranza di due terzi. Il testo finale sarà sottoposto a un referendum per l’approvazione popolare. 

Nel dettaglio, i 155 seggi con una larga maggioranza progressista che formano l’Assemblea costituente sono così composti per raggruppamenti politici: 17 Colectivo socialista, 17 Pueblos originarios, 16 Apruebo dignidad-Frente amplio, 16 Indipendientes Rn, 15 Pueblo constituyente, 13 Indipendientes por una Nueva Constitución, 12 Movimientos sociales, 10 Apruebo dignidad-Chile digno, 9 Indipendientes, 8 Unidos por Chile, 7 Colectivo del apruebo, 7 Un Chile unido, 6 Chile libre, 1 Lista del pueblo, 1 Lista del apruebo. La suddivisione dell’Assemblea è stata una prima sconfitta per la destra, preludio della vittoria di Boric, visto che l’obiettivo conservatore era fissato a 52 seggi, ovvero un terzo del totale per condizionarne il funzionamento. 

Altra novità essenziale del panorama politico cileno: Elisa Loncón, appartenente alla comunità mapuche, è stata eletta presidente dell’Assemblea costituente. Laureata in lettere, linguista e insegnante universitaria, 58 anni, Loncón ha fatto il suo primo discorso da presidente nella lingua mapuche sottolineando che il raggiungimento della sua posizione istituzionale “corrisponde a un sogno che avevano i nostri antenati”. La vigente Costituzione cilena è l’unica in America latina a non riconoscere i popoli originari e le minoranze etniche. I mapuche sono il popolo originario del Cile centrale e meridionale (sono presenti anche in Argentina). Con l’elezione di Loncón e Boric si è formato un tandem democratico che può fare grandi cose ridisegnando un Cile multietnico e multiculturale.

Gabriel Boric Font

Primi impegni e ostacoli

Le elezioni generali svoltesi in Cile per l’elezione del presidente della Repubblica e dei membri del Parlamento, oltre a proporre un ballottaggio presidenziale dall’esito incerto lo scorso 19 dicembre fra José Antonio Kast (Frente social cristiano, estrema destra) e Gabriel Boric hanno anche ridefinito equilibri politici difficili per il Senato e la Camera che si insedieranno – come il presidente della Repubblica – nel marzo 2022. Il Servizio elettorale cileno ha reso noto che nelle nove province dove si sono rinnovati i membri del Senato, Chile Podemos Màs ha ottenuto 12 seggi e 1 il Partido social cristiano che si aggiunge ai 10 seggi esistenti del centro-destra: per un totale di 23. Per il centro-sinistra, Apruebo Dignidad ha ottenuto 4 senatori. 8 ne ha avuti il Nuevo pacto social portando a 22 i membri di questo blocco. Completano l’Aula del Senato 5 indipendenti, di cui 2 legati alla destra.

Alla Camera, le forze conservatrici hanno ottenuto 68 seggi (53 di Chile Podemos Màs, 15 del Frente social cristiano). Alle forze progressiste sono invece andati 73 seggi (37 ad Apruebo Dignidad, 36 a Nuevo Pacto social). Il Partido de la gente del conservatore-antipolitico Franco Parisi ha conquistato 7 seggi, mentre altri 7 sono stati conquistati da deputati indipendenti. La previsione della maggioranza degli osservatori della politica cilena è di un Parlamento che può paralizzarsi a meno che la spinta riformatrice diventi corposa e la destra si acconci a una opposizione leale che non escluda accordi tra governo e opposizione sul terreno della nuova Costituzione. Boric è perciò chiamato a muoversi con molta saggezza e intelligenza politica per aumentare le sue dosi di consenso. Sul piano elettorale, infine, spicca il successo di Irací Hassler Jacob, del Partito comunista, di appena 31 anni, diventata sindaco di Santiago con quasi il 40% dei voti. 

Sono intanto allo studio la riforma fiscale per contenere la crisi economica e quella in particolare delle famiglie della classe operaia attraverso il condono del debito scolastico e il “reddito di emergenza”, la riduzione dell’orario di lavoro, il nuovo sistema pensionistico, il Fondo sanitario universale insieme al sistema di assistenza nazionale, alla riforma della contrattazione collettiva e alla garanzia del diritto di sciopero. Si studiano pure le basi di una transizione ecologica in cui si preveda la nazionalizzazione delle materie prime. Altro ostacolo da superare: la liberazione dei prigionieri politici mapuche e della rivolta sociale del 2019, il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito. Queste richieste hanno visto nel passato iniziative parlamentari che sono state sempre bloccate dalla destra. Il futuro governo avrà inoltre la responsabilità di annullare le violazioni sistematiche dei diritti umani e di stabilire un quadro legislativo per la libertà sessuale come chiedono il movimento femminista e le comunità omosessuali LGBT.

