Due personalità diverse, egualmente fondamentali per l’interpretazione di un’arte antica e tradizionale come quella del vetro di Murano: Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri, finlandese il primo, italiano il secondo, due nomi che restano incastonati nello scrigno delle gemme della produzione vetraria famosa nel mondo. Oggetto di un convegno internazionale organizzato dal Centro ”Le stanze del vetro” all’isola di San Giorgio, dal titolo “Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri. Esperti internazionali raccontano i due designer che hanno influenzato il mondo vetraio muranese”.
Protagonisti di due mostre che illustrano i lavori dei due artisti per Venini, presso Le Stanze del vetro a cura di Marino Barovier, (fino al 13 marzo prossimo), le forme e le tecniche del primo assieme alla fantasmagoriche creazioni animalier del secondo aprono una pagina assai originale sia per le innovazioni sia per gli studi sul vetro, duttile e poliforme materia che a Murano da secoli ha trovato espressioni artistiche incomparabili.
Come un finlandese, Tapio Wirkkala (1915-1985), e un friulano-veneziano, Toni Zuccheri (1936-2008), si sono radicati profondamente nel tessuto così tradizionale dell’arte del vetro in una Venezia degli anni Sessanta e per i decenni successivi sperimentando, inventando, innovando ma anche imparando e comparando stili diversi?

Come ha ricordato Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini, il tempo della continuità tematica è il filo conduttore di questa mostra che, grazie a una cospicua documentazione d’archivio, dimostra come si completino arte, disegno, architettura. L’approfondimento dell’oggi del vetro trova nell’artista finlandese e nel più giovane collega italiano due interpreti innovativi. La “muranizzazione” di Wirkkala, grazie alla società Venini degli anni Sessanta, e le esposizioni alla Biennale, assieme al giovane architetto Zuccheri, chiamato nel 1963 da Tobia Scarpa alla Venini per la creazione di un “bestiario” pieno di colore.
Secondo Carla Sonego, storica del vetro di Murano del Novecento, Wirkkala interprete dell’algido e candido mondo nordico s’inserisce nei colori della Laguna e sviluppa tecniche e innovazioni della materia vitrea, mentre Zuccheri sviluppa una ricerca non solo del vetro, dopo la collaborazione con de Santillana; entrambi manifestano una passione per tale forma artistica rinnovando anche il rapporto materiale sviluppando la parte commerciale, fattore che nel mondo nordico era normale a discapito dell’artigianalità. Interessante come Wirkkala, che aveva studiato all’istituto di arti industriali in patria e portava a Venezia la sua mentalità pragmatica, a contatto con le maestranze muranesi “umanizza” la sua arte soprattutto con l‘interazione diretta con i maestri vetrai, particolarmente con Mario Tosi detto Grasso, collaborando con questi veri maestri con sensibilità, avvicinandosi al colore gradualmente, mescolando il glaciale Nord alle calde sfumature lagunari.
In mostra i “Lieti calici”, esempio di design nordico con manualità e colore veneziano, o le filigrane con unico soffiato che già Archimede Seguso aveva esposto ad una Biennale del 1962, fino alle creazioni degli anni Settanta, forme leggere e lievi che uniscono rigore e gusto d’avanguardia a estri e fantasia muranese.

È Rosa Barovier Mentasti, studiosa e autrice di numerosi libri sul vetro, che delinea la figura di Wirkkala, finlandese folgorato da Venezia, illustra le innovazioni tecniche come l’incalmo, innesto di due tipi di colore nelle famose “Bolle”, tecnica antica ma riscoperta, rinnovata, rivalutata: ecco, forse ci voleva uno straniero per tutti questi “ri” che hanno ri-dato impulso anche ad un’altra arte antica, anch’essa a volte banalizzata, come la murrina. E qua ricordiamo Laura Santillana prematuramente scomparsa, artista Venini doc che con i suoi piatti di murrina continua il lavoro di Wirkkala su scala internazionale.

Se Vittorio Linfante, architetto e docente presso la Scuola di Design del Politecnico di Milano, si riallaccia ai dieci principi di Dieter Rams sul buon design (innovazione, utilità, estetica, comprensibilità, onestà, durevolezza…) e sottolinea l’attualità dei lavori dell’artista svedese anche per l’utilizzo di materiali diversi come legno, metallo, ceramica, l’intervento di Orsola Zuccheri, figlia di Toni e nipote del pittore Luigi, evidenzia l’amore del padre per l’arte e per il vetro: vetro che per Toni “è materia alchemica, magia e mistero”, originale e indipendente, mai uguale a se stessa e sperimentale, segreta e silenziosa. Le creazioni degli animali colorati di Zuccheri, che lavorava su commissione anche per clienti privati, nascevano da uno studio profondo della natura, del movimento dei volatili, disegni e costruzioni in cera ai quali seguivano le sedute in fornace che davano vita alle sculture che ammiriamo alle Stanze del vetro.
Assieme a questi studi, Rosa Chiesa docente di design allo IUAV, ricorda le collaborazioni di Zuccheri con società ed industrie, anni Settanta, come con la Giò Caroli di Valenza, oggi non più in attività, con studi originali di gioielli fuori dagli schemi ordinari, e perciò straordinari. Novanta esemplari di gioielli con temi legati alla natura, sempre seguendo la linea della sperimentazione seguita per un breve periodo anche per la società di cristalleria Imperatore di Napoli, o la collaborazione con la muranese Barovier e Toso che dette vita alla serie dedicata al Bosco, con la natura ancora protagonista.

I due designer così diversi ma uniti dalla passione per il vetro e la sperimentazione sono stati “spiegati” nella loro filosofia assolutamente da visitare presso le Stanze del vetro, testimoni di un’arte oggi in bilico tra chiusure delle fornaci e crisi del turismo di qualità. Occasione per prendere coscienza di veri e propri tesori di arte contemporanea che risalgono al secolo scorso e che con le attuali emergenze prevedono un difficile futuro.

Immagine di copertina: (Sx) Tapio Wirkkala, vasi con profilo concavo (1966); (Dx) Toni Zuccheri, Fenice, vetro policromo e bronzo (1987); foto Enrico Fiorese]

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