Il ladino. Patrimonio culturale e simbolo della diversità linguistica

Il Tirolo meridionale o Alto Adige è caratterizzato da una varietà culturale e da un plurilinguismo che vede la compresenza di tre lingue ufficiali, l’italiano, il tedesco e il ladino. Gettare uno sguardo su quest'ultima lingua e sulla sua produzione culturale e letteraria permette di meglio comprendere la convivenza (non sempre felice) dell’italiano e del tedesco in questo territorio.
ISABELLA FERRON
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Le giornate istituite in memoria o a favore di qualcuno o qualcosa, come la giornata internazionale della lingua madre festeggiata ogni anno il 21 febbraio, hanno il merito di svegliarci dal torpore quotidiano e porre attenzione, di volta in volta, su aspetti della nostra vita che magari consideriamo ovvi. In occasione della giornata dedicata alla lingua madre, il cui obiettivo è quello di promuovere le madrelingue, la diversità linguistica e culturale, il multilinguismo ecc., è interessante gettare uno sguardo su una realtà linguistica e culturale a noi vicina, come la lingua ladina, parlata nelle sue diverse varianti nel territorio dell’Alto Adige. Il lavoro di valorizzazione del ladino sul territorio nasce dalla sempre maggiore consapevolezza del ruolo vitale che le lingue hanno nel dialogo interculturale, nella cooperazione e nella costruzione di società inclusive, come anche della conservazione del patrimonio cultuale.

Com’è noto, il Tirolo meridionale o Alto Adige, che si trova in territorio italiano, è caratterizzato da una varietà culturale e da un plurilinguismo che vede la compresenza di tre lingue ufficiali, l’italiano, il tedesco e il ladino. Molti sono gli studi non solo specialistici che si occupano di questo plurilinguismo, di fondamentale importanza sia dal punto di vista culturale che linguistico, poiché permette un ampliamento dei mezzi espressivi non solo della letteratura, ma anche del linguaggio quotidiano. Gettare uno sguardo su questa lingua e sulla sua produzione culturale e letteraria permette di meglio comprendere la convivenza (non sempre felice) dell’italiano e del tedesco in questo territorio. Grazie alla legge 482 del 15 dicembre 1999 che, accanto all’italiano come lingua ufficiale del Paese, tutela le lingue e la cultura delle minoranze (v. art. 6 della Costituzione), il ladino è riconosciuto come “lingua minoritaria di importanza europea”. Una tale dichiarazione rappresenta un passo importante per l’identità ladina di questo territorio, perché il ladino, sia scritto che parlato, appartiene a quel patrimonio di ideali e cultura da tramandare alle future generazioni. Lo studio di tutte e tre le lingue nella scuola dell’obbligo a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso permette infatti agli abitanti non solo di padroneggiare due lingue come il tedesco e l’italiano, fondamentali nella comunicazione europea e internazionale, ma anche di mantenere viva la conoscenza della lingua ladina che, nella varietà dei suoi dialetti, testimonia il passato di questo territorio. 

La sua origine va fatta risalire al primo secolo d. C., quando i soldati romani alla guida di Druso arrivarono in questi territori, allora abitati dalle popolazioni dei Nori (provenienti dal territorio dell’attuale Austria) e dai Reti, probabilmente in parte discendenti dagli Etruschi. Il termine ladino deriva da ‘latino’ e trova la sua origine nel latino volgare parlato dai soldati romani che si mescolò alle lingue retiche e noriche presenti. Il processo di latinizzazione comprendeva una regione ben più vasta del territorio in cui oggi è parlata la lingua ladina: la lingua che ne deriva è chiamata anche retoromanza ed è arrivata fino a oggi grazie anche alla posizione isolata delle vallate in parte risparmiate o solo tangenzialmente toccate dai grandi eventi della Storia. Pur ricevendo pressioni sia da parte dell’italiano che del tedesco, il ladino resiste ancor oggi ed è motivo di grande orgoglio per le popolazioni indigene perché ne trasmette il sapere più antico e le traduzioni. 