Gabriel Boric Font

Il fermento in altri paesi

L’esito delle elezioni in Cile, le recenti lotte popolari in Colombia, il ritorno della sinistra al governo della Bolivia nel 2020, hanno un sapore che travalica i confini nazionali delle singole situazioni. La controtendenza politica rispetto ad anni passati aveva avuto una ulteriore luce rossa lo scorso 11 aprile, quando le elezioni in Perù erano state vinte dal leader sindacale Pedro Castillo proveniente dal mondo rurale andino. In Centroamerica, la buona notizia era giunta lo scorso 28 novembre con l’affermazione della progressista Xiomara Castro, prima donna a essere eletta presidente in Honduras. La vittoria di Boric in Cile riaccende pure le speranze di un ritorno alla presidenza di Lula in Brasile, o comunque di un esponente progressista, il che potrebbe confermare la tendenza all’apertura di un nuovo ciclo politico (si andrà alle urne nell’ottobre 2022).

Per identità meticcia della nuova sinistra (non solo latinoamericana) – va precisato – si intende un mix di pluralità di riferimenti: ecologismo, femminismo, socialismo e tracce di neocomunismo. Questi soggetti convivono in nuovi soggetti-partito o in coalizione, e ora – in Cile, Honduras, Perù, Bolivia, Messico – sono al governo. È questa la lezione cilena che può espandersi. Boric dovrà però consolidare i propri consensi in un paese diviso a metà come una mela e dove si può rischiare la paralisi legislativa perché i margini di maggioranza parlamentare potrebbero essere assai risicati.

Nell’immediato, occorre poi non rifare gli errori della sinistra latinoamericana al governo nella prima decade degli anni Duemila. Destra e potentati economici fanno il loro mestiere, sarebbe tuttavia un errore pensare che non ci siano state debolezze e contraddizioni nel seno stesso delle esperienze progressiste della storia recente. Se il Venezuela è allo stremo di una crisi economica lacerante e in Brasile si è formata in Parlamento una maggioranza anti-Roussef che ha permesso l’incarcerazione per lungo tempo di Lula oltre all’avvento alla presidenza di un fascista come Jair Bolsonaro, le responsabilità non sono solo “esterne”. Il chavismo bolivariano – altro esempio – dopo la morte di Hugo Chávez ha perso smalto e progetto sempre più accerchiato dai suoi nemici. In Brasile, la corruzione si era insinuata nelle file del Partito dei lavoratori e in alcuni settori dello stesso governo di Lula che dopo alcuni successi economici arrancava di fronte alle richieste sociali di una inedita classe media. In Bolivia, l’ostinazione di Morales di ricandidarsi per la quarta volta come presidente ha favorito la destra, poi nuovamente scalzata elettoralmente dalla sinistra del Movimento verso il socialismo. Sul terreno sociale ed economico si è pure logorato nelle esperienze di governo della sinistra il modello di sviluppo economico interamente incentrato sugli idrocarburi (lo segnalavano da tempo i cooperanti e i critici da sinistra di questa esperienza). In Brasile, Venezuela, Bolivia – per fare degli esempi – non si sono create alternative al cosiddetto “capitalismo estrattivo”. Serve perciò una sinistra plurale che sperimenti nuove politiche economiche. Cuba, per ragioni storiche e per il bloqueo economico statunitense, fa caso a sé.

Ci sono altri leader politici di una nuova generazione, come Boric, che premono sulla scena latinoamericana. Per esempio, Andrónico Rodríguez in Bolivia ((presidente del Senato, laureato in Scienze politiche, 32 anni), o Guilherme Boulos in Brasile. Quest’ultimo, 39 anni, sindaco di San Paolo, leader di movimenti sociali ed esponente del partito Socialismo y libertade, prima della “riabilitazione” giudiziaria di Lula (76 anni) era considerato il candidato ideale della sinistra da opporre a Bolsonaro nelle elezioni presidenziali del 2022. In Argentina, possibili eredi politici di Cristina Fernández de Kirchner sono Axel Kicillof (50 anni, governatore della provincia di Buenos Aires) e suo figlio Máximo Kirchner (44 anni, deputato). L’elenco potrebbe continuare paese per paese. In queso 2022 si voterà nel frattempo in Brasile, Colombia, Costa Rica.

Ciò che accomuna questo attuale fermento politico in America latina – va ripetuto – è l’emergere di una nuova generazione con meticci riferimenti culturali e identitari. La sua maturità e proiezione di governo sarà messa alla prova nel prossimo futuro.

Quasi mezzo secolo fa, le vicende cilene, con il tragico epilogo del “golpe” guidato da Pinochet, motivarono il PCI a proporre la strategia del “compromesso storico”. Il mondo, allora, era molto diverso dall’attuale…
Ma, quali “lezioni” possono trarre, oggi, le forze progressiste, non solo latinoamericane, dalla recente vittoria elettorale che ha portato alla presidenza Gabriel Boric?
Ne hanno parlato a LATINOAMERICANA,

Claudia Fanti, Aldo Garzia, Claudio Madricardo, Marco Cantarelli (moderatore)

Dal Cile novità latinoamericane: sinistra giovane, meticcia, nuova ultima modifica: 2022-01-20T13:18:34+01:00 da ALDO GARZIA
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