Nel corso dei secoli, le popolazioni ladine delle Dolomiti hanno coltivato una tradizione prettamente orale. Le prime testimonianze di un uso scritto e pubblico del ladino si hanno a partire dal XVII secolo, mentre si dovrà aspettare il XIX secolo per la pubblicazione delle prime opere letterarie. Fabio Chiocchetti, che per anni ha lavorato all’Istituto Culturale Ladino di Vigo di Fassa, sostiene che la nascita della letteratura ladina nelle Dolomiti è un «fenomeno piuttosto tardivo rispetto alle altre lingue minoritarie, e alle altre lingue romanze in genere» (cfr. Fabio Chiocchetti, † Hugo de Rossi (1875-1936) Ko ke la é stada ke son ruà sul bal dei Dolomitenladiner. Introduzione, «Mondo Ladino» VI,1-2(1982), pp. 121-191) e che tale ritardo è forse dovuto alla mancanza di un centro propulsore culturale e linguistico. Le opere letterarie che nel corso dei secoli sono giunte fino a noi sono prevalentemente raccolte di fiabe, proverbi, indicazioni grammaticali, traduzioni tratte dalle Bibbia. 

La tradizione del tramandare a voce di generazione in generazione le leggende e le tradizioni delle Dolomiti è una delle sue caratteristiche principali. Gli studiosi sostengono che la letteratura delle Dolomiti ha le sue radici proprio nelle leggende, «la lijëndes», redatte in tedesco che di sicuro hanno un uso del linguaggio ladino molto più libero e fantasioso dei proclami, dei documenti religiosi ecc.

La prima codificazione e catalogazione di queste leggende, che si può considerare piuttosto libera e che ha trovato la sua legittimazione scientifica grazie anche al lavoro di edizione e interpretazione di Ulrike Kindl, germanista e studiosa di tradizioni popolari, è quella di Karl Felix Wolff (1879-1966) che – nella tradizione romantica sulla scia dei fratelli Grimm – ha raccolto le leggende ladine in lingua tedesca, salvandole così dall’oblio. Come sostiene sempre Kindl, non verremo mai a conoscenza del contenuto originale di queste leggende, ma esse si rivelano importanti per comprendere la visione del mondo delle popolazioni oriunde. 

L’evoluzione della lingua ladina e il suo valore sociale seguono infatti di pari passo quelle che sono le trasformazioni del territorio: quest’ultimo fu diviso durante il periodo napoleonico tra il Regno di Baviera e quello d’Italia, per tornare poi all’Austria con la Restaurazione e nuovamente all’Italia dal 1919. 

Tra gli scrittori dell’Ottocento sono da ricordare, ad esempio, Hugo de Rossi e Giovanni Brunel per la Val di Fassa, per la Val Gardena Wilhelm Moroder-Lusenberg, per la Val Badia Micurà de Rü e Jambatista Alton.

La scoperta e la valorizzazione dell’identità linguistica e culturale avviene, anche ufficialmente, agli inizi del XX secolo con la costituzione a Innsbruck, nel 1905, dell’Union Ladina e poi nel 1908 della nascita del periodico «Der Ladiner». 

Negli ultimi trent’anni vi è una cospicua produzione in ladino, a testimonianza di una ricchezza culturale: si pensi ad autori come Ivan Senoner e Rut Bernardi della Val Gardena, Iaco Rigo della Val Badia. Senoner è autore di numerosi romanzi (L Testamënt dl Lëuf e L fova n iede te Gherdëina) e vincitore di vari premi letterari; Rico è conosciuto come autore teatrale e di musica scritta, mentre Bernardi come autrice sia di testi in ladino che in tedesco.

Il ladino. Patrimonio culturale e simbolo della diversità linguistica ultima modifica: 2022-02-25T16:41:19+01:00 da ISABELLA FERRON
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